Vladimir Putin con l'ambasciatore nigerino a Mosca (foto LaPresse)

dal sahel all'ucraina

L'uranio del Niger viaggia verso Mosca (se i jihadisti lo fanno passare)

Luca Gambardella

Decine di camion trasportano mille tonnellate di yellewcake attraversando territori controllati da Isis e al Qaida per imbarcarsi in direzione della Russia. Enormi i rischi per la sicurezza

Un convoglio di 20 camion carichi di mille tonnellate di uranio e del valore di quasi 150 milioni di euro è partito pochi giorni fa dalla miniera di Somair ad Arlit, nel nord del Niger, ed è diretto verso Lomé, in Togo, affacciata sul Golfo di Guinea, per essere imbarcata in direzione della Russia a bordo di una nave cargo russa, la Matros Shevchenko. In una regione lacerata da colpi di stato a ripetizione, un carico tanto prezioso quanto pericoloso si ritrova ad attraversare territori sotto il controllo dello Stato islamico e di al Qaida, con un viaggio che rappresenta uno degli eventi più critici nella storia recente del Sahel. 

I mezzi scortati dai mercenari russi degli Africa Corps trasportano il cosiddetto yellowcake, uno stadio intermedio della preparazione dell’uranio nel settore nucleare. La miniera di Arlit, nel nord del Niger, era gestita fino al dicembre del 2024 dalla Orano, una compagnia controllata per il 90 per cento dallo stato francese. Insieme agli altri due siti estrattivi nigerini, quelli di  Cominak e Imouraren, Somair è stato nazionalizzato la scorsa estate dopo che la giunta militare ha preso in controllo del paese con il golpe di due anni fa, stracciando l’accordo in essere con Orano. La compagnia francese sta cercando da tempo di tornare in possesso delle miniere, forte dei contratti firmati e del 60 per cento delle quote che ancora detiene nelle sussidiarie attive in Niger. L’allontanamento di Orano rientra nella politica anti imperialista e anti francese della giunta militare, sulla scia di quanto sta avvenendo da anni in tutto il Sahel e che ha costretto i francesi a ritirarsi dalla regione sia in termini militari sia di investimento. Somair, tra i più grandi poli estrattivi di uranio al mondo, è oggi di fatto nazionalizzata e i nigerini, dopo essere stati in trattativa anche con cinesi e iraniani, hanno trovato un accordo per la vendita dell’uranio alla russa Rosatom. Domenica, attraverso l’emittente Sahel Tv, il generale Abdourahamane Tiani che guida la giunta militare ha diffuso un comunicato in cui rivendica la libertà di Niamey di vendere l’uranio a chi preferisce: “E’ il nostro diritto legittimo di mettere a disposizione le nostre ricchezze naturali e di vendere a chiunque voglia comprarle, a regole di mercato e in completa indipendenza”.

La preoccupazione che il carico possa finire nelle mani dei gruppi jihadisti che controllano il Niger e il Burkina Faso è alta perché le vie di comunicazione dei due paesi sono oggetto di imboscate quotidiane da parte degli estremisti islamici. Il territorio attraversato dal convoglio è sotto il controllo degli guerriglieri della Provincia del Sahel dello Stato islamico e di quelli del Gruppo di Sostegno all’islam e ai musulmani (Jnim) vicina ad al Qaida. Negli ultimi mesi, le due organizzazioni jihadiste si sono estese a ritmi senza precedenti e oggi sono arrivate a minacciare direttamente la capitale del Mali, Bamako, e a conquistare grandi centri urbani spostandosi dalle campagne e dalle periferie anche in Niger e Burkina Faso. 

In Europa, solamente il governo francese ha sollevato le gravi conseguenze per l’accordo concluso tra Niamey e Mosca. Secondo l’Eliseo, il carico di yellowcake potrebbe essere usato dai russi per foraggiare la guerra in Ucraina. Rosatom è controllata dal Cremlino e contribuisce per quasi il 10 per cento al budget nazionale operando nel settore nucleare civile. Kyiv accusa da anni la compagnia di essere il braccio economico delle forze di occupazione russe, che dal 2022 hanno preso il controllo militare della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia. Rosatom è anche molto attiva in Africa e secondo il suo direttore generale, Alexey Likhachev, è coinvolta in 30 progetti in 16 paesi diversi nel continente,  dove ha aperto un ufficio regionale in Sudafrica. Lì, lo scorso ottobre, ha partecipato all’African Energy Week e, visto l’interesse crescente dei paesi africani per lo sviluppo del nucleare civile, in quell’occasione i russi hanno presentato il loro nuovo progetto che prevede la creazione di centrali nucleari galleggianti. 

Se la Francia protesta, l’Europa resta cauta. Rosatom è sottoposta a sanzioni americane e solo lo scorso luglio l’Ue ha emanato delle misure restrittive. L’ha fatto però in modo molto mirato e riluttante, perché fino al 2022 quasi un quarto dell’uranio importato nell’Ue era fornito proprio dalla compagnia russa. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.