Tra lusso e nomenclatura

La dolce vita dei terroristi

Giulio Meotti

Hamas e Hezbollah hanno imparato dagli ipocriti mullah iraniani: hotel costosi e macchine di lusso mentre a Gaza cadono le bombe

Sui social, sotto l’hashtag “Farzandet Kudschast” (dov’è tuo figlio?), gli iraniani manifestano la loro rabbia perché i capi della Rivoluzione islamica mandano i loro figli nelle migliori università occidentali. E poi tutti a tuonare contro il “decadente” Satana occidentale. Vale anche per i russi. Ekaterina, la figlia del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, quando il padre era ambasciatore presso le Nazioni Unite frequentava la Dwight School di New York. Poi scienze politiche alla Columbia University ed economia alla London School of Economics. Elizaveta Peskova, figlia del portavoce di Putin Dmitry Peskov, è cresciuta in Francia. Un’altra figlia di Peskov, Nadya, è cittadina americana. Uno dei figli di Peskov, Nikolay, invece ha scelto Londra. Alle figlie di Sergei Zheleznyak che guida il partito di Putin, Russia Unita, piace studiare in Svizzera. Alexandra, figlia del deputato Piotr Tolstoy, vicino a Putin, è stata ammessa alla Yale University. Petr, figlio di Alexander Zhukov, vicepresidente del Parlamento russo, ha studiato a Londra. Lyubov, figlia del vice primo ministro Alexander Khloponin, ha studiato alla London School of Economics. Anche Alexander, figlio dell’ex ministro dell’Istruzione e della Scienza Andrei Fursenko, ora vive negli Stati Uniti. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova si è sposata a New York.

Mentre la gente a Gaza langue nella povertà e viene trattata come scudi umani, i leader di Hamas si godono la vita nei piccoli potentati arabi. I tre principali leader del gruppo terroristico vivono nel lusso del santuario qatariota all’ombra di una grande base americana. Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, da una fattura risulta che ha speso 26 mila euro per un breve soggiorno in un hotel termale di Doha. Per l’iftar di aprile, Haniyeh ha invitato trenta diplomatici dei paesi arabi, della Russia e della Cina a rompere il digiuno. Erano rappresentati anche i talebani. “Hanno messo i loro figli in scuole private, le loro famiglie in ville di lusso sulla costa turca e quando vanno a mangiare è nei posti più eleganti, dove puoi pagare fino a duecento dollari a piatto”, ha detto Souheib Youssef, il figlio di un membro di Hamas che ha lavorato per i servizi segreti israeliani e ha abiurato la famiglia.

Doha, con i suoi hotel a cinque stelle, negozi lussuosi, strutture artistiche e via vai internazionale, offre uno stile di vita ai capi di Hamas molto lontano dalla realtà di Gaza. “Uscite dal vostro albergo in Qatar e venite a combattere a Gaza”, ha scritto l’editorialista egiziano Jaled Mashal. “Dove è lo spirito eroico? Uscite dagli alberghi a Doha dove tanto avete goduto e scendete nel campo di battaglia a lottare contro il nemico sionista che uccide i frutti dei nostri alberi… Non moriremo di fame mentre voi assaggiate le delizie dei tavoli di Doha”.

Haniyeh è stato fotografato con i suoi due figli, Maaz e Abdel Salam, negli hotel di lusso in Qatar e Turchia. Maaz Haniyeh è conosciuto a Gaza come “il padre del settore immobiliare” per la sua collezione di ville. Stile di vita da playboy, molto alcool e quest’anno ha ottenuto un passaporto turco.

I vertici di Hamas hanno costruito un impero finanziario al di fuori della Striscia di Gaza il cui valore totale è di 600 milioni di euro, secondo i documenti sui beni di Hamas ottenuti dalla Welt. Il portafoglio segreto del terrorismo comprende tra le 30 e le 40 aziende che operano principalmente nel settore edile e immobiliare. Queste società controllate da Hamas si trovano in Turchia, Qatar, Algeria, Emirati Arabi Uniti e Sudan. “Questa è la rete di sicurezza d’oro per la leadership di Hamas e le loro famiglie” scrive la Welt. “Nemmeno un centesimo è andato a Gaza”. La leadership di Hamas ha accesso a dozzine di conti presso banche turche come Türkiye Finans, Albaraka, Kuveyt Türk, Vakif Katilim e la banca statale Ziraat Katilim.   

