◉ I PRINCIPALI FATTI DI OGGI

Il valico di Rafah riapre per la prima evacuazione. Quattro italiani lasciano la Striscia

Redazione e Priscilla Ruggiero

Gaza senza comunicazioni. Fatah: oggi la "giornata della rabbia". Israele invia navi da guerra nel Mar Rosso in risposta alla minaccia Houti dallo Yemen. Bolivia, Cile e Colombia richiamano i loro ambasciatori da Israele in segno di protesta

Il rullo del Foglio: tutto quello che è utile sapere – e niente di più – per capire cosa succede dopo l'attacco di Hamas a Israele


Quattro italiani lasciano la Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah. Tajani: "Lavoriano per gli altri connazionali"

Quatto italiani localizzati presso la base Unrwa a Rafah hanno attraversato il valico e sono ora in Egitto, assistiti da personale dell'Ambasciata d'Italia al Cairo. Si tratta di quattro volontari di Ong internazionali, uno dei quali con moglie palestinese. "Sono felice di confermare che un primo gruppo di italiani che avevano intenzione di lasciare Gaza è uscito dalla Striscia", ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani in una nota. "Ho appena parlato con i connazionali e con il funzionario dell'ambasciata al Cairo che li sta assistendo. Stanno tutti bene. Continuiamo a lavorare adesso per gli altri italiani e congiunti che sono ancora nella Striscia. Contiamo di farli uscire con le prossime aperture, programmate da domani e per i prossimi giorni".

L'operazione, resa molto complessa dalla situazione sul terreno e dalla difficoltà nelle comunicazioni, è stata portata a termine grazie all'azione combinata dell'Ambasciata a Tel Aviv, del Consolato Generale a Gerusalemme e dell'Ambasciata al Cairo, con il coordinamento dell'Unità di Crisi e l'apporto determinante della nostra intelligence. L'Ambasciata al Cairo, presente sul lato egiziano di Rafah, seguirà il successivo trasferimento dei quattro italiani e della donna palestinese, spiega la nota. Oltre agli italiani, circa 450 persone hanno lasciato Gaza stamani raggiungendo l'Egitto attraverso il valico di Rafah, a seguito dell'accordo raggiunto tra autorità israeliane e egiziane. Il gruppo è formato in larga parte da cittadini internazionali, oltre che da persone con doppia cittadinanza e da palestinesi in gravi condizioni di salute, che saranno curati negli ospedali egiziani. 

 

L'incendio e le svastiche nel cimitero ebraico di Vienna

Il presidente della comunità ebraica di Vienna, Oskar Deutsch , ha scritto su X che durante la notte è stato appiccato un incendio nella parte ebraica del cimitero centrale di Vienna, e che alcune svastiche sono state disegnate sui muri esterni. L'incendio ha fatto danni materiali ma non ha causato lesioni. Il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, ha scritto su X: "Condanno fermamente l'attacco al cimitero ebraico di Vienna. L'antisemitismo non ha posto nella nostra società e sarà combattuto con tutti i mezzi politici e legali. Spero che i responsabili vengano identificazioni rapidamente". Per domani, 2 novembre, a Heldenplatz a Vienna,  il luogo in cui il 15 marzo 1938 Adolf Hitler annunciò  l'Anschluss dell'Austria al Reich tedesco, è prevista una fiaccolata contro l'antisemitismo e "in ricordo delle persone prese in ostaggio in Israele dall'organizzazione terroristica Hamas" alla quale parteciperà anche il cancelliere. 


 

Entrano in Egitto le prime ambulanze da Gaza

I primi feriti della Striscia di Gaza sono entrati in Egitto   trasportati da ambulanze che hanno attraversato il valico di Rafah. La televisione egiziana ha trasmesso in diretta l'ingresso dei veicoli al confine egiziano: è il primo ingresso di civili stranieri e feriti gravi nel paese al confine della Striscia da quando Israele ha risposto all'attacco di Hamas, il 7 ottobre, assediando Gaza. Secondo la Bbc sarebbero almeno 7 le persone che hanno attraversato il confine, e si prevede che nella giornata di oggi  ne entreranno altre. Secondo i funzionari egiziani sarebbero 88 i feriti gravi autorizzati a entrare oggi nel paese e circa 500 i  cittadini stranieri che successivamente potranno uscire dalla Striscia. 

 


 

“Perdita totale delle telecomunicazioni” per la maggior parte degli abitanti di Gaza

Il più grande fornitore di telecomunicazioni di Gaza, Paltel, dice che le reti internet e telefoniche sono inattive in tutta la Striscia di Gaza: è il secondo blackout dalla scorsa settimana. Gaza aveva infatti perso l'accesso al web venerdì scorso ma le linee erano state successivamente ripristinate. Anche il monitor della rete globale Netblocks conferma che Gaza "è nel mezzo di un nuovo blackout di Internet con un forte impatto sull'ultimo grande operatore rimasto, Paltel". La maggior parte dei residenti di Gaza sperimenteranno “una perdita totale delle telecomunicazioni”, si legge in un post su X.

