Israele si coordina con gli Stati Uniti sulla risposta iraniana

Micol Flammini

L'esercito dice di essere pronto a ogni scenario. Le divergenze con Biden non si sentono più, lo stato ebraico recupera l'unità mentre gli americani dicono che la sua sicurezza è una priorità

La risposta dell’Iran all’uccisione del generale pasdaran Mohammad Reza Zahedi, colpito da un attacco israeliano mentre era nel consolato di Teheran a Damasco, non è una questione di “se”, dicono gli americani, ma di “quando”. L’Iran vuole reagire, Israele si prepara: “Chi ci colpisce – ha detto il premier  Benjamin Netanyahu – deve essere pronto a essere colpito a sua volta, feriremo chiunque ci aggredirà”. Mentre Netanyahu parlava era nella base degli F-15, dove i piloti si stanno addestrando a reagire a un attacco. Ogni mossa è stabilita con gli Stati Uniti, con l’Amministrazione Biden che ieri ha mandato in Israele Michael Kurilla, capo del Centcom per discutere pericoli e reazioni. Le relazioni tra lo stato ebraico e gli americani sembrano tornate indietro di sei mesi, e proprio come nelle settimane dopo il 7 ottobre Joe Biden e i suoi funzionari dicono di essere pronti a tutto per garantire la sicurezza di Israele. Gli Stati Uniti parlano di attacco imminente e anche su richiesta dello stato ebraico hanno spinto i ministri degli Esteri di alcuni paesi arabi a parlare con  la controparte iraniana. L’attacco che ha ucciso Zahedi ha rimesso al centro quello che è l’elemento di instabilità del medio oriente: l’Iran. Gaza è parte del tutto, ma sono i piani di Teheran e le mosse dei gruppi che ha armato negli anni per circondare Israele che vanno tenuti d’occhio e gli americani in questo momento non possono far passare l’idea che lo stato ebraico sia isolato. Israele ritrova sempre l’unità interna quando deve fronteggiare le minacce di Teheran, le divisioni politiche scompaiono, i rantoli estremisti si sopiscono. Anche l’Amministrazione Biden ha deciso di sfumare le differenze, spinge sull’accordo per il cessate il fuoco come non mai, e dice con chiarezza che Hamas lo  blocca, mentre teme che gli ostaggi israeliani tenuti dai terroristi a Gaza siano  morti e  ogni proposta di accordo e di scambio dovrà cambiare. 


La soluzione nella Striscia di Gaza  passa anche per tutto ciò che accade attorno, per come si muovono gli altri paesi, per come si sanano le relazioni e nonostante la guerra, la stagione delle normalizzazioni con Israele non è finita. L’Indonesia potrebbe essere la prossima e i rapporti con lo stato ebraico potrebbero nascere sulla base di un accordo per agevolare l’ingresso della nazione nell’Ocse. Sarebbe il primo paese a maggioranza musulmana a normalizzare i suoi rapporti con Israele dopo il 7 ottobre. Quando Hamas aggredì i kibbutz a ridosso della Striscia, lo fece anche per fermare la diplomazia americana per tessere dei rapporti inediti tra l’Arabia Saudita e  lo stato ebraico che avrebbero aperto a una nuova stagione per il medio oriente, mettendo in minoranza la minaccia  belligerante dell’Iran. L’Amministrazione Biden ha portato avanti il progetto degli Accordi di Abramo su cui aveva lavorato con successo  il genero ed ex consigliere di Donald Trump, Jared Kushner. Quegli accordi assieme all’uccisione del generale Qassem Suleimani – colpito da un  drone grazie alle indicazioni israeliane nel 2020 –  avevano dato al trumpismo la fama di solido difensore di Israele, in contrapposizione a Biden che per natura e politica fatica ad andare d’accordo con Netanyahu. Ma   mentre l’attuale Amministrazione dall’inizio della guerra a Gaza si impegna per la sicurezza di Israele, sta cadendo l’immagine di Trump come migliore alleato rispetto all’attuale presidente americano. Tempo fa in un’intervista, l’ex capo della Casa Bianca disse che l’esercito doveva fermare subito la guerra contro Hamas e anche Tucker Carlson,   cantore del trumpismo e   bussola per capire  dove sta andando la campagna elettorale del candidato per il Partito repubblicano, ha fatto capire che la sua posizione non è così a favore di Israele.  Carlson ha incontrato il pastore palestinese Munther Isaac. Il giornalista, un tempo volto cardine di Fox News oggi esule del sito che porta il suo nome, ha chiesto a Isaac: “Il governo israeliano come tratta i cristiani?”. Carlson ha accusato i cristiani americani di non prestare attenzione a quello che accade a Gaza, di sostenere “un governo straniero che bombarda le chiese e uccide i fedeli”. Lo show su cui Carlson trasmette le sue interviste si chiama “Tucker Carlson Uncensored” ed è la versione non censurata di dove va il trumpismo. 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.