I figli dei capi di Hamas vivono in ville di lusso con oro, stucchi, marmi e piscine, sfoggiano le loro Mercedes nei video su TikTok e si fanno vedere davanti a ricchi buffet in ristoranti chic - ovviamente solo nell’ala maschile! Le donne vengono confinate nella “zona famiglia”. A Maaz, piace farsi vedere con belle donne non sposate, in spregio alle leggi islamiche. Il fratello Abdel Salam è caduto in disgrazia perché avrebbe dirottato denaro come rappresentante del “Consiglio della Shura” di Hamas. Per la verità su questo laici e religiosi palestinesi non hanno molte differenze: chiedere a Mahmoud Dahlan e alla vedova Arafat.

E poi non tutti hanno la stoffa per finire come Nizar Rayan, che non era soltanto un leader terrorista di Hamas, ma l’autore di oltre dieci libri sui primordi dell’islam. Dalle macerie a Jabaliya sono stati estratti il suo cadavere, quello di una moglie e di tre figli. Sono rimasti in casa anche dopo che gli israeliani li avevano avvertiti del raid. Rayan aveva inviato un figlio in missione suicida contro una colonia ebraica a nord di Gaza. La famiglia del finanziere di Hezbollah Mohammed Ja’far Qasir  trascorre poco tempo in Libano: moglie e figlie preferiscono l’Europa. Una di loro ha pubblicato una foto sui social con una borsa di Valentino del valore di dieci volte il reddito medio in Libano. Forse era contraffatta. Mustaf Badreddine era uno dei principali strateghi militari di Hezbollah, ha prestato servizio nel “Consiglio della Jihad” che pianifica le operazioni  ed è stato uno dei comandanti dell’operazione di Hezbollah in Siria. Viveva in riva al mare in Libano con la moglie,  yacht e  Mercedes. E lunghe notti al Casino du Liban. Il “playboy piromane” era coinvolto anche nell’attacco alla base  americana di Beirut nel 1983, in cui morirono 241 soldati americani.

Ad agosto, le Guardie della rivoluzione hanno circondato il villaggio di Agh-Darreh a Takab, dopo che erano scoppiati scontri tra le forze di sicurezza e i residenti che protestavano per la mancanza di opportunità di lavoro in una miniera d’oro. Takab è la città più vicina a due delle più grandi miniere d’oro dell’Iran, vale a dire Agh-Darreh e Zarshouran, che rappresentano il 40 per cento della produzione totale di oro dell’Iran. Eppure, la città è tra le più povere dell’Iran. La miniera è di proprietà della compagnia mineraria Pouya Zarkan, uno dei più grandi cartelli minerari del paese, fondato da membri del regime Ali Kolahdouz Esfahani e Majid Ahmadi-Niri che hanno guadagnato milioni dall’oro mentre la gente del posto continua a vivere al di sotto della soglia di povertà. Kolahdouz, che era un deputato del Ministero delle industrie e delle miniere sotto l’allora presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, avrebbe trasferito i diritti di sfruttamento della miniera a una società di comodo canadese. I nuovi azionisti sono società appartenenti alle famiglie Ahmadi-Niri e Kolahdouz. Gli attuali proprietari della miniera, che produce una tonnellata d’oro all’anno, sono membri delle due famiglie che risiedono in Canada, compreso lo stesso Ali Kolahdouz. I figli, Mohammad Amin e Mahdiar, sono famosi per la collezione di auto di lusso.

Hamas e Hezbollah hanno imparato, infatti, dai loro padrini, gli ayatollah iraniani. “L’Iran mi sembra un enorme villaggio Potemkin, una facciata con persone al vertice che festeggiano e persone al di sotto che lottano”, si leggeva in un cablogramma dell’ambasciata americana a Teheran alla fine degli anni ‘70. Non è cambiato molto da quando il turbante ha sostituito la corona nel 1979, tranne che ora la festa è a porte chiuse e la ricchezza viene mostrata sui social.

