(foto EPA)

il summit

Di cosa si discuterà al G20 di Modi

Micol Flammini

Sarà un vertice senza Ucraina, l'India ha detto di non voler parlare di guerra, ma non potrà evitare di parlare di grano. Cosa è cambiato da Bali

Il G20 indiano inizia con aspirazioni molto diverse rispetto a quello indonesiano dello scorso anno. Il premier Narendra Modi gli ha dato delle caratteristiche precise, ha stilato una lista di argomenti chiave  e ha fatto capire che i rappresentanti dei diciannove paesi che arrivano in India, anzi a Bharat, saranno chiamati a discutere di argomenti che hanno a che fare con l’economia e con lo sviluppo perché, ha detto la leadership indiana, è a questo che serve il G20. A Bali, lo scorso anno,  il presidente indonesiano Joko Widodo aveva invece sottolineato la portata diplomatica dell’evento, era andato anche a Kyiv e a Mosca prima che i leader internazionali raggiungessero l’Indonesia, sperando che la sua piattaforma si trasformasse in un punto di incontro per la pace. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante il vertice di Bali presentò i dieci punti per arrivare alla fine della guerra, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov abbandonò la stanza. Molti paesi accolsero e condivisero i dieci punti, ma sottoscrivere una  condanna  nelle dichiarazioni finali non fu facile.  
Al G20 indiano l’Ucraina, che non fa parte del gruppo, non è stata invitata come paese ospite perché, ha fatto sapere Modi, il vertice è il luogo in cui parlare di economia e sviluppo, non di conflitti e il premier indiano vuole, anche per un suo successo personale, arrivare alla fine degli incontri con i venti tutti uniti. Sull’Ucraina i paesi arrivano invece molto disuniti in partenza, ma per gli americani e gli europei non lasciarla fuori dall’ordine del giorno è fondamentale. E proprio perché l’India vuole che al vertice si parli di economia e sviluppo, è probabile che il modo migliore per parlare di guerra sia parlare di grano. E’ questione di lessico. L’India ha condannato la guerra ma non la Russia, ha mantenuto un grado di ambiguità che le consente di continuare a parlare con il Cremlino e ha sempre fatto molta attenzione a presentare il conflitto in Ucraina come una crisi regionale, quindi non di prioritario interesse né per l’India né per i paesi del cosiddetto Sud globale. Il grano, invece, è un affare di tutti, e proprio per questo al vertice non potrà essere lasciato fuori dalle discussioni. 

 

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha incontrato Vladimir Putin lunedì scorso, è tornato con una lista di richieste da portare al G20 da parte della Russia, le uniche, ha detto il presidente russo, che potrebbero ricondurre Mosca nella Black sea grain initiative, gli accordi per il trasporto del grano attraverso il Mar Nero  bombardato dai russi. Le richieste sono inaccettabili, comprendono la fine delle sanzioni sull’export russo. Alcuni funzionari europei ritengono che l’India sia un partner importante, che sta comunicando con i russi dietro l’appoggio occidentale e può essere cruciale anche  sull’Ucraina. Zelensky non parlerà in videocollegamento, ma neppure a Putin o al leader cinese Xi Jinping, che saranno assenti, è stato permesso di collegarsi. Modi vuole un successo, vuole mettere la firma sul G20 e l’assenza delle leadership di Russia e Cina mette già l’India in una posizione di forza. Se a Bali l’ospite aveva l’intenzione di puntare molto sull’Ucraina, a Delhi Modi ha messo dei paletti, ma in questo vertice alla ricerca di linguaggi comuni e codici per creare una coalizione sempre più ampia contraria alla guerra, contraria alle azioni russe in Ucraina, gli occidentali non hanno intenzione di escludere Kyiv. Hanno trovato il punto in comune: il grano e il suo trasporto che rendono, anche agli occhi di economie lontane dall’Ucraina, la guerra tutt’altro che un argomento regionale. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.