Il messaggio d'allerta lanciato dal governo di Taiwan per la sonda Einstein - foto Ansa

Confronti

Disinformazione e demografia. Perché il voto di Taiwan ci somiglia

Stefano Pelaggi

Il lancio della sonda-pallone cinese sui cieli dell'isola ha innescato tensioni tra il governo e i cittadini, enfatizzando la retorica coercitiva di Pechino. In un paese con un'età media sempre più alta e dove l'informazione è spesso fumosa, la sicurezza diventa retorica da campagna elettorale

I satelliti e i palloni atmosferici di osservazione terrestre sono tornati al centro dell’attenzione mediatica. L’altro ieri il lancio della sonda cinese Einstein ha provocato molta agitazione nella  campagna elettorale taiwanese. La dichiarazione di Pechino è stata coincisa: la sonda serve a osservare il cosmo nella lunghezza d’onda dei raggi X. Un messaggio diretto alle istituzioni taiwanesi che avevano inviato un alert su tutti i cellulari attivi nel paese, menzionando nella traduzione inglese un “allarme lancio missile”, invece che “satellite”, e il sorvolo di un missile cinese su Taiwan. Le scuse del ministero della Difesa taiwanese non sono bastate a placare la polemica con il Kuomintang, il principale partito di opposizione, che ha criticato l’uso arbitrario di un’allerta governativa. Menzionare una possibile minaccia cinese è di fatto un elemento importante alla vigilia delle elezioni presidenziali taiwanesi

La retorica di Pechino sulla necessità dell’unificazione con Taiwan è diventata onnipresente, ogni comunicazione pubblica cinese sottolinea la necessità di risolvere la questione taiwanese. Fino a pochi anni fa il Partito comunista cinese era convinto di poter sfruttare il sostegno di una parte della società dell’isola per avviare una cooperazione, prima economica e poi politica, tra i due lati dello Stretto. Il minimo comune denominatore della politica taiwanese è invece oggi quello della difesa dello status quo; una condizione ben chiara a Pechino

Nel messaggio del presidente Xi Jinping all’ultimo congresso del Partito comunista cinese non c’erano i consueti riferimenti a un processo di avvicinamento promosso da parte della società taiwanese, mentre la dimensione coercitiva appariva evidente. L’unica alternativa all’opzione militare per Pechino è oggi una massiccia campagna di disinformazione, una dinamica facilitata dalla enorme porosità – sia della società, sia del sistema mediatico – taiwanese. Nell’isola c’è la maggiore concentrazione al mondo di quotidiani, stazioni televisive e radio con più di 2.500 editori registrati. Sette canali televisivi nazionali di informazione che trasmettono notizie 24 ore su 24 – quattro in più degli Stati Uniti e del Regno Unito. Nell’isola sono in funzione 82 furgoni adibiti alla trasmissione satellitare di notizie, i cosiddetti Satellite News Gathering (Sng). Per fare un paragone il Giappone, con una popolazione sei volte superiore a quella taiwanese e un sistema di media tra i più sviluppati nel mondo, ne possiede appena settanta. 

L’informazione a Taiwan è estremamente polarizzata e spesso l’intrattenimento si mescola al giornalismo. La demografia dell’isola è simile a quella italiana, l’età media della popolazione è sempre più alta e le generazioni più anziane sono l’obiettivo delle campagne di disinformazione di Pechino. I più anziani si informano principalmente su Line, una app di messaggistica in cui news e intrattenimento si fondono in maniera impercettibile insieme a emoticon variopinti. Anche le radio sono molto seguite dalla fascia di ultracinquantenni, con oltre duecento stazioni radio che trasmettono sul territorio nazionale, una programmazione talvolta interamente in taiwanese (hokkianese) o hakka e contenuti spesso incentrati sulle news. 

Si tratta di media che, oltre a essere difficili da monitorare per il governo di Taipei, riescono a parlare all’unico segmento della popolazione che nutre sentimenti di vicinanza rispetto alla Repubblica popolare cinese. Ossia al Kuomintang e al suo candidato alla presidenza Hou Yu-ih, che promette di garantire sicurezza e stabilità in contrapposizione alla pericolosa deriva del Partito democratico progressista al potere. L’orientamento della popolazione taiwanese, e di conseguenza gli equilibri di potenza nello Stretto, passano inevitabilmente per l’analisi della semantica. Il messaggio “fare attenzione alla propria sicurezza” inviato a tutti i cellulari dei residenti a Taiwan l’altro ieri può essere considerato un altro tassello della rappresentazione di Taiwan e della sua identità. Sino a questo momento la minaccia cinese era rimasta fuori dalla narrativa politica dei due principali partiti, mentre ora il pericolo di una invasione è palese e ognuna delle parti si presenta come l’unico attore in grado di difendere Taiwan.

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