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I Brics vogliono cambiare le regole del gioco. Ma hanno molti ostacoli davanti a sè

Le ambizioni di allargamento e i suoi rischi. Il sogno di sostituire il dollaro. Ma con che cosa? "Se l'idea del vertice era quella di dare un segno forte della prossima fine dell'egemonia occidentale, è stato un segnale più velleitario che sostanziale", dice il prof. Parsi

"Il vertice sudafricano dei Brics ha messo in evidenza una serie di fatti, le ambizioni sono molte", dice il professore di Relazioni Internazionali della Cattolica, Vittorio Emanuele Parsi. "I Brics sono paesi importanti dal punto di vista della loro crescita economica, la quota del pil del mondo che detengono supera il 25 per cento, hanno una gran parte della popolazione mondiale, intorno al 40 per cento, e hanno anche ambizioni molto grandi, anche non perfettamente allineate. Dall'Unione è uscito un documento in cui si prospetta un allargamento dei Brics a una serie di paesi che hanno chiesto di farne parte, dall’Argentina, all’Arabia saudita, All’Iran. Questa ipotesi di allargamento è stata presa come una vittoria da parte del leader cinese Xi Jinping, che era quello che principalmente premeva in questa direzione per dare all’elemento dei Brics il connotato più politico che la Cina persegue. Però questa prospettiva di allargamento rende più evidenti le grandi differenze che ci sono tra i paesi. Già adesso la situazione dei regimi politici non è esattamente omologa. La situazione sarebbe ancor più caotica, dice Parsi, con l’ingresso di paesi così diversi "come l’Argentina, che è una democrazia a tutti gli effetti, l’Arabia saudita o l’Iran, che sono tra l’altro arci nemici in medio oriente".  Insomma, più paesi nell'unione potrebbero rendere "più complicata la coesione politica di questo blocco, che è il grande sogno di Xi".

 

"La Russia ha utilizzato questo vertice per mostrare minore isolamento del paese di quanto gli occidentali percepiscono a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Però la decisione di Putin di non azzardarsi a rischiare di volare fino in Sudafrica per evitare conseguenze legate al mandato di cattura internazionale, emesso dalla corte di Giustizia internazionale, ci dice come questo minore isolamento sia un minore isolamento nei fatti per tanti aspetti, ma ancora un isolamento sostanziale per quello che riguarda le regole del sistema. E’ proprio questo che è in gioco, ci sono in gioco le regole del sistema, le regole informali, giuridiche, politiche, di cui la corte internazionale di Giustizia è una rappresentazione, ma anche le regole dal punto di vista della sostanza dell’economia".

 

"Si è parlato molto - prosegue Parsi - di dedollarizzare l’economia internazionale e trovare una valuta di riserva internazionale di commercio alternativa al dollaro. Ci sono ovviamente buone ragioni per cercare di ridurre lo strapotere americano sulle valute internazionali. Però questo strapotere non deriva solo dalla forza degli Stati Uniti, ma anche della debolezza relativa di tutti gli altri paesi in termini di credibilità delle proprie valute. E' molto facile parlare di sostituire il dollaro. Ma con che cosa? Abbiamo visto come la sostituzione parziale dell’euro rispetto al dollaro è avanzata con estrema lentezza e sappiamo bene come l’euro sia una moneta affidabile. Provate a immaginarvi l’utilizzo del renminbi cinese o del rublo, che è sotto al valore di 100 rubli per un dollaro dopo la guerra in Ucraina. Chiedetevi quali di questi paesi si sentirebbe rassicurato da detenere riserve, a seguito degli scambi commerciali che avvenissero con altri in monete, diverse dalla propria nazionale o da quella internazionale rappresentata dal dollaro. Avere le casse piene di rubli russi non è una bella situazione per nessuno, per cui, grande enfasi, grandi dichiarazioni, ma se l’idea era quella di dare un segno forte della prossima fine dell’egemonia occidentale, è stato un segnale più velleitario che sostanziale.

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