l'isola di cristallo

Obiettivo Moskva-city, il quartiere nato come una promessa per il futuro

Il nome anglofono traslitterato in cirillico, i palazzi di vetro, un sindaco che ha cambiato il volto di Mosca

Micol Flammini

I droni ucraini non hanno colpito a caso, ma sono arrivati per ben due notti consecutive nel cuore finanziario e della propaganda di Mosca. Ecco la storia di una parte della capitale russa nata con la fine dell'Urss e riadattata al putinismo 

Per due notti consecutive, i droni ucraini hanno raggiunto e colpito lo stesso quartiere della capitale russa, Mosca. Una torre illuminata, verticale in modo spericolato per una città che ha sempre teso all’alto e al largo insieme, quarantadue piani in tutto che fanno parte di un complesso multifunzionale situato a Moskva-city o, traslitterato, Moskva-siti o, tradotto: la city di Mosca. Il complesso si chiama IQ Kvartal, ospita aziende importanti e la torre colpita sulla vetrata del suo ventunesimo piano è la sede degli uffici di sette ministeri,  tra i quali il ministero dello Sviluppo digitale, il ministero dello Sviluppo economico, quello dell’Industria e del Commercio. Dopo la notizia dei droni e  le immagini della vetrata rotta, alcuni siti russi hanno scritto che al ventunesimo piano si trova il ministero dello Sviluppo digitale. L’intero complesso però ha nomi e nomignoli e spesso il regno che prende vita a Moskva-city cade anche sotto il nome di ministero della Propaganda, perché  tra questi edifici di vetrate  ha preso vita parte delle attività della disinformazione del Cremlino, legate anche al ministero dello Sviluppo digitale. Sempre a Moskva-city, si trovano gli uffici del colosso informatico Yandex, promessa dello sviluppo tecnologico russo, che il Cremlino negli anni ha divorato per aumentare il controllo sui cittadini. Colpire i grattacieli di Moskva-city o attaccare gli edifici che si sospetta possano ospitare l’intelligence militare russa o il gruppo di hacker Fancy Bear, come accaduto il 24 luglio, ha un doppio valore simbolico, oltre ai fini strategici.  

 

Gli ucraini si sono limitati a dire che la guerra è sempre più all’interno dei confini della Russia, che i russi si dovranno abituare a modellare le loro vite, ad annullare appuntamenti, ad abbandonare il senso di finta normalità che ammanta la nazione dagli  oltre cinquecento giorni in cui pretendono di essere le vittime e non gli aggressori. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha definito l’attacco “terroristico” e ha minacciato contromisure. Colpire Moskva-city e i suoi ministeri vuol dire dimostrare di poter arrivare al cuore della capitale ma anche degli affari del Cremlino e proprio il quartiere finanziario è in sé la storia di quello che la Russia sarebbe voluta, o avrebbe potuto, diventare. Il quartiere viene chiamato anche l’isola di cristallo, perché tra gli edifici in travertino della Mosca di un tempo, quella nuova ha il materiale della modernità. Si pensò di costruire la city nel 1992 affibbiandole un nome sfrontatamente anglofono, per raggruppare gli affari, dare alla capitale un suo quartiere del capitalismo e del futuro, in continua evoluzione. Partecipò anche Norman Foster al progetto iniziale, perché la city, con questo nome che ad alcuni è sembrato un graffio al passato, doveva essere nuova, avveniristica, occidentale. Da qui doveva iniziare il cammino della nuova Russia, doveva essere il centro di una nuova economia e ospitare anche le aziende straniere. Parteciparono architetti russi e internazionali, la costruzione iniziò alla fine degli anni Novanta, con il sindaco Yuri Luzhkov, che ha governato la capitale per quasi vent’anni, che l’ha modellata, cambiata, stravolta nel volto e ha ricostruito anche quello che aveva perso, come la Cattedrale del Cristo Salvatore che in epoca sovietica era stata trasformata in una piscina, per curare il corpo e non l’anima.

 

Luzhkov è stato iscritto al Partito comunista, ha fondato il suo partito, Patria, ha sostenuto Boris Eltsin e poi l’ha criticato appoggiando Vladimir Putin e confluendo in Russia unita. E’ stato destituito da Dmitri Medvedev in un sali e scendi di nomine e personaggi che ha portato fino a qui, fino alla guerra, fino a Moskva-city, che doveva accogliere il cambiamento, che Putin ha bloccato.
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.