I blindati, i bambini chiusi in casa e una nazione da ricostruire

Giuliano Ferrara

La fine dell’autorità, l’insufficienza dei padri, lo sradicamento dei casseur, di adolescenti che non si sentono né cittadini né figli: nella rivolta delle periferie in Francia si vedono i segni di un grande fallimento della nazione

Iblindati si capisce, si capisce per la durezza dello scontro notturno, per la tigna estremamente violenta dei rivoltosi delle periferie urbane in Francia, per la loro volontà di colpire e uccidere la gente in divisa, stremata dalla battaglia contro i moti social, volontà di degradare i simboli dello stato, e devastare commissariati municipi negozi. Ma tenere i bambini a casa, per favore, cari genitori, chiudete la notte gli adolescenti enragées nei vostri appartamenti, guardate che è un dovere repubblicano sancito dalla legge, possiamo perseguirvi se non ottemperate, bè, questo è un segno di tremenda debolezza, un omaggio al senso comune che va contro il buon senso. 
        

L’emozione è forte, un video cinematografico girato dalle telecamere di sorveglianza, una eloquente docufiction, lascia pensare a un colpo a freddo, quali che siano poi gli accertamenti in uno stato di diritto, la rabbia si spiega. Ma le notti brave dell’insurrezione tiktok, messe in scena dagli adolescenti di una generazione che sembra perduta alla ragione, alla capacità di elaborazione di un lutto tremendo, a un’idea politica e compatta di movimento e di protesta, alla richiesta di giustizia invece che alla vendetta, parlano di un fenomeno di lungo periodo, un fenomeno civile e di cultura che va avanti da decenni: la fine dell’autorità, che comincia nelle famiglie alle quali si chiede pietosamente, lo stato con le lacrime agli occhi, di tenere a casa gli ado insubordinati, di incarnare una figura scomparsa dell’autorità come introduzione generale al senso della vita e al suo stile civile. 
        

Improvvisamente i genitori, che poi sono quelli dei moti del 2005, ora quasi quarantenni, dovrebbero supplire con un atto di imperio familiare alla dissoluzione culturale di certi legami ancestrali, travolti dalla modernità postuma a sé stessa, dall’anima del focolare novissimo che non scalda i cuori di idee della mente, idee ricevute, oggettività, realismo, tradizioni, ma li adagia nella bambagia di un vago sentimentalismo dei luoghi comuni; contano le relazioni uomo-donna eviscerate dalla antipatia per il paterno e il materno, lotta al patriarcato e per l’aborto e il gender fluid, conta il criterio educativo corrente benevolmente accolto nelle scuole e nella comunità, non solo nella comunicazione impazzita e nel solipsismo mediatico. Insufficienti come Charles Bovary, il marito che spinge Emma nelle braccia dei mediocri dongiovanni Léon e Rodolphe, i padri invocati da Macron, in complicità con le madri in legami dissolubili per principio e contratto, dovrebbero esercitare l’attrattiva quasi religiosa, che lega, che è premessa di ogni autorità. Ma quando mai. 
       

Più probabile che dai tredici ai diciotto anni nei territori cosiddetti sensibili tu non ti senta né cittadino né figlio, ma solo un piccolo animale urbano mal tollerato dall’ambiente e dallo stato e che male li tollera. Lo sradicamento dei casseur sarà anche frutto delle procedure incontrollate dell’immigrazione, quattro milioni in più dal 2005 a oggi, certo è frutto almeno in parte di un grande fallimento della nazione, almeno per i giovanissimi superteppisti nati in Francia e lì educati in un quadro di povertà vera e relativa, in un contesto di educazione e formazione inidonea alla celebrata vittoria dei valori di integrazione repubblicana, dove il lavoro non manca più come una volta, grazie al dannato liberismo di Macron, però manca tutto il resto. E la nazione non si riconquista, come suggerisce il furbo e talvolta malizioso Zemmour, è un progetto folle e pericoloso, la nazione si ricostruisce su basi solide di tolleranza, di fraternità, di eguaglianza che non umilia e non livella, di libertà che non scatena, che non esclude ma implica un esercizio riconosciuto dell’autorità.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.