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In Arabia

Tutte le liti tra sauditi ed emiratini, e una faida che non conviene

Francesco Petronella

La crescente rivalità fra Riad e Abu Dhabi per riempire l’imminente vuoto di potere e diventare egemoni nell'area. Il gelo tra il principe ereditario Mohammed bin Salman e il presidente Mohammed bin Zayed al-Nahyan dura ormai da 6 mesi

Gli amici vicino, i nemici ancora più vicino. Questo aforisma, passato alla storia grazie al “Padrino”, sembra descrivere in modo calzante il rapporto fra i due attori chiave del Golfo e – probabilmente – dell’intero medio oriente. Si tratta dell’Arabia Saudita, rappresentata dal 37enne principe ereditario Mohammed bin Salman, e degli Emirati Arabi Uniti, guidati dal 61enne presidente Mohammed bin Zayed al-Nahyan. I due leader, Mbs e Mbz, si ritrovano al comando delle più importanti monarchie del Golfo in un momento storico cruciale. Come ha scritto il Wall Street Journal, il progressivo disimpegno statunitense dalla regione porta Riad e Abu Dhabi a sfidarsi sempre più apertamente, per riempire l’imminente vuoto di potere e diventare l’egemone dell’area. 
Fino a oggi i rapporti fra i due leader sono stati molto cordiali. Mbz, anche per ragioni anagrafiche, è stato un certo senso il mentore del leader saudita. Fu lui a introdurlo nelle sfere del potere non soltanto nel Golfo, ma anche negli Stati Uniti. Da qualche tempo, però, le cose sono cambiate. Il quotidiano americano, citando fonti anonime, riferisce che i due Mohammed non si parlano da quasi sei mesi. Il gelo è iniziato quando a dicembre scorso Mbs ha riunito vari giornalisti sauditi per un briefing a porte chiuse. Il principe ha quindi denunciato davanti ai reporter che gli Emirati Arabi Uniti, storico partner regionale dei sauditi, avevano “pugnalato alle spalle” Riad. Il pomo della discordia con Mbz era dato dalle posizioni divergenti sullo Yemen e sulla politica petrolifera. Gli Emirati, infatti, hanno mal digerito la decisione dell’Opec+ di tagliare la produzione per mantenere i prezzi elevati. Il leader saudita, secondo quanto appreso, avrebbe inviato ad Abu Dhabi un elenco di richieste, rimaste però inevase. A quel punto, il rampollo di casa Saud avrebbe minacciato gli Emirati di ritorsioni simili al cosiddetto Qatar ban,  l’isolamento economico e diplomatico di Doha iniziato nel 2017 e durato  quattro anni. 

La crescente rivalità fra Riad e Abu Dhabi si gioca anche in ambito economico e finanziario. Gli Emirati Arabi Uniti stanno lavorando alacremente per diversificare la loro proiezione commerciale anche fuori dal Gcc. Emblematico è il caso della Turchia. Dopo aver siglato un accordo commerciale da 40 miliardi di dollari con gli Emirati a maggio, il 18 luglio il presidente, Recep Tayyip Erdogan, ha firmato con Riad un memorandum d’intesa che contiene accordi miliardari nell’ambito dell’energia, della ricerca e della difesa (droni militari). I sauditi – che percepiscono di essere in svantaggio su certi dossier – cercano  di convincere le grandi società internazionali a stabilire le loro sedi in terra saudita (anziché ad Abu Dhabi). Grandi sforzi anche nel settore turistico, con l’annunciata creazione di una nuova società nazionale di trasporto aereo che possa rivaleggiare con Qatar Airways e, soprattutto, con Emirates. Nell’ultimo periodo si dibatte molto anche sulle mosse di Riad e Abu Dhabi nello sport, che non sono soltanto una mera questione di immagine e soft power.

Fonti ufficiali americane hanno confessato al Journal di temere che questa rivalità possa rendere difficile la creazione di un’alleanza di sicurezza unificata per contenere l’Iran, porre fine alla guerra in Yemen e rafforzare i rapporti diplomatici di Israele con le nazioni arabo-musulmane, sulla scia degli Accordi di Abramo nel 2020. “Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sono lanciati in una corsa a due per il primato economico e geopolitico nel Golfo, rivaleggiando anche per l'influenza a livello globale”, dice al Foglio Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata senior dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). “La diversificazione post oil esaspera questa competizione in cui, nonostante i notevoli passi in avanti, sono ancora i sauditi a inseguire gli emiratini, per esempio nei volumi di investimenti dall’estero e nelle zone economiche speciali. Mohammed bin Salman ha fretta di scalare posizioni (anche per questo vuole Expo 2030 per Riad), Mohammed bin Zayed ha intenzione di confermare il ruolo di innovatore che ha fin qui contraddistinto la sua leadership. Entrambi necessitano però di stabilità regionale per massimizzare i risultati economici e politici delle ‘Visions’:  non hanno davvero interesse a litigare pubblicamente né, tanto meno, a rompere i rapporti. E per proseguire la loro ambiziosa corsa a due, continuano ad avere bisogno della sicurezza aerea e marittima da parte degli Stati Uniti. Perché stabilità regionale significa crescita economica: entrambi l’hanno capito scegliendo, prima Mbz (2019) e poi Mbs (2021), di mitigare politiche estere fin qui troppo assertive”.

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