In medio oriente

Tre figli di Haniyeh, il capo di Hamas, sono stati uccisi a Gaza. Cosa cambia per i negoziati

Micol Flammini

Erano agenti operativi del gruppo terrorista e sono morti in un attacco israeliano. Il leader del gruppo dice che la loro morte non muterà le richieste di Hamas durante i colloqui che vanno avanti al Cairo

Hazem, Amir e Mohammad Haniyeh sono stati colpiti da un attacco aereo israeliano a Gaza City. Sono i figli del capo di Hamas, Ismail Haniyeh, che vive a Doha  mentre loro erano agenti  del gruppo terrorista, quindi coinvolti nelle operazioni di guerra, non civili. Un funzionario israeliano ha confermato a Walla News la loro uccisione dicendo: “Siamo determinati a eliminare tutti gli agenti operativi di Hamas”.  Nell’attacco sono stati uccisi anche alcuni dei nipoti di Haniyeh, che viaggiavano sulla stessa macchina. Il leader di Hamas ha parlato con al Jazeera, ha confermato la notizia,  ha “ringraziato Dio per averci concesso l’onore del martirio” e ha detto che la morte dei tre uomini non muterà  le richieste di Hamas durante i colloqui che vanno avanti al Cairo e che Hamas continua a bloccare. In un video di cui non è stata attestata l’autenticità, si vede Haniyeh mentre visita un ospedale in Qatar, gli viene data la notizia della morte dei figli, lui rimane impassibile e chiede di proseguire il giro. 


Il capo di Hamas  lavora dietro le quinte per assicurarsi la sopravvivenza del gruppo, ha chiesto incontri con l’Autorità nazionale palestinese (Anp) guidata da Fatah – con cui Hamas non è mai andato d’accordo – perché se davvero, dopo la fine della guerra, a Gaza verrà insediato un governo dell’Anp, è questo il canale per rimanere nella Striscia. Haniyeh ha organizzato il 7 ottobre assieme agli altri capi di Hamas, e studia il modo per rimanere nella Striscia e ripeterlo. Ha però una visione diversa rispetto a quella di Yahya Sinwar, il leader rimasto a Gaza che, secondo l’intelligence israeliana si trova nascosto a sud, circondato da ostaggi israeliani, e che crede sia il momento di continuare a combattere, senza compromessi. Il gruppo continua a rifiutare le proposte di un accordo, il piano avanzato dagli Stati Uniti prevede il ritorno in Israele di quaranta sequestrati, ma Hamas dice di averne perso traccia. Gli ostaggi sono il capitale che i terroristi si tengono stretti per fare pressione su Israele,  e rimanere al potere. C’è una cosa su cui gli israeliani sono d’accordo: uno degli obiettivi di questi mesi di conflitto con un numero di vittime senza precedenti, con una devastazione  incalcolabile, è l’eliminazione di Hamas. Non esiste una data per l’operazione a Rafah, l’ultima città della Striscia, ma nessuno, dal premier Netanyahu al ministro della Difesa Gallant, dal ministro del gabinetto di guerra Gantz al leader d’opposizione Lapid, esclude l’invasione per arrivare all’ultimo battaglione di terroristi rimasto. 

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  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.