A singhiozzo

Zelensky parla con Trump e dice: l'aiuto sulla difesa aerea c'è

Paola Peduzzi

Quaranta minuti di conversazione e rassicurazioni sulle armi. Ma non erano state sospese le forniture? Il caos del Pentagono e la telefonata tra Trump e il cancelliere tedesco Merz, che forse ha una soluzione

Donald Trump ha detto a Volodymyr Zelensky, in una conversazione telefonica durata quaranta minuti, che gli Stati Uniti vogliono aiutare l’Ucraina con la difesa aerea, in modo da contrastare l’intensificarsi degli attacchi russi contro i civili ucraini. Secondo una fonte di Barak Ravid su Axios, “Trump ha detto che vuole essere d’aiuto con la difesa aerea e che controllerà quali armamenti sono stati sospesi”: all’inizio della settimana il Pentagono ha dichiarato che si sarebbero fermate le forniture militari all’Ucraina in nome dell’interesse nazionale americano: le scorte sono troppo basse, hanno detto diversi funzionari, e gli Stati Uniti devono pensare prima di tutto a sé stessi. 

  

Il primo comunicato di Zelensky dopo la telefonata con Trump era rassicurante: abbiamo discusso di come rafforzare la collaborazione per la difesa aerea. Si dirà: la barra è sempre più bassa, bisognerebbe discutere di come far passare la voglia a Vladimir Putin di mandare centinaia di missili e di droni sulle città ucraine, cosa che ha fatto la notte prima della telefonata e che fa ormai tutte le notti, uccidendo civili a un ritmo tragicamente inedito. Ma, appunto, la direzione che l’America ha preso questa settimana è stata quella del disimpegno, o almeno questo è quel che ha voluto far sapere il Pentagono. Tutti, nel mondo trumpiano, dicono che è sempre Trump a prendere le decisioni finali, ma a ogni crisi la catena di comando sembra sfilacciarsi sempre di più. Al vertice della Nato Trump, di buon umore per l’operazione contro i siti nucleari dell’Iran e per l’ossequiosità degli alleati della Nato, aveva incontrato Zelensky e aveva promesso di cercare Patriot da inviare – non ce ne sono tanti, aveva detto in conferenza stampa, ma li troveremo, anche perché sono indispensabili. Giovedì Trump ha parlato al telefono con Putin, ma è uscito parecchio deluso dalla conversazione di un’ora: il presidente russo non vuole fermare la guerra e non vuole negoziare. A differenza di quel che era accaduto in passato, Trump non ha detto: questa non è la mia guerra, non è un mio problema, anzi, è sembrato scocciato dai continui no di Putin, ha detto che avrebbe parlato con Zelensky, lo ha fatto e gli ha confermato la collaborazione. Tutto più o meno lineare, per quanto possa essere lineare questo presidente americano, se non fosse che nel mezzo l’America ha dato la notizia più catastrofica per l’Ucraina, cioè la sospensione dell’invio delle armi che erano già state stanziate, e poi il blocco fisico delle armi già in transito, in Polonia. Che cosa è successo, Trump non era stato avvisato? Ha cambiato idea e poi l’ha ricambiata di nuovo? Il Pentagono agisce senza consultare la Casa Bianca? E’  difficile dare una risposta a queste domande, perché le dichiarazioni si contraddicono e perché le fonti citate da molti giornali, del Congresso, del Partito repubblicano, del dipartimento di stato e degli alleati europei, dicono: non ne sapevamo nulla. 

  

Secondo le ricostruzioni, è stato il capo delle politiche del Pentagono, Elbridge “Cheese” Colby (il Colby è un formaggio, il soprannome è dispregiativo) a fare una revisione delle riserve di armi americane e arrivare alla conclusione che bisognasse fermare le forniture all’estero per non trovarsi sguarniti di fronte al pericolo che Colby considera prioritario: la Cina. Colby ha poi dichiarato che si stanno valutando tutte le alternative per sostenere l’Ucraina, mentre il portavoce del Pentagono, Sean Parnell, ha risposto ai giornalisti negando il fatto che gli arsenali siano vuoti. Nel frattempo però le armi sono state bloccate, quindi ci sarà pure una catena di comando farraginosa, ma l’effetto si è sentito lo stesso in Ucraina e in Europa. 

  

Trump oggi ha anche parlato con Friedrich Merz, cancelliere tedesco, il quale aveva precedentemente dichiarato di voler chiedere all’America di acquistare i Patriot da consegnare all’Ucraina. Forse qui sta la spiegazione: se le armi vengono pagate, continueranno ad arrivare. O forse davvero il tempo che Trump ha deciso inopinatamente di concedere a Putin si sta esaurendo. Kyiv, come sempre, non può che insistere: la collaborazione c’è e va avanti.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi