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L'intervento

Cosa significa essere una studentessa ebrea alla NYU. La testimonianza di Bella Ingber

Dal 7 ottobre, l’antisemitismo inconfondibile che ho sperimentato nel campus mi ricorda l’odio contro gli ebrei di cui mi hanno parlato i miei nonni, sopravvissuti all’Olocausto, che sperimentarono in prima persona il silenzio atroce dei loro vicini di casa in Polonia e in Germania quando i nazisti andarono al potere

Pubblichiamo la trascrizione del discorso che ha tenuto una studentessa della New York University al Campidoglio americano, martedì 5 dicembre.


Mi chiamo Bella Ingber, sono una studentessa della New York University e vorrei rispondere alla seguente domanda sulla base della mia esperienza personale: com’è essere uno studente ebreo alla New York University? Essere uno studente ebreo alla New York University significa andare a lezione e passare davanti a volantini con i volti di ostaggi innocenti di Hamas cancellati o stracciati o con la scritta “occupanti” o “assassini”; significa andare in biblioteca per studiare ed essere interrotti da proteste non autorizzate in cui altri studenti o interi dipartimenti chiedono una Intifada rivoluzionaria globalizzata, incitamenti alla violenza contro gli ebrei da tutte le parti e appelli per l’annichilimento dello stato ebraico, dei miei amici e delle loro famiglie che ci vivono. Essere uno studente ebreo alla New York University significa essere circondati da studenti e dipartimenti che sostengono l’uccisione e il rapimento degli ebrei perché alla fine, come dicono loro, “la resistenza è giustificata dall’occupazione”; significa essere circondati da combattenti per la “giustizia sociale” e sedicenti femministe la cui richiesta e ricerca di giustizia finisce quando a essere attaccati sono ebrei o donne ebree. Essere uno studente ebreo alla New York University significa essere fisicamente assaliti nella libreria dell’ateneo da un altro studente perché indossavo una bandierina americana e israeliana – e questo studente continua a girare liberamente per il campus. Essere uno studente ebreo alla New York University significa sperimentare che la diversity, l’equità e l’inclusione non sono valori che la New York University applica agli studenti ebrei. 

 

Dal 7 ottobre, l’antisemitismo inconfondibile che ho sperimentato nel campus mi ricorda l’odio contro gli ebrei di cui mi hanno parlato i miei nonni, sopravvissuti all’Olocausto, che sperimentarono in prima persona il silenzio atroce dei loro vicini di casa in Polonia e in Germania quando i nazisti andarono al potere. Mentre la retorica e le azioni antisemite diventavano sempre più accettabili, i negozi della loro comunità furono saccheggiati, le sinagoghe violate e alla fine le loro famiglie furono prese e deportate nei campi di concentramento. Oggi, nel 2023, alla New York University sento appelli che chiedono di gasare gli ebrei e persone che mi dicono che Hitler aveva ragione. All’amministrazione della New York University dico: non siete liberi di far rispettare le regole in modo selettivo; non siete liberi di rifiutare agli studenti ebrei la stessa protezione che garantite a tutti gli altri. La New York University ha adottato la definizione internazionale di antisemitismo data dalla Associazione per la memoria dell’Olocausto, una definizione che riconosce che gli appelli per colpire gli ebrei in nome di una ideologia radicale, che gli appelli per sradicare lo stato di Israele e per negare il diritto all’autodeterminazione degli ebrei nella terra dei loro antenati sono antisemitismo, cioè azioni punibili dal codice di condotta della stessa New York University. 

Sono orgogliosa di essere ebrea e sono orgogliosa di essere sionista, sono la nipote di sopravvissuti all’Olocausto: non andremo da nessuna parte. L’antisemitismo e il sostegno al terrorismo non devono trovare casa alla New York University e in nessun altro college. Abbiamo promesso: mai più. E mai più è adesso. 

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