Il gruppo specifico in questione è noto come “aghazadeh”, figli dell’élite, che vivono generosamente a Teheran e all’estero. Prima che esistessero i social, la ricchezza degli aghazadeh era conosciuta attraverso  il passaparola: l’avvistamento di un’auto di lusso o uno dei tanti opulenti grattacieli nel nord di Teheran. Già alla fine degli anni ‘90, Fatimeh Hashemi, figlia dell’allora presidente  Rafsanjani, è stata fotografata con abiti Chanel sotto il chador. Il figlio dell’ex vicepresidente Aliabadi ama le macchine di lusso. Il nipote di Khomeini guida una Bmw. Atefeh Eshraghi, pronipote di Khomeini che vive nel Regno Unito, ama le borse di Dolce e Gabbana. “La famiglia del ‘leader dei poveri del mondo’ – pronipote di Khomeini con una borsa di 3,800 dollari”, scrivono sui social i suoi critici. Più di 4,000 “aghazadeh” (i figli dei ricchi funzionari del regime iraniano) stanno studiando nel Regno Unito. L’impero finanziario del leader supremo, Ali Khamenei, vale  95 miliardi di dollari. Secondo Reuters, Khamenei, il figlio Mojtaba e altri membri della famiglia hanno portato il denaro in banche estere, dalla Svizzera agli Emirati. L’economista iraniano Manouchehr Farahbakhsh, che vive a Londra, ha detto che “da semplici agricoltori prima della rivoluzione islamica sono diventati miliardari”. La ricchezza di Mojtaba, secondogenito di Khamenei, è stimata in tre miliardi di dollari. Il terzo figlio di Khamenei, Seyyed Masoud, responsabile della gestione di molte delle istituzioni  redditizie della Guida suprema, ha accumulato più di 400 milioni. Il figlio minore di Khamenei, Maitham, ha sposato la figlia di uno dei più famosi commercianti iraniani. La figlia maggiore di Khamenei, Bushra, ha sposato il figlio del direttore dell’ufficio del padre, Mohammed Jelbaidjani. L’altra figlia di Khamenei, Hoda, ha uno spiccato interesse per gli abiti firmati e possiede un salone di bellezza. Un nipote di Khamenei, Hassan, ha la responsabilità delle trasmissioni televisive statali. Rasoul Tolouei, figlio di un generale delle Guardie rivoluzionarie, è stato fotografato a una festa sontuosa per la figlia di due anni. Un religioso conservatore con un ampio seguito su Instagram ha pubblicato una fotografia del generale insieme al figlio in posa con una tigre e alla guida di una Cadillac.

Niente hijab e martirio, ma weekend di snowboard, feste in piscina e drink: per loro tutto è possibile, anche in Iran. Il figlio di un diplomatico, Sasha Sobhani, su Instagram posta immagini del suo stile di vita “decadente” in occidente. Sobhani ha una pagina Instagram con foto  con donne in bikini a Dubai e nelle isole greche, su uno yacht in Turchia e nella business class su un aereo. Prende in giro gli iraniani meno fortunati: “Le persone che non hanno lavorato per essere ricche come me sono solo gelose”. Sobhani in un hotel di Düsseldorf ha posato per un video su Instagram con tre ragazze in biancheria intima.
Mahmoud Bahmani, ex governatore della Banca centrale iraniana, si è unito alla critica, dicendo che oltre cinquemila “bambini ricchi” del regime vivono al di fuori dell’Iran e che “assieme hanno 148 miliardi nei conti bancari”, più delle riserve di valuta estera del paese.

Nel 2019 Hamas ha represso a Gaza le più grandi manifestazioni nei suoi dodici anni di dittatura, con migliaia di palestinesi che scesero in piazza per protestare contro le condizioni di vita. Simbolo della protesta una donna, ripresa in un video diventato virale: “I figli dei leader di Hamas hanno case e jeep, mentre la gente comune non ha niente”.

Hamas ha speso 120 milioni di dollari in armi e tunnel dal 2014. Avrebbe potuto costruirci 1.500 case, 24 mila letti di ospedale, sei cliniche mediche e tre impianti per l’acqua. Anziché i tunnel, i palestinesi avrebbero potuto scavare pozzi per cercare l’acqua. E anziché usare l’elettricità per fabbricare i missili, avrebbero potuto usarla per costruirci un impianto di desalinizzazione. Col Piano Marshall, l’America distribuì sessanta miliardi di dollari (rapportati al cambio attuale) all’Europa. Secondo la Banca Mondiale, dal 1994 a oggi i palestinesi hanno ricevuto 31 miliardi di dollari in aiuti. Soldi finiti nella guerra a Israele e nelle tasche del Politburo islamico che se la spassa nelle suite del Golfo. Quando vedremo articoli di giornale, piazze europee e flotille contro “l’occupazione di Hamas” sarà un giorno epocale.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.