le elezioni

Tra proteste, sospensioni e scarcerazioni domenica il Senegal va al voto

Maurizio Stefanini

Ci sono stati solo 13 giorni di campagna elettorale: meno dei 19 candidati in campo. La prima candidata donna, un rinvio delle elezioni poi annullato e il piano Mattei

Domenica si vota in Senegal per le dodicesime elezioni presidenziali da quando il paese ha raggiunto l'indipendenza. Le none elezioni dalla reintroduzione del pluripartitismo, voluta dal politico e poeta senegalese Léopold Sédar Senghor nel 1974 per ottenere l’ammissione del suo partito nell’Internazionale Socialista. Le quinte elezioni da quando nel 2000 Abdoulaye Wade, leader del Partito democratico senegalese (Pds), dopo cinque tentativi di diventare presidente, ha realizzato la prima alternativa democratica pacifica di tutta la storia dell’Africa. Wade è il teorico di un originale liberalismo africano che interpretava quasi in senso weberiano l’etica del lavoro di quella confraternita islamica Muridiyya cui appartiene un terzo dei senegalesi, è stato premiato da “Nessuno tocchi Caino” per avere abolito la pena di morte, ed è stato capace nel 2011 di ospitare il Forum Sociale Mondiale a Dakar per spiegare   le virtù del liberalismo visto in chiave keynesiana. Dal 2008 Wade iniziò però a perdere colpi e venne acccusato di corruzione e nepotismo per il ruolo sempre più invadente di suo figlio Karim, ministro delle Infrastrutture finito nei Panama Papers.

 

Macky Sall, il presidente

Macky Sall, primo ministro di Wade tra 2004 e 2007 e poi direttore della sua campagna elettorale,   nel 2008 ruppe con il leader. Fondò una Alleanza per la Repubblica (Apr) che si proclamava liberale come il Pds, ma contestava l’attaccamento al potere con cui nel 2012 Wade si ricandidò la terza volta, a 86 anni. Vinse Sall e da presidente impose il limite di due mandati. Ma a sua volta è   entrato anche Sall in una spirale di attaccamento al potere che lo ha portato a fantasticare per una terza elezione. In carica dal 2012, solo lo scorso luglio ha rinunciato alla candidatura, ma nel frattempo era iniziato un ciclo di proteste di piazza da cui arresti, tre morti e la situazione di caos che ha portato a un rinvio delle elezioni a sua volta annullato all’ultimo momento.

 

I 19 candidati  

Per questo, dal 9 al 22 marzo, ci sono stati solo 13 giorni di campagna elettorale: meno dei 19 candidati in campo. Il 3 febbraio Sall aveva  annunciato la sospensione a tempo indeterminato delle elezioni originariamente previste per il 25 febbraio, l’Assemblea Nazionale promulgò una legge per tenerle il 15 dicembre, mentre le forze di sicurezza facevano irruzione nell'edificio e rimuovevano alcuni parlamentari dell'opposizione. Scoppiarono  nuove proteste ma il Consiglio Costituzionale dichiarò che le elezioni non si sarebbero potute svolgere   dopo la scadenza del mandato presidenziale, il 2 aprile. Il 7 marzo il presidente e il Consiglio hanno dunque concordato la data del 24 marzo.

 

Ousmane Sonko e Bassirou Diomaye Faye

Il 7 marzo è stata approvata anche la legge di amnistia in base alla quale una settimana dopo sono stati scarcerati Ousmane Sonko e Bassirou Diomaye Faye, detenuti rispettivamente dal luglio e dall’aprile del 2023. Sonko alle presidenziali del 2019 era arrivato terzo col 15,67 per cento dei voti alla testa della coalizione di estrema sinistra Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità (Pastef), ma era stato dichiarato ineleggibile in seguito a una condanna per diffamazione  che portò ad alcune proteste dei suoi seguaci, nuove accuse per “appello all'insurrezione” e lo scioglimento del suo partito. Alle elezioni di domenica correrà al suo posto Faye, che chiede di rinegoziare i contratti di petrolio e gas con le multinazionali straniere e di sostituire il franco Cfa dell’Africa occidentale con una nuova valuta. Il 15 marzo ha invece tentato in extremis di far rinviare il voto Karim Wade, inabilitato a candidarsi per via della doppia cittadinanza francese. 

 

Gli altri candidati e la prima donna

Tra i candidati c’è anche Idriss Seck, che fu primo ministro tra 2002 e 2004, e che alle presidenziali del 2019 arrivò secondo con il 20,51 per cento dei voti. Anche il suo partito Rewmi, “il paese” in lingua wolof, si proclama liberale. Per l’Apr di Sall corre invece Amadou Ba: un tecnocrate cooptato in politica dopo essere stato direttore delle imposte, ha ricoperto il ruolo prima di   ministro dell’Economia e Finanze tra 2013 e 2019,   degli Esteri tra il 2019 e il 2020 e poi di primo ministro dal 17 settembre 2022 al 6 marzo, quando si è dimesso per potersi candidare. Tra i candidati c’è per la prima volta una donna: Anta Babacar Ngom, figlia di un magnate del pollame nella cui impresa ha fatto da direttore generale. In programma, ha la creazione una banca nazionale per le donne. 

 

Il Senegal, nonostante abbia una delle economie più stabili e in più rapida crescita della regione, più di un terzo dei suoi 17 milioni di abitanti  vive in povertà, e una persona su cinque è disoccupata. Ciò spiega la fortissima immigrazione, e anche la spinta di questa storica oasi di democrazia e stabilità verso il caos del resto dell’Africa occidentale – francofona e non solo. In Italia ci sono tra i 100 e i 150.000 senegalesi: è la 13esima nazionalità di immigrati nel nostro paese, e prima dell’Africa sub-sahariana. Gli italiani in Senegal sono invece 2.000, spesso piccoli imprenditori nel settore della ristorazione e nel turismo. Pochi, ma apprezzati per le ricadute occupazionali e per il ruolo di ambasciatori del lifestyle italiano, oltre a  Leonardo e Saipem, nella ricerca di gas e petrolio.

 

Il piano Mattei

Tutto questo rende il Senegal un elemento importante del Piano Mattei voluto dalla Meloni: Macky Sall è stato infatti ospite a Palazzo Chigi il 30 gennaio durante il vertice bilaterale Italia-Africa, e in un'intervista rilasciata poco dopo l’ambasciatore del Senegal a Roma, Ngor Ndiaye, ha manifestato apprezzamento per l’iniziativa italiana, escludendo ogni ipotesi di neocolonialismo. Ma ha pure ammonito a coinvolgere la Commissione africana: “Non si può sviluppare il piano in Italia e andare a realizzarlo in Africa. Dall'Italia sono arrivate idee, proposte, ma non il piano completo, anche se ne abbiamo discusso e ne conosciamo la filosofia. Tecnicamente, però, non abbiamo un documento chiamato Piano Mattei in cui possiamo trovare tutte le proposte avanzate dal governo italiano”.

Di più su questi argomenti: