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Europa Ore 7

L'Ue scopre di avere un "problema Ursula"

David Carretta

La presidente della Commissione è sempre più contestata da altri leader dell'Ue, governi, eurodeputati e funzionari per aver concesso un sostegno senza condizioni al governo di Benjamin Netanyahu nella risposta a Hamas.

Dall'attacco senza precedenti di Hamas contro Israele il 7 ottobre, l'Unione europea ha scoperto di avere un “problema Ursula”. La presidente della Commissione è sempre più contestata da altri leader dell'Ue, governi, eurodeputati e funzionari per aver concesso un sostegno senza condizioni al governo di Benjamin Netanyahu nella risposta a Hamas. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sta cercando di approfittarne per indebolire Ursula von der Leyen, con cui i rapporti personali non sono mai stati buoni. La rivalità degli ego ha raggiunto livelli parossistici, quasi comici, se non dimostrassero quanto la governance dell'Ue sia disfunzionale e non nascondessero divergenze di fondo tra i ventisette stati membri.
  


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L'ultima vittima è il presidente americano, Joe Biden, che ha dovuto concedere due incontri bilaterali separati a Michel e von der Leyen, a margine del summit Ue-Usa di venerdì. In un editoriale il Foglio spiega che l'asilo dell'Ue danneggia la sua capacità di agire nel mondo. Ma, al di là dei conflitti personali e delle posizioni di von der Leyen su Israele, il “problema Ursula” è più profondo: la presidente della Commissione persegue un'agenda personale, oltrepassando le sue competenze e dimenticando spesso il mandato fissato dai governi. Con risultati spesso discutibili.


La cacofonia dei vertici dell'Ue su Israele e Gaza si è protratta per tutta la settimana. Una dichiarazione dei ventisette capi di stato e di governo pubblicata otto giorni fa e la loro riunione in teleconferenza convocata da Michel martedì non hanno messo ordine ai messaggi discordanti. Nella conferenza stampa seguita al vertice informale, Michel e von der Leyen hanno usato parole diverse sull'esplosione in un ospedale a Gaza (il presidente del Consiglio europeo ha detto che viola il diritto internazionale, attribuendone di fatto la responsabilità a Israele) e sull'assedio della Striscia. In un discorso a Washington giovedì, von der Leyen ha nuovamente preso le difese di Israele, “Opinioni personali”, ci ha detto un diplomatico: “La politica estera è fissata dal Consiglio dell'Ue”.

L'accusa di “assegno in bianco” è contenuta in una lettera firmata da oltre 800 funzionari dell'Ue, in cui viene anche denunciata la decisione di proiettare la bandiera di Israele sul palazzo della Commissione. Nella lettera, i funzionari accusano von der Leyen di legittimare “un crimine di guerra nella striscia di Gaza”. In questo modo, “l’Ue rischia di perdere ogni credibilità e la sua posizione di mediatore giusto, equo e umano”, dicono gli oltre 800 funzionari.

A essere contestata a von der Leyen non è solo la posizione su Israele e Gaza. L'elenco dei mal di pancia da parte dei governi si sta allungando sempre di più. L'estate è stata segnata dalle lettere di protesta del ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, e dall'Alto rappresentante, Josep Borrell, per la firma sul memorandum Ue-Tunisia sui migranti, senza aver preventivamente consultato i ventisette. Al vertice del G20 di Nuova Delhi, von der Leyen ha annunciato con Joe Biden la creazione di un corridoio India-Medio oriente-Europa, senza che gli altri leader ne fossero informati. La sua Commissione, per contro, non ha ancora pubblicato il rapporto sulle conseguenze dell'Inflation reduction act (Ira) americano per le imprese europee. Quasi ogni incontro con Biden è seguito da una dichiarazione Ue-Stati Uniti, che in realtà impegna solo la Commissione. Tuttavia, dalla Tunisia sui migranti ai rapporti con gli Stati Uniti sul commercio, i risultati di von der Leyen lasciano a desiderare.

Agli occhi di molti diplomatici, il summit Ue-Stati Uniti di venerdì scorso a Washington è stato un “fallimento” per von der Leyen. La presidente della Commissione avrebbe dovuto ottenere un accordo sui dazi su alluminio e acciaio e sull'accesso delle imprese europee ai sussidi dell'Ira. “Ha fallito in modo spettacolare a produrre risultati”, ci ha detto un altro diplomatico: “Non ha avuto successo nonostante la sua eccellente relazione con gli americani”. Il grande interrogativo è se von der Leyen riuscirà mai a concludere un accordo per evitare il ritorno dei dazi su alluminio e acciaio. “Più si avvicinano le elezioni presidenziali americane, meno Biden sarà incline a togliere definitivamente i dazi sull'Ue”, ci ha spiegato il secondo diplomatico.

Nelle relazioni transatlantiche, la presidente della Commissione è sospettata di perseguire più il rapporto personale con Biden che gli interessi dell'Ue. Dopo quanto accaduto la scorsa settimana, diversi osservatori della bolla brussellese iniziano a sospettare che l'obiettivo di von der Leyen non sia quello di candidarsi per un secondo mandato, ma di trasferirsi alla Nato. Il posto di segretario generale sarà libero il 31 ottobre 2024, esattamente alla fine del mandato dell'attuale Commissione. E il voto più importante di tutti per scegliere il successore di Jens Stoltenberg è quello di Joe Biden.