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Scenari aperti

Meloni fa da ponte tra l'Ue e Orbán e ha molte carte da giocare

David Carretta

La premier italiana può avere un ruolo chiave nel convincere il presidente ungherese a sbloccare gli aiuti per Kyiv: i due hanno molti punti in comune, in primis il nazionalismo. Ma in caso la strategia fallisse, a Bruxelles si stanno già preparando eventuali piani B e C a ventisei

Bruxelles. Fino a che punto Giorgia Meloni è pronta a spingersi per convincere Viktor Orbán a togliere i suoi veti che paralizzano gli aiuti dell’Unione europea all’Ucraina? A Bruxelles e nelle altre capitali ci si aspetta che il premier italiano intervenga rapidamente, utilizzando le affinità politiche sovraniste con il premier ungherese per spingerlo a sbloccare il pacchetto da 50 miliardi di euro di aiuti finanziari su cui aveva messo il veto al Consiglio europeo di metà dicembre. Secondo Bloomberg, Meloni si è già attivata dietro le quinte. In cambio avrebbe offerto a Orbán l’ingresso del partito Fidesz nel gruppo sovranista dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) dopo le elezioni del 9 giugno per rinnovare il Parlamento europeo. Il tempo stringe. Il vertice straordinario del primo febbraio si avvicina. Senza un accordo entro quella data, ad aprile Kyiv potrebbe trovarsi senza soldi per pagare stipendi e pensioni. Se l’Ungheria manterrà il suo veto, si stanno studiando piani B e C a ventisei. Le trattative vanno avanti su piani paralleli. Lo sherpa del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha incontrato mercoledì quello di Orbán per tentare di trovare un compromesso. L’ungherese ha posto le sue condizioni per trovare un’intesa: i 50 miliardi devono restare fuori dal bilancio comunitario e deve essere garantito a Budapest un veto annuale sullo stanziamento degli aiuti a Kyiv. Il premier di Budapest ha anche chiesto di spostare oltre il 2026 la scadenza di Next Generation Eu. 

“Di fronte a Orbán sarà utile contare su Giorgia Meloni”, spiega al Foglio un ministro coinvolto nelle discussioni, ma che ha chiesto l’anonimato. “Molte cose si fanno in cerchie ristrette prima che nella grande cerchia”, dice il ministro. Le cerchie ristrette sono le riunioni informali tra i leader, le telefonate o le videoconferenze a due o a tre, perfino i messaggi WhatsApp. La grande cerchia è il Consiglio europeo a ventisette. La piccola cerchia a cui si riferisce il ministro è quella tra Meloni, Olaf Scholz ed Emmanuel Macron. La premier italiana “è pienamente coinvolta e, con la sua posizione politica, è un po’ un ponte con Orbán”. Al Consiglio europeo di dicembre, Meloni aveva incontrato l’ungherese appena prima l’inizio del vertice, concordando in anticipo con Scholz e Macron la linea di tenere. Dopo aver minacciato di mettere il veto all’avvio dei negoziati di adesione con l’Ucraina, alla fine Orbán aveva accettato la soluzione proposta da Scholz di uscire dalla sala per non partecipare alla decisione. Non è chiaro quale sia stato il ruolo di Meloni in quell’occasione. Ma il premier ungherese sa di avere bisogno di alleati nell’Ue, al di là del Parlamento europeo.

Le relazioni tra Meloni e Orbán sono buone. I due sono accomunati dagli stessi istinti nazionalisti. Entrambi hanno espresso critiche virulente contro l’Ue, anche se Meloni ha scelto un atteggiamento più pragmatico da quando è salita al potere in Italia. Il presidente del Consiglio italiano ha sempre giustificato le posizioni adottate dal suo omologo ungherese, anche quando ha danneggiato gli interessi dell’Italia. Era accaduto con il veto di Ungheria e Polonia alle conclusioni sulle migrazioni durante il Consiglio europeo dello scorso giugno. “Non sono mai delusa da chi difende gli interessi delle proprie nazioni”, aveva spiegato Meloni all’epoca: “La questione che pongono polacchi e ungheresi non è peregrina, sono i due paesi che si stanno occupando più di profughi ucraini e lo fanno con risorse dell’Ue che non sono sufficienti”. Dopo la cacciata del Partito Legge e Giustizia (PiS) dal governo a Varsavia, Orbán sa di avere bisogno di almeno un alleato di peso dentro il Consiglio europeo. Il premier slovacco, Robert Fico, che Orbán incontrerà la prossima settimana, è un peso piuma. Di fronte alla possibilità remota di essere privato del diritto di voto attraverso la procedura dell’articolo 7 del trattato, Orbán ha bisogno anche di protezione. Meloni ha molte carte da giocare con Orbán per rendersi utile all’Ucraina e aumentare la sua influenza nell’Ue