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nulla di fatto

Blinken va ad Ankara a parlare del dopo Hamas. Erdogan lo snobba

Mariano Giustino

Il segretario di stato americano ha incontrato il ministro degli Esteri Hakan Fidan, mentre il presidente turco, che appoggia Hamas, non ha partecipato al vertice. I difficili rapporti tra Stati Uniti e Turchia e un incontro che non ha prodotto risultati

Ankara. Blinken ha incontrato lunedì mattina il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, ma è stato snobbato dal presidente Erdoğan che, appena poche ore prima dello sbarco ad Ankara del segretario di stato americano, aveva detto che “era dovere della Turchia, in quanto sostenitrice di uno stato palestinese indipendente, fermare immediatamente i crimini contro la popolazione di Gaza”. Blinken, nel suo tour in medio oriente e Asia, ha puntato al ritorno ad una retorica pacata verso Israele per scongiurare un’estensione del conflitto e per prefigurare uno scenario credibile post Hamas a Gaza e ha inserito anche la Turchia nel suo percorso.

Mentre si svolgeva il colloquio tra i due massimi diplomatici il presidente turco ha evitato di incontrare il capo della diplomazia di Washington e si è messo in viaggio verso il remoto nordest della Turchia.  Ankara chiede un cessate il fuoco incondizionato e la creazione di un meccanismo di monitoraggio internazionale e si è offerta come paese garante nell’avvio di un nuovo processo per la soluzione a due stati. Ma la missione principale di Blinken ad Ankara era quella di preparare il terreno per il post Hamas e far rientrare in gioco, a Gaza e in Cisgiordania, l’Autorità nazionale palestinese dell’anziano leader Abu Mazen, magari per un ritorno al formato del 1994 e del 1995 degli accordi di Oslo 2. Non era venuto per un “cessate il fuoco” e, tanto meno, per sostenere la proposta turca di paese garante, dal momento che il presidente ha confermato il suo sostegno convinto ad Hamas. Ankara sapeva tutto questo ed ecco il perché della fredda accoglienza.  Al termine dell’incontro, durato più di due ore, non è stato rilasciato alcun comunicato alla stampa. Era la prima visita di Blinken da quando Israele è entrato in guerra contro Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre. Visita, la sua, che sembra essersi conclusa con un nulla di fatto non essendo riuscito nemmeno a placare la rabbia contro Israele di uno degli alleati più strategici, ma complicati di Washington. Rabbia che in queste ore ribolle nelle strade della Turchia e nello stesso palazzo del presidente Erdoğan che lo spinge a pronunciare parole di fuoco contro Israele.

 

Domenica, mentre Blinken atterrava all’aeroporto Esenboga della capitale turca, la polizia era costretta a utilizzare gas lacrimogeni e idranti per disperdere centinaia di manifestanti che, infuriati, tentavano l’assalto ai cancelli della base aerea di Inçirlik che ospita le forze americane nel sudest della Turchia. Base strategica per gli Stati Uniti anche perché è a poco più di 200 chilometri dal confine siriano e ospita oltre cinquanta testate nucleari.  Washington è ansiosa di vedere il Parlamento turco ratificare finalmente l’adesione della Svezia alla Nato. Ma Blinken non è venuto ad Ankara per questo, Washington vuol far capire al leader turco che il suo braccio di ferro sull’adesione della Svezia è ormai un’arma di ricatto spuntata nelle sue mani e che invece ora per ottenere il via libera da parte del Congresso alla vendita degli F-16, dovrà porre fine al sostegno fornito dal governo turco all’organizzazione terroristica palestinese Hamas.  Ma appare molto improbabile che Erdogan possa prendere questa decisione dati gli stretti legami esistenti, anche personali, con Hamas.  

 

La Turchia è dal 2011 un sostenitore materiale di questa organizzazione che si basa sul rapporto diretto del presidente per motivi ideologici. Ankara ha accolto i suoi massimi leader e ha rilasciato loro i passaporti e consentito l’apertura di sedi, in particolare a Istanbul e ha offerto supporto militare e finanziario. I leader di Hamas, Saleh al Arouri e Ismail Haniyeh da oltre dieci anni hanno fatto la spola tra Turchia, Qatar e Iran. In sostanza Blinken è venuto a tastare il terreno per comprendere se il leader turco è disposto a offrire anche il suo peso per facilitare il riconoscimento di al Fatah a Gaza come rappresentate dei palestinesi, in un negoziato dopo Hamas. Erdogan da anni stava lavorando a una riappacificazione delle due maggiori componenti palestinesi, Hamas e al Fatah, ma gli attacchi terroristici del 7 ottobre rendono ora impossibile questo riavvicinamento. Intanto Ankara sta “lavorando dietro le quinte” con gli alleati regionali per garantire un flusso ininterrotto di aiuti umanitari a Gaza. E questa potrebbe essere l’unica rassicurazione portata a casa da Blinken.

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