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a bruxelles

Non solo PfizerGate: tutti i guai di Ursula von der Leyen

David Carretta

La presidente della Commissione non è formalmente indagata nell'inchiesta sui negoziati con Pfizer per l'acquisto di vaccini contro il Covid, ma la notizia si somma a molti altri piccoli scandali. Sullo sfondo c'è la candidatura per il secondo mandato

Bruxelles. “Non abbiamo commenti specifici da fare”, ha detto una portavoce della Commissione, dopo che Politico.eu ha rivelato che l'Ufficio del procuratore europeo sta indagando su potenziali reati legati ai negoziati tra Ursula von der Leyen e l'amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, per l'acquisto di vaccini contro il Covid nel corso del 2021. L'indagine è stata trasferita al procuratore europeo dalla procura di Liegi, che si era attivata lo scorso anno dopo una denuncia presentata da un lobbista belga vicino ai no-vax, Frédéric Baldan, a cui si sono aggiunti i governi di Polonia e Ungheria. Secondo Politico.eu, l'inchiesta su von der Leyen riguarderebbe le ipotesi di reato sono "interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di sms, corruzione e conflitto di interesse". Tutto nasce dalle rivelazioni del New York Times, al quale von der Leyen aveva rivelato di aver negoziato con Bourla i vaccini Pfizer attraverso scambi di sms. La Commissione si è sempre rifiutata di rivelare il contenuto dei messaggi sms. Il valore complessivo degli acquisti di vaccini è valutato a 20 miliardi di euro. I governi di Varsavia e Budapest sono intervenuti perché in conflitto con la Commissione sull'ammontare del loro contributo per comprare i vaccini (il nuovo governo di Donald Tusk ha tuttavia annunciato che intende ritirarsi dal caso). La presidente della Commissione non è formalmente indagata. Ma la notizia dell'inchiesta dell'Ufficio del procuratore europeo costituisce l'ennesimo guaio per von der Leyen, nel momento in cui è impegnata nella campagna per la sua rielezione come presidente della Commissione.

Un PfizerGate si sommerebbe a molti altri piccoli scandali che stanno segnando la fine del primo mandato di von der Leyen. Sul Foglio abbiamo rivelato i dettagli del PieperGate, la nomina da parte di von der Leyen di un eurodeputato della Cdu, Markus Pieper, a inviato dell'Ue per le Piccole e Medie Imprese, malgrado fosse il candidato meno adatto a ricoprire l'incarico e contro il parere del commissario responsabile. “Il PieperGate non è finito”, spiega al Foglio una fonte dell'Ue. Nelle ultime settimane sono emersi interrogativi sulle modalità con cui il capogabinetto di von der Leyen, Bjorn Siebert, sta condizionando e gestendo le nomine di alti funzionari della Commissione e del Servizio europeo di azione esterna diretto da Josep Borrell. Dentro la Commissione ci sono decine di posti aperti per i ruoli di direttore generale, vice direttore generale, direttori e consiglieri, che non vengono riempiti da mesi. La Commissione non ha ancora approvato il trasferimento di Simon Mordue, l'attuale consigliere diplomatico del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, come vice segretario generale del Servizio di azione esterna, malgrado il fatto che Borrell abbia dato il via libera in febbraio. Secondo alcune fonti, Siebert vorrebbe prima ottenere la nomina di alcuni funzionari vicini a von der Leyen per i posti di ambasciatori dell'Ue in diversi paesi extra Ue. 

Il PfizerGate, il PieperGate e le mancate nomine nell'amministrazione sono un'illustrazione di un modo di gestire la Commissione estremamente centralizzato, poco efficiente e al limite dell'“abuso di potere”, come lo definisce un funzionario. In passato von der Leyen non ha esitato a tagliare teste di commissari o alti funzionari, semplicemente perché sospettati di irregolarità, senza attendere il giudizio dei comitati interni o dei tribunali. L'ex commissario irlandese, Philip Hogan, fu costretto a dimettersi durante il Covid per l'accusa di aver violato le regole nazionali dei lockdown, salvo essere successivamente assolto. L'ex direttore generale dei Trasporti della Commissione, l'estone Henrik Hololei, è stato rimosso dal suo incarico, quando Politico.eu ha svelato che il Qatar aveva pagato un suo viaggio per una conferenza. In una bozza di un documento interno, la stessa Commissione ha ammesso che Hololei non aveva violato nessuna regola interna, ma la versione finale è stata modificata dal gabinetto di von der Leyen per cancellare il passaggio in cui l'ex direttore generale veniva riabilitato. Nel caso del PfizerGate, la Commissione non solo non ha mai rivelato i contenuti degli sms, ma non ha nemmeno ammesso la loro esistenza. La risposta all'indagine dell'Ufficio del procuratore europeo mostra come la squadra von der Leyen cerchi di offuscare tutto ciò che tocca in negativo la presidente.

 

Oltre ai piccoli scandali, il secondo mandato di von der Leyen è messo in dubbio dalla politica. Al Congresso del Ppe, quasi metà dei delegati che avevano diritto di voto non ha messo il “sì” sul suo nome come Spitzenkandidat (candidato principale per la presidenza della Commissione). Diversi membri della famiglia liberale di Renew – il francese Thierry Breton, il tedesco Christian Lindner, l'italiano Matteo Renzi - si sono espressi contro la sua riconferma. All'ultimo Consiglio europeo, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha instillato un serio dubbio sulle sue intenzioni di sostenere von der Leyen, spiegando che la presidenza della Commissione deve stare al di sopra dei partiti.

 

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