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Al Consiglio europeo

Il sostegno incrollabile dell'Ue a Kyiv crolla su munizioni, agricoltura e commercio

David Carretta

I leader europei dicono di voler fare di più sulle armi, ma il senso d’urgenza non c’è. Il tema più dibattuto al Consiglio europeo ieri erano gli Eurobond per finanziare l’industria della difesa

Bruxelles. Con Kyiv colpita da un nuovo massiccio attacco missilistico della Russia, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ieri ha inviato un messaggio molto duro ai capi di stato e di governo dell’Unione europea. Vertice dopo vertice, i ventisette riaffermano il loro “sostegno incrollabile” per l’Ucraina. Ma, vertice dopo vertice, dalle munizioni ai prodotti agricoli, l’Ue lascia sempre più l’Ucraina sé stessa. “I sistemi di difesa area esistenti non sono sufficienti per proteggere il nostro intero territorio dal terrore russo”, ha detto Zelensky: “Non è una questione di centinaia di sistemi, ma di un numero fattibile”.
 

La difesa aerea è solo una delle tante promesse mantenute a metà dagli europei. Ieri si sono abbattuti sulla capitale ucraina 31 missili russi, tra cui missili balistici. Zelensky ha ringraziato gli europei che, fornendo difesa aerea, “mantengono in vita le nostre città”. Ma non è sufficiente. “Sapete tutti quali passi devono essere fatti. Chiedo il vostro aiuto per proteggere le nostre città: Kharkiv, Sumy, Dnipro, Odessa, Kherson e altre”. Lo stesso vale per le munizioni. Un anno fa l’Ue aveva assicurato che avrebbe fornito un milione di proiettili di artiglieria all’Ucraina entro la fine del marzo 2024. Il bilancio è catastrofico: appena 600 mila munizioni consegnate. La Repubblica ceca sta riuscendo a salvare la faccia dell’Ue. Ha trovato 800 mila proiettili di artiglieria in paesi extra Ue. Ma ci ha messo due mesi a raccogliere i fondi necessari in una colletta volontaria a cui hanno aderito meno di una ventina di stati membri. La fornitura ceca dovrebbe essere completata tra aprile e giugno. Sul campo di battaglia, dove l’esercito ucraino è costretto ad arretrare per la supremazia della Russia a causa della penuria di munizioni, è già tardi. “L’uso dell’artiglieria sulla linea del fronte da parte dei nostri soldati è umiliante per l’Europa nel senso che l’Europa può fornire di più”, ha denunciato Zelensky.
 

I leader europei dicono di voler fare di più, promettono di destinare i profitti straordinari degli attivi russi congelati all’acquisto di armi, ma il senso d’urgenza non c’è. Il tema più dibattuto al Consiglio europeo ieri erano gli Eurobond per finanziare l’industria europea della difesa. Francia, Italia ed Estonia sono a favore. Germania, Paesi Bassi e Svezia sono contro. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz,  ha detto di non volere “un’altra struttura tipo stato europeo per la difesa. Ci sono già gli stati membri”. Viktor Orbán mette il veto al debito comune per la difesa. “No bond”, ha detto al Foglio il consigliere del primo ministro, Balazs Orbán: “Non vogliamo un super stato europeo”. Veti o meno, per i negoziati serviranno mesi, se mai andranno in porto. Di qui ad allora la guerra rischia di essere perduta.
 

Oltre alle munizioni, non c’è miglior esempio dell’agricoltura per capire quanto fragile sia il sostegno “incrollabile” dell’Ue all’Ucraina. Nel giugno del 2022 i ventisette avevano deciso di togliere quote e dazi per tutti i prodotti ucraini, compresi quelli agricoli, per mantenere in vita l’economia del paese. Un anno dopo sono iniziate le proteste di Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria, perché confrontate a un aumento delle importazioni di cereali ucraini. La Commissione ha stanziato fondi straordinari per i cinque paesi e chiuso gli occhi di fronte agli embarghi unilaterali. Alimentate dalla guerra ibrida russa, fatta di propaganda e disinformazione, le proteste degli agricoltori sono continuate e si sono estese ad altri paesi. Anche la Francia e altri stati membri oggi chiedono restrizioni non solo sui cereali, ma anche per polli, uova, zucchero e miele ucraini.
 

La Commissione ha proposto salvaguardie, ma non sono considerate sufficienti. Emmanuel Macron e Donald Tusk, a parole grandi sostenitori di Kyiv propongono ulteriori misure che farebbero perdere all’Ucraina oltre 1,2 miliardi di euro di entrate. In caso contrario, insieme all’Ungheria di Orbán, Macron e Tusk minacciano di bloccare la liberalizzazione del commercio con l’Ucraina. “La continuazione del regime di liberalizzazione commerciale con l’Ue, non riguarda solo certi prodotti ma la capacità di resistere all’aggressione russa”, ha ricordato Zelensky. “Qualsiasi perdita nel commercio è una perdita di una risorsa per fermare la Russia”. Il presidente ucraino è stato sostenuto da Scholz. “Non possiamo adottare misure che danneggiano l’Ucraina”, ha detto il cancelliere. “I tentativi di separatismo commerciale all’interno dell’Europa indeboliscono l’intero continente”, ha detto Zelensky. Nemmeno sul fronte politico i leader dell’Ue sentono l’urgenza. “Questo è uno degli elementi chiave nel motivare il nostro popolo nella lotta contro la Russia”, ha ricordato Zelensky. Tra complicazioni burocratiche e paura degli elettori, i negoziati di adesione non partiranno prima delle elezioni europee.