Nascosti sotti i girasoli

La controffensiva ucraina va a piedi, per questo è lenta. Per la prossima fase manca soltanto una cosa

La strategia parallela e coerente è “demilitarizzare” la Crimea: dopo il ponte, fumo e fuoco su uno dei più grandi depositi militari

Cecilia Sala

Un attacco della fanteria come questo si misura sempre in metri e non in chilometri. Ma la mossa successiva è con i carri armati: contraerea e, soprattutto, coordinazione

La controffensiva di Kyiv procede a piedi. I soldati ucraini hanno perso il 20 per cento dei loro mezzi militari quando è cominciata all’inizio di giugno e ora, per risparmiarli e al contempo avanzare, si muovono svelti e leggeri da una massa di cespugli a una fila di alberi cento metri più avanti, a volte si nascondono sotto i girasoli. Da una controffensiva che procede a piedi non si può pretendere che faccia decine di chilometri in un giorno. Infatti la linea del fronte nelle zone del contrattacco si sposta di poco, ma in modo costante. I militari ucraini hanno spiegato a quelli americani che la lentezza è una strategia e che non vogliono abbandonarla finché non cambieranno alcune condizioni. La strategia parallela e coerente è “demilitarizzare” la Crimea: dopo i droni navali contro il ponte di Kerch, ieri è andato in fumo uno dei più grandi depositi militari  della penisola. 

Quando Kyiv dice di non voler (di non poter) correre finché non cambiano le condizioni, si riferisce innanzitutto alla scarsità delle munizioni per la contraerea. Nell’ultimo bombardamento notturno contro le città ucraine, tra martedì e mercoledì, si è notato un dato che, se paragonato agli ultimi mesi, è molto insolito: gli ucraini sono riusciti ad abbattere soltanto 14 missili russi su 31. Da quando sono stati consegnati i sistemi di difesa aerea americani ed europei, Kyiv riesce a deviare o polverizzare la maggioranza delle bombe russe con un tasso di successo che si è avvicinato spesso al novanta per cento. Il fatto che l’altra notte l’Ucraina sia stata capace di proteggersi da meno della metà dei colpi è uno dei sintomi di una crisi che era stata anticipata. I Pentagon leaks – i documenti segreti sottratti e pubblicati online da un ventunenne americano complottista – avevano rivelato che lo scorso maggio Kyiv sarebbe rimasta a secco di contraerea. I dati erano veri e la pubblicazione era pericolosissima: segnalava a Vladimir Putin un buco in cui la sua vittima sarebbe stata indifesa, il momento in cui le scorte ucraine erano finite e le nuove forniture non erano ancora arrivate. Alla fine, forse anche la rivelazione di informazioni così delicate ha contribuito a innescare una reazione rapida da parte degli alleati e le nuove munizioni sono fluite in tempi brevi. Ma come i soldati ucraini della Centotrentesima e della Decima brigata hanno spiegato al Foglio: se si escludono i primissimi giorni della guerra, i russi non hanno mai usato gli aerei e gli elicotteri sul campo tanto quanto durante questa controffensiva estiva. In sintesi, Mosca è consapevole che i soldati ucraini sono vulnerabili sotto questo aspetto e si sente più libera di muoversi nei cieli.

Nell’intervista al Wall Street Journal con cui il presidente Volodymyr Zelensky aveva annunciato l’inizio del contrattacco, aveva detto di non possedere abbastanza contraerea per proteggere sia le sue città sia le sue truppe al fronte, per poi aggiungere: “Ma non possiamo aspettare per sempre”. Sulla linea di contatto tra i due eserciti quello di Kyiv è poco protetto e anche per questo si avanza a piedi: perché si è più agili e un bersaglio più difficile da individuare e mettere nel mirino con precisione. Soprattutto i missili sparati dagli elicotteri russi e i droni Lancet hanno consumato quel 20 per cento di mezzi militari che Kyiv ha perso all’inizio della controffensiva. Oltre all’aviazione l’arma più insidiosa di Mosca sono le mine sparpagliate nei campi che fanno parte delle linee difensive russe, ma per far fronte a questo le richieste di Zelensky sono state soddisfatte e una soluzione parziale c’è: le bombe a grappolo che stanno arrivando servono contro le truppe trincerate e a fare pulizia in quelle aree riempite di ordigni – che appunto sono già minate e chiuse ai civili.  

Un team di esperti militari internazionali composto da alcuni dei più famosi che seguono questa guerra – Robert Lee, Michael Kofman, Konrad Muzyka e Franz-Stefan Gady – è andato sul campo e poi ha pubblicato un’analisi sulla controffensiva in cui si legge: “In linea di massima si tratta di un combattimento di fanteria. Questo ha varie implicazioni: Innanzitutto i progressi si misurano in metri e non in chilometri”. La guerra a passo d’uomo, secondo loro, è dovuto alla mancanza di munizioni per la contraerea e a strumenti per far saltare le mine prima di attraversare i campi (“ma le bombe a grappolo li renderanno più praticabili in futuro”), però notano anche una terza causa, la più importante. Gli ucraini continuano a procedere a passi successivi (prima l’artiglieria, poi le truppe) invece che in sincrono – cioè con le manovre coordinate a cui sono stati addestrati per mesi dai paesi Nato. Quelle che diventano indispensabili quando ci si trova di fronte una rete di linee difensive immensa, costruita con perizia dai russi per mesi.

Come ha raccontato il Washington Post, gli americani si domandano come mai soltanto pochissimi pezzi del pacchetto di aiuti che comprendeva centinaia di carri armati siano entrati in funzione mentre tutti, anche Zelensky, dicono che la controffensiva è “lenta”. Kyiv risponde che le cose stanno così per proteggere i propri soldati e proprio quei mezzi occidentali, perché le manca la copertura aerea. Il vero nodo della controffensiva non si vede guardando il campo oggi, ma quando i carri occidentali che ora si vuole proteggere avanzando a piedi usciranno dai nascondigli e Kyiv tenterà le sue prime manovre coordinate di tutta questa guerra.