Cosa accadrà dentro Gaza City adesso che l'esercito israeliano l'ha circondata

Micol Flammini

Aumenteranno le imboscate, le morti tra i soldati sono arrivate a 18. Domani arriverà in Israele Antony Blinken e oltre a parlare di pausa umanitaria si presenterà con un messaggio importante: bisogna già iniziare a pensare al dopo Hamas, affinché non torni mai più 

L’esercito israeliano ha circondato Gaza City e da questo momento la battaglia  potrebbe cambiare. Inizieranno combattimenti casa per casa, strada per strada, la possibilità di imboscate da parte dei terroristi di Hamas crescerà. Finora sono morti diciotto soldati, tra quelli entrati nella Striscia, fra loro c’era anche il comandante Slaman Habaka, druso, era stato tra i primi a correre verso i kibbutz attaccati il 7 ottobre. Si muoveva dentro a un carro armato e aveva raccontato che per la prima volta nella sua vita si era reso conto che il rumore dei cingolati in avvicinamento dava un senso di sicurezza alle persone che avevano visto il massacro, erano rimaste chiuse, impaurite nei rifugi, avevano visto la violenza, l’avevano subita come mai la loro mente avrebbe potuto immaginarla. Era assurdo che un carro armato in arrivo non facesse paura. Habaka è stato ucciso a nord di Gaza mentre comandava il suo battaglione, durante un’imboscata. Queste imboscate sono destinate ad aumentare e non si sa quanti siano i tunnel che l’esercito ha scovato finora. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito che il prezzo sarà alto, ma Israele non si fermerà perché l’obiettivo è sradicare Hamas, l’obiettivo è non avere più un altro 7 ottobre. Hamas quella giornata di odio e massacro invece è intenzionata a ripeterla, l’ha detto il suo portavoce Ghazi Hamad, un tempo figura di riferimento per i negoziati. Domani arriverà in Israele Antony Blinken, sarà la seconda visita da quando è iniziata la guerra e non ha nascosto la sua intenzione di insistere per una pausa umanitaria: per gli Stati Uniti le pause non impediranno a Israele di difendersi, non ostacoleranno il piano di sradicare Hamas, ma serviranno agli oltre duecento  ostaggi e  a facilitare le evacuazioni da Gaza e i rifornimenti per la popolazione che si concentra nel sud della Striscia.

 

C’è un altro messaggio che l’Amministrazione americana vuole portare in Israele,  e ne ha discusso Blinken durante la prima tappa del suo viaggio che è stata in Arabia Saudita: è importante iniziare a pensare al dopo, non ci si può far trovare impreparati, con un territorio da ricostruire, con due popoli traumatizzati che devono provare a convivere. Secondo diversi analisti è questo uno dei limiti dell’operazione di Israele: aver mandato l’esercito, aver pensato alla necessità condivisa di eliminare Hamas, ma non  avere pronto un piano per  non far tornare mai più Hamas in una  popolazione della Striscia che ha subìto  propaganda martellante, ha subìto e subisce bombardamenti con  una forza mai sentita prima, si sente stretta in un territorio di trecentosessantacinque chilometri quadrati che soltanto mercoledì è stato aperto a singhiozzo al valico di Rafah. Incrementare le aperture, renderle regolari, è il primo obiettivo di Blinken. Fu durante la visita di Joe Biden che gli Stati Uniti hanno convinto Israele a lavorare su un accordo che consentisse il passaggio degli aiuti umanitari. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.