Alleati nel tempo

McConnell e i repubblicani che stanno con Biden nel continuare a difendere Kyiv da Putin

Paola Peduzzi

Le bombe del Cremlino sui civili ucraini e il fronte del Partito repubblicano che dice che "è un errore" considerare in modo separato gli aiuti all'Ucraina e quelli a Israele

“E’ tutto collegato”, ha detto il leader del Partito repubblicano al Senato, Mitch McConnell, durante la trasmissione “Face the Nation” della Cbs. “C’è una grande concorrenza in termini di potere nel mondo da parte della Cina e della Russia, ci sono ancora problemi di terrorismo, come gli israeliani hanno sperimentato in modo brutale: questo richiede un approccio globale non è una situazione che va affrontata pezzo a pezzo”. E’ tutto collegato, “i cinesi e i russi dicono che saranno amici per sempre, i droni iraniani vengono usati contro l’Ucraina e contro gli israeliani”. 

 

Per McConnell “è un errore” considerare in modo separato gli aiuti a Kyiv e quelli a Gerusalemme come invece hanno cercato di fare – e continuano a fare – molti repubblicani. Il presidente, Joe Biden, ha chiesto al Congresso di votare un pacchetto di aiuti per Israele, Ucraina e Taiwan di 106 miliardi di dollari: ora è tutto fermo perché il Congresso è bloccato dall’elezione di un nuovo speaker – la decisione sta andando per le lunghe con un effetto deleterio su tutte le spese che vanno approvate, anche quelle che riguardano gli americani – ma la resistenza sugli aiuti all’Ucraina è una storia politica iniziata prima del massacro di israeliani fatto da Hamas. L’ex speaker Kevin McCarthy, che ha avuto un atteggiamento altalenante nei confronti degli aiuti a Kyiv a seconda della parte del Partito repubblicano che intendeva quietare ma che è comunque l’ideatore della formula “non si danno assegni in bianco all’Ucraina”, ha detto che non è d’accordo con il fronte unico, non vuole che il sostegno a Israele sia collegato a quello ucraino e che avrebbe già inviato aiuti a Gerusalemme, se solo non fosse stato appena spodestato.

 

McConnell al contrario ha sposato la visione presidenziale non soltanto dicendo “è tutto collegato”, ma anche ribadendo quel che Biden ha detto nel suo discorso alla nazione il 19 ottobre: “Riguardo all’assistenza all’Ucraina – ha detto McConnell – Consideriamo dove vanno i soldi che spendiamo. Una parte significativa viene spesa negli Stati Uniti in 38 stati, sostituendo le armi che inviamo in Ucraina con armi più moderne: stiamo ricostruendo la nostra base industriale”. Molti repubblicani, pur di fronte a questo fatto, continuano a contrastare il pacchetto unico: il senatore dell’Ohio J.D. Vance ha pubblicato un editoriale su The Hill, co-firmato dal presidente della Heritage Foundation Kevin Roberts che anima da tempo il dibattito antiucraino, in cui dice che “tenere in ostaggio” 60 miliardi di dollari destinati all’Ucraina invece che inviarli a Israele è uno schiaffo all'alleato principale dell’America – e in un’intervista Vance ha specificato: “Se Biden vuole convincere gli americani a dare altri 60 miliardi di dollari all’Ucraina non dovrebbe utilizzare i bambini israeliani morti per farlo. E’ disgustoso”.

 

Ci sono però molti repubblicani che condividono quel che dice McConnell e quindi quel che dice Biden: il presidente della commissione Affari esteri del Congresso, il repubblicano texano Michael McCaul, dice che “è molto pericoloso abbandonare i propri alleati in momenti tanto critici”, non fa distinzione tra alleati perché è a favore “all’idea di unire le minacce più gravi al mondo libero”, quella di Hamas e quella della Russia. Finora gli aiuti all’Ucraina sono stati votati in modo bipartisan dal Congresso e anche se il sostegno alla difesa ucraina è diminuito nel mondo conservatore continua a essere preponderante. Secondo i dati del dipartimento della Difesa americana, l’effetto di questo tentennamento è già visibile: l’aiuto è diminuito del 93,5 per cento rispetto alla prima metà del 2023 e negli ultimi trenta giorni è stato approvato soltanto un pacchetto di aiuti per Kyiv e ci sono ancora cinque miliardi di dollari in forniture militari che devono essere spesi. Questi dati suonano drammatici, ma bisogna considerare che di questi trenta giorni, diciannove non sono da considerare perché il Congresso ha smesso di votare se non vanamente per il proprio speaker. Certamente lo stallo è utile per i detrattori della causa ucraina ed è una ragione in più per Vladimir Putin per approfittarsene: domenica le forze russe hanno colpito un centro di smistamento di aiuti a Kharkiv, un luogo fondamentale per la gestione della parte est dell’Ucraina: sono state uccise sei persone.

 

Putin se ne approfitta anche nel dibattito internazionale cercando di spezzare il fronte unico costruito da Biden rilasciando dichiarazioni sulla protezione dei civili di Gaza che non ha mai pronunciato riguardo ai civili dell’Ucraina (il centro di smistamento postale è un obiettivo civile). Nella trappola putiniana sembrano cascarci in molti, certi repubblicani trumpiani in particolare, ma altri paesi cercano invece di tamponare la pericolosa pausa americana: la Germania di Olaf Scholz ha approvato un aumento del budget per la difesa da sei a undici miliardi di dollari e ha predisposto l’invio di un aiuto militare all’Ucraina che comprende sistemi antimissili Gepard, droni di ricognizione e nuovi veicoli. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi