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distopie

L'Onu invita l'Iran a tenere una lezione sui diritti umani. Un mondo capovolto

Giulio Meotti

Mentre il regime vietava ai genitori di Mahsa Amini di andare a Bruxelles a ritirare il Premio Sakharov, il ministro degli Esteri iraniano presentava a Ginevra le sue raccomandazioni per il rispetto dei diritti umani. Peccato che solo dall'inizio dell'anno siano state giustiziate più di 600 persone dalla Repubblica islamica

Mentre l’Iran vietava ai genitori di Mahsa Amini di andare a Bruxelles a ritirare il Premio Sakharov, il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir Abdollahian, era accolto alla messa laica e solenne in occasione del 75esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, a Ginevra. Al Palazzo delle Nazioni, storica sede della Società delle Nazioni fino al 1946, Abdollahian ha avuto modo di presentare le sue “raccomandazioni  per affrontare la triplice crisi planetaria attraverso il prisma dei diritti umani e misure volte a garantire il rispetto di questi diritti”. Quella Repubblica islamica che ha giustiziato più di 600 persone dall’inizio dell’anno. “L’unico posto per un funzionario iraniano in un simile incontro dovrebbe essere sul banco degli imputati”, ha detto Mahmoud Amiry-Moghaddam, direttore della Iran Human Rights, con sede a Oslo.

 


“Da gennaio sono state giustiziate almeno due persone al giorno, una cifra che è aumentata a tre al giorno negli ultimi due mesi” ha detto Amiry-Moghaddam, direttore della Iran Human Rights. “Da settembre 2022 sono stati uccisi più di 530 manifestanti e almeno 123 persone, comprese le donne, hanno riportato ferite al viso”.  Inizialmente, la delegazione iraniana a Ginevra doveva essere guidata dal presidente, Ebrahim Raïsi. La presenza del giudice accusato di aver avuto un ruolo di primo piano nell’esecuzione di migliaia di prigionieri politici nel 1988, era stata confermata al Forum  sui rifugiati organizzato a Ginevra dall’Alto Commissariato per i rifugiati (UNHCR). Ma la presentazione  in Svizzera di una denuncia per “crimine contro l’umanità” da parte di tre ex prigionieri iraniani che chiedevano l’arresto e l’incriminazione di  Raïsi ha dissuaso il capo dell’esecutivo iraniano dall’intraprendere il viaggio. Le Nazioni Unite sono già sotto accusa per aver affidato alla Repubblica Islamica  la presidenza  del Forum Sociale del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. 

 

Intanto Mohammad Mahallati è stato licenziato dall’Oberon College, un college ultra liberal nell’Ohio, accusato di aver aggredito gli studenti ebrei e aver difeso Hamas durante le lezioni. La vera domanda è come sia possibile che avessero assunto l’ambasciatore dell’Iran presso le Nazioni Unite alla fine degli anni ‘80, accusato di aver coperto il massacro di oppositori incarcerati da parte del regime nel 1988. Mahallati ha anche difeso la fatwa del 1989 che chiedeva la morte di Salman Rushdie per i “Versetti Satanici”. Gli ayatollah hanno intanto il loro posto alla tavola dell’Onu al fianco di Belgio, Canada, Francia, Danimarca, Norvegia, Svezia, Irlanda e Svizzera, i paesi europei che hanno votato a favore di una risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza che non nomina neanche Hamas (Germania, Italia, Regno Unito, Ungheria, Olanda e Romania astenuti,  Austria, Repubblica ceca e Stati Uniti contrari). 

 

L’americana Eleanor Roosevelt, il francese René Cassin, il cinese Peng-Chun Chang e il libanese Charles Malik sono i “padri” della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Malik, filosofo greco-ortodosso, seguì l’intero iter di preparazione di quello storico documento, come estensore e relatore. Ora il figlio, Habib Malik, professore di Storia, dice a Le Temps: “L’occidente è impegnato in una guerra culturale interna che mette in discussione i valori su cui si era costruito fino ad ora. L’occidente sembra dimenticare la propria eredità e questo nichilismo ha delle conseguenze”.  Fra queste, vedere i mandanti del pogrom del 7 ottobre in Israele tenere una lezione sui diritti umani. Intanto, scrive Time, “i passi avanti compiuti dall’Iran nel suo programma nucleare negli ultimi anni sono passati inosservati. Oggi Teheran possiede abbastanza uranio arricchito per produrre un’arma nucleare in soli 12 giorni, secondo i dati raccolti dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. L’Iran è  uno stato a soglia nucleare date le sue scorte di uranio, con livelli di arricchimento  fino all’84 per cento. Il 90 per cento è la piena capacità di breakout. Avrebbe i mezzi necessari per un potenziale attacco con la capacità di raggiungere Tel Aviv e Haifa”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.