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Editoriali

​​​​​​​Il silenzio dell'Ue su Floderus è pericoloso

Redazione

Il funzionario è vittima della diplomazia degli ostaggi di Teheran. Va protetto

Il New York Times ieri ha rivelato che Johan Floderus, un funzionario dell’Unione europea di nazionalità svedese, è detenuto in un carcere in Iran da oltre 500 giorni nell’ennesimo caso di “diplomazia degli ostaggi”. Il meccanismo è ben oliato e ha permesso alla Repubblica islamica di riempire le sue casseforti o di ottenere il rimpatrio di suoi membri condannati in occidente. Ad agosto gli Stati Uniti hanno concluso un accordo con l’Iran per liberare cinque cittadini americani in cambio di 6 miliardi di dollari di entrate petrolifere congelate. Uno dei casi più emblematici è quello di Olivier Vandecasteele, un operatore umanitario belga, liberato a maggio dopo 455 giorni di detenzione, dopo che il Belgio ha accettato di scambiarlo con Assadollah Assadi, diplomatico iraniano condannato per terrorismo. Con ogni probabilità, Floderus serve per uno scambio con Hamid Noury, un membro del regime condannato in Svezia per crimini di guerra commessi nel 1988 in Iran.

L’arresto per spionaggio del funzionario dell’Ue è avvenuto il 17 aprile 2022, durante un viaggio turistico con un gruppo di amici, poche settimane prima della sentenza svedese contro Noury. Una delle false “prove” usate dalla Repubblica islamica è una missione precedente in Iran svolta da Floderus in quanto funzionario dell’Ue. La “diplomazia degli ostaggi”, una pratica condotta anche dalla Russia di Vladimir Putin, dovrebbe portare all’espulsione dalla comunità delle nazioni civili. Ma è grave anche la cappa di silenzio che l’Ue e la Svezia hanno deciso di imporre al sequestro di Floderus. La ragione ufficiale è garantire la sua incolumità. Il sospetto è che l’Ue non voglia ritrovarsi sotto pressione nel momento in cui continua (invano) a negoziare con l’Iran sul nucleare. L’esperienza insegna (e diversi esperti dicono) che il miglior modo per proteggere le persone sequestrate è di rendere i loro casi pubblici. E che il silenzio e le concessioni sottobanco non fanno che alimentare “la diplomazia degli ostaggi”.
 

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