Il sistema di caricamento di un fucile Lebel - foto Wikipedia  

Dal passato

Parigi rilancia il suo storico fucile Lebel per rifornire l'Ucraina

Jean-Pierre Darnis

Il governo francese ha annunciato una fornitura di 10mila fucili d'assalto per aiutare militarmente Kyiv. Le armi saranno prodotte sotto lo storico marchio, sparito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e creato nel 1820 a Saint-Étienne

Pochi giorni fa, la storica fabbrica francese di armi, Verney-Carron, fondata nel 1820 a Saint-Étienne, ha annunciato la fornitura di oltre  10.000 fucili d’assalto all’esercito ucraino, armi che saranno prodotte sotto il marchio Lebel. Il fucile Lebel ha segnato una pagina della storia francese: è stata l’arma usata dalla fanteria sia nella Prima guerra mondiale sia nella Seconda. Il marchio era sparito dopo la Seconda guerra mondiale, ma poi anche l’intera filière di produzione di armi leggere da guerra si era lentamente estinta fino alla chiusura nel 2002 dell’ultimo stabilimento della fabbrica di armi di Saint-Étienne. Era il 1765 quando sotto il regno di Luigi XV venne creata la reggia manifatturiera di armi, e Saint-Étienne divenne la culla dell’industria militare francese. 

Oggi è rimasto ben poco di questo glorioso passato, fatta eccezione per Verney-Carron che mantiene l’eccellenza nella produzione di armi per la caccia o il tiro sportivo. Il rilancio quindi della produzione di fucili d’assalto in Francia rappresenta una novità non da poco. Da lontano potrebbe essere visto come sinonimo di un sviluppo delle capacità nazionali, nel contesto della guerra in Ucraina in cui l’Europa è tornata ad armarsi.   

La guerra in Ucraina ha certamente segnato un “risveglio” dell’Europa per quanto riguarda le capacità militari, e uno dei punti critici è stato quello delle munizioni. Il ritorno della guerra in Europa ha segnato anche il ritorno di un conflitto ad alta intensità con delle linee di fronte e un massiccio ricorso all’artiglieria. Dalla Guerra fredda in poi gli eserciti europei avevano progressivamente accantonato questa ipotesi per concentrarsi sulle capacità di intervento “fuori aerea”, ovvero in missioni internazionali nei contesti di mantenimento della pace. Le scorte europee non bastavano quindi né a rifornire l’esercito ucraino, né ad assicurare il mantenimento di una riserva strategica in caso di conflitti. Così i vari paesi europei hanno dovuto ripensare alle necessità di approvvigionamento, sia nel contesto della crisi attuale ma anche per fronteggiare l’eventualità di crisi future determinate dall’ostilità della Russia. Questa necessità è stata recepita in Francia, dove è stata rinforzata “l’autonomia strategica europea” già sviluppata dal presidente Emmanuel Macron all’inizio del suo primo mandato. Questa idea di una maggiore autonomia industriale e militare aveva assunto dei contorni un po’ vaghi, suscitando anche aperti dissensi con una Germania favorevole a un approccio di tipo industriale ma molto critica su un distaccamento strategico-militare dell’Europa nei confronti dell’alleato statunitense. 

La guerra in Ucraina ha in qualche modo prodotto un’ulteriore evoluzione, confermando il ruolo militare centrale svolto dagli Stati Uniti per sostenere militarmente Kyiv, ma facendo anche vedere la lentezza e le difficoltà con le quali i vari paesi europei hanno risposto alle richieste di forniture di armi. Le due tendenze ormai non sembrano più così diverse, anche perché rimane sul tavolo l’ipotesi di una diminuzione del sostegno americano dovuta sia alla priorità data al conflitto israelo-palestinese, sia all’irrigidimento del Partito repubblicano sugli aiuti all’Ucraina. In questo frangente la Francia prosegue le proprie forniture a Kyiv  rivedendo anche la sua propria strategia. Per quanto riguarda la fornitura di munizioni e di armi leggere, Parigi ha messo in atto una pratica articolata del proprio concetto di autonomia strategica. Se l’obiettivo rimane assolutamente coerente con gli interessi nazionali francesi, i mezzi  vanno però intesi al di là delle proprie frontiere e senza per forza ricorrere a una produzione nazionale. 

La Francia oggi compra munizioni alla FN Herstal belga, piccole armi all’italiana Beretta, fucili d’assalto alla tedesca Heckler & Koch e  ulteriori forniture alle aziende della Repubblica Ceca o del Brasile. In particolare i rapporti  con il Belgio sono molto interessanti: mentre il Belgio compra veicoli blindati di tipo Griffon alla Francia, la Francia ha  contratti di forniture di munizioni con la FN Herstal  aggiungendosi  a un enorme contratto di un valore superiore a un miliardo di euro stipulato fra l’azienda e il ministero della difesa del Belgio. Anche la scelta di affidare alla Heckler & Koch il mercato di rinnovo dei fucili d’assalto per le Forze francesi fa parte di questa  visione di allargamento aii principali partner europei

L’analisi fatta a Parigi è che questi fornitori siano assolutamente affidabili sia in termini di continuità di produzione sia di disponibilità ulteriori e che sia meglio privilegiare la ricerca della migliore offerta nel contesto europeo piuttosto che mantenere una stretta visione legata alle frontiere nazionali come recinto di produzione. Il rilancio dell’esportazione dei fucili Lebel rappresenta un’ottima operazione che mira a mostrare il sostegno del governo francese per il tessuto industriale nazionale e l’impiego locale ma anche un segnale di mobilitazione per l’Ucraina. L’unica pecca è che questi fucili risultino prodotti sotto licenza americana – un punto che ne sminuisce l’importanza. Dietro questa operazione c’è una visione pragmatica del governo francese, che si serve  dell’importanza simbolica del rilancio di un marchio senza esagerare, tenendo a mente che ormai interesse nazionale e capacità europee vanno di pari passo. Durante la Prima guerra mondiale, i fucili Lebel vennero giudicati nettamente inferiori ai loro rivali tedeschi Mauser. A volte è meglio non disturbare troppo certi ricordi del passato.

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