i negoziati

Hamas ha risposto ancora una volta "no" alla proposta di Israele per un cessate il fuoco

Micol Flammini

Il gruppo ha rifiutato l'ultima offerta israeliana per una tregua e la liberazione degli ostaggi, che Blinken aveva definito "generosa". Oggi è attesa la controproposta. I negoziati vanno avanti, mentre lo stato ebraico fa pressione preparando l'offensiva a Rafah

La risposta di Hamas all’ultima proposta israeliana per un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi è arrivata dal Libano, dove vive Osama Hamdan, uomo di Hamas che ha rilasciato un’intervista a al Manar tv, un’emittente legata a Hezbollah. Hamdan ha detto: “La nostra posizione sull’attuale documento negoziale è negativa… ma non vuol dire che i colloqui finiscono qui”. Per oggi è attesa la controproposta di Hamas, che vuole imporre come condizione per la liberazione degli oltre centotrenta ostaggi israeliani la fine della guerra e il ritiro completo dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza. La condizione non è ammissibile, vorrebbe dire che Hamas sarebbe di nuovo nelle condizioni di riprendere il controllo totale del territorio dal quale ha escogitato e lanciato l’attacco del 7 ottobre contro i kibbutz del sud, uccidendo più di mille civili e rapendone più di duecento. 

 

Israele aveva già abbassato di molto le sue condizioni. Per veder tornare gli ostaggi aveva acconsentito a un cessate il fuoco di sei settimane, al ritiro dei soldati da alcune zone della Striscia, al ritorno dei palestinesi nella parte settentrionale di Gaza e alla liberazione di un numero molto alto di palestinesi che sono detenuti nelle carceri israeliane. La proposta di Israele era stata definita “generosa” da Antony Blinken, il segretario di stato americano in questi giorni si trova in medio oriente e ha più volte ripetuto che se l’accordo fallisce, la responsabilità è di Hamas. 

 

 

Le manifestazioni dentro a Israele sono quotidiane, i cittadini chiedono un accordo per vedere tornare gli ostaggi, alle richieste umanitarie si sommano quelle politiche con la domanda di dimissioni del primo ministro Benjamin Netanyahu. Sono queste immagini che convincono Hamas che Israele potrà cedere alle sue richieste.

 

Lo stato ebraico intanto sta preparando l’offensiva a Rafah, la città nel sud della Striscia dove si sono rifugiati circa un milione e mezzo di palestinesi e dove si troverebbero quattro battaglioni di Hamas. Probabilmente anche la leadership del gruppo vive nei tunnel sotto la città rifugio, ma un’offensiva potrebbe portare a un numero molto alto di vittime civili e, secondo i numeri diffusi dal ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, i morti sono già più di trentatremila. Gli Stati Uniti sono contrari a un'invasione che non sia preceduta da un’evacuazione attenta della popolazione.  

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.