Foto LaPresse, migranti siriani a Monaco di Baviera nel 2015 

Le nuove vie di Scholz sull'immigrazione

Daniel Mosseri

La Germania resta la meta preferita di tanti migranti. Ma il paese in calo demografico ha bisogno di lavoratori qualificati. L’integrazione dei profughi è invece un processo molto più lungo e dispendioso. Ecco perché il governo cerca di chiudere i rubinetti. Domani l'incontro con Erdogan, sulla scia dell'accordo Italia-Albania

Berlino. Per la maggioranza si è trattato di “un buon compromesso”, Molto più critica, invece, la sezione giovanile dei Verdi secondo cui è stata presa “una decisione disumana”. Il nodo del contendere sono i richiedenti asilo (220 mila le domande ricevute nel 2023 ma ce ne sarebbero altre 250 mila in attesa di essere registrate) che in mesi recenti ha messo in difficoltà gli enti locali: una settimana fa Länder e Comuni hanno battuto cassa allo stato centrale. Le parti hanno trovato un accordo economico: per ogni richiedente asilo accolto, lo stato verserà 7.500 euro forfettarie all’ente di riferimento – meno di quanto chiesto (10.500 euro) e più di quanto inizialmente offerto (5.000 euro). Il governo ha però anche dato un giro di vite alla politica dell’accoglienza.

 

Sia chiaro: forte oggi di 1,57 milioni di profughi (al netto degli ucraini) la Germania resta la meta preferita di tanti che dal sud del mondo rifuggono regimi totalitari, razzisti, integralisti e omofobi. Persone che sperano di integrarsi nel tessuto economico tedesco. Ma la macchina produttiva di un paese in calo demografico non ha bisogno di diseredati afghani, siriani e iracheni quanto di ingegneri e informatici indiani o del Golfo Persico. Lavoratori qualificati che padroneggino l’inglese e possano, se lo desiderano, imparare il tedesco dopo l’orario di lavoro. L’integrazione dei profughi è invece un processo molto più lungo e dispendioso: e per ogni Ryyan Alshebl che ce l’ha fatta – il rifugiato siriano eletto sindaco di Ostelsheim, in Baden-Wurttemberg – ci sono migliaia di profughi che hanno bisogno di tutto, a cominciare dal corso di lingua. Ecco perché il governo sta cercando di chiudere il rubinetto alla fonte.

  

 Si comincia dalle procedure amministrative: l’Agenzia federale per la migrazione e i rifugiati (Bamf) dovrà lavorare – e respingere – le richieste d’asilo più in fretta, tanto più se presentate da cittadini di paesi non considerati cimiteri dei diritti umani ma economicamente in difficoltà. La richiesta e l’eventuale ricorso, chiede il governo Scholz, dovranno essere evasi nel giro di tre mesi contro i sei, sette mesi necessari oggi prima ancora dell’appello in tribunale.

Per rendere il paese meno attraente lo si fa anche meno generoso: se oggi gli asilanti ricevono prestazioni sociali ridotte per i primi 18 mesi dall’arrivo in Germania, dal 2024 ci vorranno tre anni prima di ottenere pieno accesso al welfare.

Altri risparmi sono previsti detraendo dall’assegno dei rifugiati i benefit come il vitto negli alloggi statali, una misura secondo il ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, capace di portare a minori esborsi per un miliardo di euro.

E ancora, basta versamenti in contanti: Bund e Länder pensano a un sistema di carte prepagate da fornire ai profughi. La misura impedirebbe loro di trasferire soldi nel paese d’origine, il che incentiverebbe altri a puntare sulla Germania. 

 

Il capo dell’opposizione e leader della Cdu, Friedrich Merz, ha parlato di “un passo in avanti” svelando il gioco del governo. Prima ancora che finanziaria e logistica, la questione dell’accoglienza è politica: la maggioranza è stretta fra le pressioni della Cdu e i proclami antistranieri tanto della destra estrema, AfD, quanto della nuova sinistra nazionalista animata dall’ex leader della Linke, Sahra Wagenknecht.

 

Per riuscire a ridurre in maniera consistente il numero degli asilanti accolti, il cancelliere socialdemocratico si prepara a giocare anche una carta che fa molto Giorgia Meloni: così Scholz ha dato mandato ai legali del governo di capire “se la determinazione dello status di protezione dei rifugiati nel rispetto della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e della Convenzione europea sui diritti umani potrebbe avvenire in futuro anche nei paesi di transito o in paesi terzi”. Giorgia ha puntato sull’Albania. Olaf invece riceverà domani il controverso leader turco Recep Tayyip Erdogan per assicurarsi che, fra un proclama antisraeliano e un’uscita pro Hamas, si tenga strette le centinaia di migliaia di rifugiati siriani ospiti del suo paese.

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