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l'intervista

Le tensioni tra Ue e Tbilisi, secondo Sogno georgiano

Pietro Guastamacchia

Il leader del partito di governo racconta la sua idea del futuro europeo della Georgia, spiega i rapporti con Mosca e con i turisti russi e fornisce la sua versione sulla salute di Saakashvili

Visto dal quartier generale di Sogno georgiano il cielo che separa la Georgia dall’Ue è pieno nubi e c’è un'accusa che al partito di maggioranza di Tbilisi proprio non va giù, quelle di essere filorusso: “L’85 per cento  dei georgiani vuole entrare in Ue oltre il 50 ci vota, faccia lei i suoi calcoli, io mi limito a dire che se qualcuno in Europa dice che siamo filorussi lo fa in malafede”, spiega al Foglio Irakli Kobakhidze, ex presidente del Parlamento ed attuale leader del partito di Sogno georgiano. Tra Tbilisi e Bruxelles  i rapporti sono tesi e per Kobakhidze la colpa non è della Georgia anzi “siamo stati vittima di un’ingiustizia: non aver concesso lo status di paese candidato all’ingresso in Ue alla Georgia”. Nel giugno 2022 la notizia che il paese  aspettava da un decennio si è trasformata  in una doccia fredda resa ancora più umiliante dal sorpasso di altre nazioni il cui cammino verso l’Ue è iniziato  dopo. “Io non voglio fare paragoni però a noi appare evidente che Moldavia e Bosnia non abbiano raggiunto il nostro livello di riforme, per non parlare dell’Ucraina”, spiega Kobakhidze  dal suo ufficio in centro a Tbilisi. Secondo lui i colpevoli del “fango” gettato  sul governo  sono  anche diverse istituzioni Ue, la prima di tutte l’Eurocamera. “Il Parlamento europeo ha adottato contro di noi una risoluzione ingiusta, chiedendo il rilascio di Saakashvili nonostante le accuse a suo carico siano chiare, e ha chiesto poi di sanzionare Ivanishvili, il fondatore del nostro partito, contro cui invece non c’è nessuna prova di reato, ma quale governo accetterebbe di essere trattato così?”. Le accuse di essere filorussi si basano però anche sulla linea tenuta da Tbilisi con Mosca. Per il leader del partito di governo però la  spiegazione è  molto chiara: “Noi siamo uno dei paesi più vulnerabili davanti alla minaccia russa e per questo il governo ha  una politica molto pragmatica: ci è stato chiesto di imporre sanzioni ma noi non abbiamo la possibilità di farlo. L’Ue e gli Stati Uniti  hanno pensato ai loro interessi prima di redigere le sanzioni, l’Ue non ha fermato il mercato dell’energia del tutto, gli Stati Uniti  non hanno sospeso l’import di fertilizzanti e perché mai noi avremmo dovuto distruggere la nostra economia fermando export alimentare e turismo?”, prosegue Kobakhidze.

Ma dietro alle accuse per il politico georgiano si nasconde qualcosa di più grande: “Qualcuno aveva interesse affinché la guerra si estendesse anche alla Georgia, abbiamo informazioni a riguardo ma al momento non vogliamo puntare il dito su nessuno. Sappiamo che in diversi paesi qualcuno ha manovrato per favorire l’escalation in Georgia, perché pensavano che aprire il famoso ‘secondo fronte’ contro Putin avrebbe messo in crisi la Russia”, continua Kobakhidze rilanciando un’accusa che il premier georgiano Garibashvili ha  diretto a verso Washington e Bruxelles già alcuni mesi fa. Parte del fango gettato sul paese sarebbe anche l’allarme sulla salute dell’ex presidente Mikheil Saakashvili, attualmente in una clinica a Tbilisi. “A un certo punto tutto il mondo si è messo a gridare che Saakashvili stava per morire e poi da un giorno all’altro non stava più per morire anzi ora vuole tornare in politica. Saakashvili ha fatto lo sciopero della fame  per debilitarsi, le dico di più e da quel che sappiamo prima di tornare un Georgia si è fatto apposta un intervento di chirurgia bariatrica, per farsi chiudere lo stomaco”, dice Kobakhidze citando un report su cui non  è mai arrivata alcuna conferma.

Secondo il leader di Sogno georgiano, dietro alla mancata concessione dello status di candidato   si sarebbe  giocata una partita ai danni del governo, “qualcosa è successo in seno al Consiglio Ue, qualcuno ha creduto alle sirene dell’opposizione georgiana che raccontavano che così facendo sarebbe caduto il governo. Queste persone tanto ascoltate all’estero però nel paese non hanno più seguito”. Tbilisi ora vuole tornare a collaborare con Bruxelles al più presto: “Noi meritavamo lo status di paese candidato già nel 2022, speriamo  che a dicembre la cosa si risolva. E mi auguro che a nessuno venga in mente di inventare formule strane per cui lo status verrà concesso ‘al popolo’ e non allo ‘stato’ georgiano, come abbiamo sentito. Ma cosa ha in testa chi gioca è dividere il popolo dal paese?”, prosegue il presidente del partito che conclude dando un consiglio non richiesto a Bruxelles: “Smettetela di credere ai venditori di fumo: la Georgia in Ue la porterà Sogno georgiano”.

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