Orbán e Trump nello Studio ovale nel 2019 (GettyImages)

editoriali

Orbán in visita da Trump per saldare l'asse dei conservatori illiberali

Il premier ungherese è arrivato in America esclusivamente per incontrare l'ex presidente e i suoi, dall’Heritage Foundation a Bannon. Una corrispondenza di idee e parole (con alcuni notevolissimi silenzi)

Viktor Orbán è arrivato in America esclusivamente per incontrare Donald Trump e i trumpiani, dall’Heritage Foundation, centro studi che fornisce materiale ideologico e formazione per i funzionari di area conservatrice, fino a Steve Bannon, il guru del trumpismo che si picca di aver scoperto per primo il talento contrarian del premier ungherese (lo diceva anche di Giorgia Meloni, che però oggi è caduta dall’Olimpo bannoniano perché troppo vicina all’Europa e alla Nato). La corrispondenza tra Orbán e Trump è nelle idee e nelle parole: al suo discorso sullo stato dell’Unione alla fine di febbraio, il premier ungherese ha lanciato lo slogan della campagna elettorale per le europee di giugno che non poteva che essere “Make Europe Great Again”, o Mega, la fotocopia magiara del Maga, stessa lotta alle istituzioni che regolano l’ordine globale liberale, stesso vittimismo (Orbán si sente sempre sotto attacco del mainstream, dei liberal, di George Soros), stessa ostilità all’unità della Nato, dell’Europa, dell’occidente, stessa retorica antiucraina, stessa fascinazione per il dittatore russo Vladimir Putin.

 

Poi certo, Orbán tende a non sottolineare il fatto che fa affari anche con la Cina che i trumpiani detestano, così come non dice che la sua Ungheria, senza l’Europa, sarebbe povera, isolata, irrilevante: sono dettagli, questi, per Trump il premier ungherese è un leader forte e soprattutto lo elogia e lo rispetta, unico in Europa.

 

Orbán non scherza quando dice che si augura un ritorno dell’ex presidente in America (così come un cambiamento degli equilibri europei a giugno) perché così potrà “portare la pace nella metà orientale dell’Europa”. Non si può dire che ne sia davvero convinto, perché l’asse degli illiberali non si salda sui valori ma sulle opportunità, sulla volontà di mostrare che un’alternativa al modello liberale esiste, anche se l’unico modo per farlo è forzare i gangli della democrazia, abbandonare gli alleati, stabilire corrispondenze con i dittatori.       

Di più su questi argomenti: