l'annuncio

Trump e Putin si incontreranno a Budapest. L'illusione dei negoziati e il fiato sospeso degli ucraini

Paola Peduzzi

Perché proprio l'Ungheria? La località del vertice  ha causato diverse reazioni, per lo più negative: il premier ungherese Viktor Orbán è il più ostile all’Ucraina in tutta Europa e secondo alcuni analisti si è fatto un passo indietro

Quando è arrivata la notizia dell’imminente telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin, gli ucraini hanno iniziato a trattenere il respiro, e forse lo faranno fino a dopo la visita del loro presidente, Volodymyr Zelensky, alla Casa Bianca. Da settimane il presidente americano dice che è molto deluso dal presidente russo, che aveva aspettative sul negoziato ma Putin le ha annichilite tutte, che la Russia è una “tigre di carta” e che le conviene, se non vuole rimanere economicamente in ginocchio, smettere di ammazzare “ucraini e russi”. Ma alla vigilia del suo incontro con Zelensky – anticipato da molte dichiarazioni sull’invio dei missili Tomahawk a Kyiv – Trump ha deciso di parlare con Mosca. La conversazione è andata bene, ha scritto subito dopo il presidente americano (che aveva postato anche mentre era al telefono).

 

Putin si è congratulato per l’enorme risultato raggiunto in medio oriente (che in realtà a Mosca non piace affatto) e ha ringraziato la first lady Melania per il suo coinvolgimento “con i bambini”, un modo  piuttosto comico per lusingare i Trump, visto che Melania vuole liberare i bambini ucraini che Putin deporta in Russia. Si è parlato  di commercio, il presidente russo ha detto che l’eventuale invio dei missili Tomahawk non cambierà la situazione sul campo, che lui descrive come solida per la Russia, ma “danneggeranno i rapporti” con l’America. Infine ci si è accordati per gli incontri: la prossima settimana il segretario di stato Marco Rubio vedrà la delegazione russa per preparare il vertice tra Trump e Putin che si terrà  a Budapest per “vedere se riusciremo a far finire questa guerra ‘ingloriosa’ tra la Russia e l’Ucraina”.  Trump dice nel suo post su Truth che ci sono stati dei progressi, non è sembrato deluso come invece era accaduto dopo la conversazione di giugno, in seguito al vertice della Nato, e dopo quello in Alaska, che, secondo quanto scritto dalla Cnn ieri era stato in realtà il momento in cui, senza aver ottenuto nulla, il presidente americano aveva dato il via libera agli ucraini per colpire le infrastrutture energetiche e militari russe.  La località del vertice – Budapest – ha causato diverse reazioni, per lo più negative: il premier ungherese Viktor Orbán è il più ostile all’Ucraina in tutta Europa e secondo alcuni analisti si è fatto un passo indietro, non fosse altro perché Trump ha restaurato l’illusione di un negoziato e di una pace che pure Putin non ha mai mostrato di volere.

 

Gli ucraini trattengono il respiro, rimettono in fila quel che è accaduto dal vertice in Alaska in poi. Il presidente americano ha cambiato tono, ma lo hanno cambiato anche il vicepresidente J. D. Vance, da sempre ostile agli ucraini e in particolare a Zelensky, il capo del Pentagono Pete Hegseth, che è passato dal dire: arrangiatevi, sia agli europei sia a Kyiv, al promettere un impegno concreto, “la pace attraverso la forza” (sempre condizionato all’impegno finanziario e militare dell’Europa), e Scott Bessent, il segretario al Tesoro indaffarato con la guerra commerciale che  ha trovato una formula per collegarla a Putin  e  ai suoi alleati. Ieri il Telegraph britannico ha rivelato che Trump ha detto a Bessent di discutere con gli  europei di un “victory fund” (è la seconda volta, in  questo ultimo mese di eventi impensabili, che le parole “Trump”, “vittoria” e “Ucraina” compaiono insieme e collegate) generato da imposte del 500 per cento sulle importazioni dalla Cina: il denaro verrà utilizzato per produrre armi per l’esercito ucraino. Il piano è progettato per esercitare la massima pressione economica sulla Russia, “la tigre di carta”, la cui macchina da guerra dipende dal sostegno cinese: è così che gli Stati Uniti vogliono costringere Putin al negoziato. 

 

Gli ucraini trattengono il respiro e non si illudono: ieri Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence, ha parlato in pubblico, ha detto che le sanzioni che al momento stanno funzionando meglio sono gli attacchi dell’Ucraina contro le infrastrutture militari ed energetiche della Russia, e questo vuol dire che gli alleati avrebbero potuto fare di più. Possono ancora farlo, se lo vogliono.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi