La condanna di Cristina Kirchner riscrive la storia dell'Argentina

Paolo Rizzo

Dal miracolo politico al sistema degli appalti truccati. Confermata la condanna a sei anni di reclusione e inabilitazione perpetua per l’ex presidente. Ora il peronismo guarda ad Axel Kiciloff, governatore della provincia di Buenos Aires ed ex pupillo di Cristina ora punta a sfidare Milei nel 2027

La Corte Suprema argentina ha confermato all’unanimità la condanna a sei anni di reclusione e inabilitazione perpetua per l’ex presidente Cristina Kirchner. La notizia ha sorpreso per il tempismo con cui è arrivata ma non nel merito. Kirchner era già stata condannata in primo grado nel 2022 per corruzione e amministrazione fraudolenta. A novembre 2024 la Camera di Cassazione  aveva confermato la condanna. La sentenza della Corte Suprema ora rende la condanna definitiva.

 

Al potere dal 2007 al 2015, oltre che first lady dal 2003 al 2007, Cristina Kirchner è stata per due decenni la protagonista del peronismo e della politica argentina. Fu lei a lanciare la candidatura a presidente di Alberto Fernández nel 2019 cogliendo l’occasione per presentarsi come vicepresidente. Fu sempre lei a scegliere Sergio Massa come candidato presidente nel 2023. Ma soprattutto Cristina, 72 anni, è ancora la leader del peronismo e aveva annunciato la candidatura a deputata nella provincia di Buenos Aires nelle elezioni del 7 settembre: un trampolino per sfidare Javier Milei nel 2027.

   

La conferma sancisce invece la fine della sua carriera politica e riscrive la storia argentina. L’ascesa politica dei Kirchner, prima con suo marito Néstor presidente tra il 2003 e il 2007 e poi con Cristina  tra il 2007 e il 2015, non fu una storia di rinascita economica e politica di un paese distrutto dalla crisi del 2001. Fu una storia di corruzione. Dall’inizio la famiglia Kirchner aveva costruito una cassa alimentata dall’affidamento delle opere pubbliche nella loro provincia di origine, Santa Cruz, all’amico Lázaro Báez. Fu lui a fondare, pochi giorni prima delle elezioni del 2003, la Austral Construcciones con un capitale sociale di  4 mila dollari. Pur non avendo nessuna esperienza nel settore, tra il 2003 e il 2015,  riuscì ad aggiudicarsi l’82 per cento delle opere pubbliche nella provincia. Sotto i governi di Néstor  prima e Cristina dopo, Lazaro Báez accumulò, da impiegato di una banca di provincia, un patrimonio di 200 milioni di dollari. I 51 appalti affidatigli furono caratterizzate da ritardi, sovrapprezzi e incompletezza: solo 27 delle opere aggiudicate furono completate. La sentenza condanna anche Lazaro Báez a una pena di 6 anni di reclusione. Non si pronuncia invece su Néstor Kicherner, morto nel 2010 durante il mandato presidenziale della moglie. Ma è impossibile non vedere un suo coinvolgimento nello schema di corruzione.

 

Cristina Kichner dovrà essere adesso detenuta, ma dovrebbe ottenere gli arresti domiciliari – già richiesti dal suo avvocato – avendo compiuto i 70 anni. Potrebbe anche cercare di fare appello a tribunali internazionali per impugnare la sentenza. Forse farà  ricorso alla Commissione Interamericana dei Diritti umani, ma sarebbe più una battaglia politica che legale.

 
Difficile invece riesca a ottenere un indulto presidenziale da Milei. Eppure la polarizzazione politica tra Cristina Kirchner e Javier Milei aiutava entrambi (tanto che si parlava di un patto segreto tra i due).  Milei poteva sempre fare appello agli elettori di centro terrorizzati dal ritorno politico di Cristina, il simbolo dell’inflazione e della crisi economica degli utlimi anni. Dal lato suo Kirchner, da leader dell’opposizione, era l’esponente politica che più rappresentava l’antitesi delle politiche liberiste di Milei. 


La sentenza della Corte rompe questo schema. Probabilmente il maggior beneficiario della sentenza sarà Axel Kiciloff, governatore della provincia di Buenos Aires ed ex pupillo di Cristina. Da mesi cercava di presentarsi come l’alternativa a Kirchner nel campo peronista. La condanna di Cristina gli spalanca le porte verso una sua candidatura presidenziale nel 2027.

 

Ma la sentenza di ieri potrebbe avere un impatto maggiore sul futuro dell’Argentina. Finora, dal ritorno della democrazia nel 1982, il paese è stato caratterizzato da una sorprendente solidità istituzionale. Il sistema democratico, nonostante un iniziale fisiologico sbandamento, ha retto anche l’urto della crisi del 2001. E’ possibile che la detenzione di un’ex presidente, nonché attuale leader dell’opposizione e figura chiave degli ultimi due decenni della vita politica argentina, possa avere qualche ripercussione sulla solidità delle istituzioni.

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