  


  

Il bilancio delle vittime e gli obiettivi colpiti. I dati di Israele e di Hamas

Israele fa sapere che martedì 11 soldati sono stati uccisi nei combattimenti di terra a Gaza, portando a 326 il totale delle vittime militari dal 7 ottobre. L'esercito israeliano aggiorna un elenco sul suo sito web, con anche le fotografie dei soldati uccisi e la loro età: tutti gli 11 morti ieri avevano un'età compresa tra 19 e 24 anni. Israele dice che 326 persone sono state uccise nella guerra, la maggior parte di loro intorno al 7 ottobre, quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi terroristici.

 Da Gaza, il ministero della Sanità gestito da Hamas fornisce un aggiornamento quotidiano sul numero di persone uccise nella Striscia dal 7 ottobre. L'ultimo totale è di 8.525 persone. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno rilasciato un aggiornamento e dicono di aver colpito oltre 11.000 obiettivi appartenenti a "organizzazioni terroristiche" nella Striscia di Gaza da quando è iniziata la guerra con Hamas.

 


   
L'apertura del varco di Rafah. L'accordo mediato da Egitto e Qatar

 

Il valico di Rafah verso l'Egitto riapre per consentire ad alcuni civili feriti di ottenere aiuto. Lo scrive la Bbc, che poi conferma di avere controllato un feed dal vivo che mostra auto in transito dal lato di Gaza. Le immagini dal vivo mostrano enormi folle in attesa di attraversare il confine. Finora era stato solo permesso il passaggio di alcuni aiuti umanitari dall’Egitto verso la Striscia di Gaza, ma non quello di persone verso l’Egitto: gli unici civili che hanno lasciato la Striscia dal 7 ottobre erano stati liberati come ostaggi e tutti i valichi erano chiusi.

 

  

L'agenzia di stampa Reuters scrive che il Qatar ha ha raggiunto un accordo dopo i colloqui tenuti con Egitto, Israele e Hamas, in coordinamento con gli Stati Uniti, "per la liberazione dalla Striscia di Gaza, tramite il valico di Rafah con l’Egitto, di un numero imprecisato di ostaggi con doppia nazionalità e altri in gravi condizioni di salute". Il Qatar è la sede della leadership politica di Hamas, che dal 2012 ha un ufficio nella capitale Doha. 


  

Fatah proclama giorno di rabbia dopo il raid israeliano a Jabaliya 

Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, annuncia per domani nel nord della Cisgiordania una "giornata di rabbia" dopo il bombardamento del campo profughi di Jabalya che ha provocato decinde di vittime tra i civili.

  


  

Israele invia navi da guerra nel Mar Rosso

Ieri il gruppo ribelle Houthi nello Yemen ha detto di aver attaccato Israele tre volte con missili e droni, e che lo farà ancora. L'esercito israeliano dice di avere schierato navi da guerra nel Mar Rosso in risposta alla minaccia per “rafforzare lo sforzo di difesa nell'area”. Nelle prime ore di mercoledì, l'IDF ha detto di aver "intercettato una minaccia aerea" nel Mar Rosso, a sud della città israeliana di Eilat.


   

Bolivia, Cile e Colombia richiamano i loro ambasciatori da Israele 

Tre paesi sudamericani hanno deciso di prendere provvedimenti contro Israele, un quarto ci sta ancora pensando: la Bolivia ha annunciato di aver interrotto le relazioni diplomatiche, il Cile e la Colombia hanno richiamato i loro ambasciatori. Il Venezuela, al momento, si è limitato a condannare l'attacco di Gerusalemme al campo profughi di Jabaliya.

 

La Bolivia, governata dal presidente di sinistra Luis Arce, è il primo paese latinoamericano a prendere le distanze dallo stato ebraico scoppio dalla guerra, "come segno di rifiuto e condanna dell'aggressiva e sproporzionata offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza", come ha dichiarato il viceministro degli Esteri Freddy Mamani. Per la verità, La Paz aveva già interrotto le relazioni diplomatiche con Israele nel 2009. L'intenzione dell'ex presidente di sinistra Evo Morales era quella di protestare contro gli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza. I legami diplomatici erano poi stati ristabiliti nel novembre 2019 da un governo provvisorio di destra, prima che Luis Arce, all'epoca candidato di Evo Morales, vincesse le elezioni presidenziali del 2020.

 

Il governo cileno, invece, ha voluto richiamare il proprio ambasciatore in Israele, Jorge Carvajal, per consultazioni a causa delle "inaccettabili violazioni del diritto internazionale umanitario che Israele ha commesso nella Striscia di Gaza". A rincarare la dose è stato il presidente del Cile, Gabriel Boric, che ha accusato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di "violare apertamente il diritto internazionale". Il presidente colombiano Gustavo Petro ha accusato lo stato ebraico di aver compiuto un "massacro" di palestinesi e ha chiesto che l'ambasciatore israeliano lasciasse Bogotà. 

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