Scontri a Nanterre nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2023 (LaPresse)

La collera della Francia sarà studiata per il suo nichilismo e le sue derive culturali

Giuliano Ferrara

L’insurrezione TikTok e la nuova rete di insubordinazione. Il coprifuoco degli adolescenti e l’appello presidenziale alle famiglie indicano che nei territori perduti della Repubblica abita una generazione perduta, cresciuta nell’anarchia della rete e dei suoi strumenti di connessione, informazione, mobilitazione

L’insurrezione TikTok si è diffusa in un baleno in Francia, a macchia d’olio per tre notti consecutive, con le tecniche flash mob del mordi e fuggi. Un video ha mostrato un poliziotto uccidere un giovane di colore di diciassette anni che cercava di forzare un posto di blocco, e l’incendio si è propagato. Disordini simili si erano visti diciotto anni fa in circostanze analoghe, durarono tre settimane, portarono alla decretazione dello stato d’eccezione in seguito a saccheggi, attacchi alla polizia e a altre istituzioni e servizi pubblici, distruzioni e incendi. Ma qualcosa è cambiato. 
        

Il presidente ha chiesto ai genitori di tenere i figli a casa, sono in corso sequestri di contenuti detti sensibili circolanti sui social, alcuni sindaci hanno decretato il coprifuoco per i minori, sono annullati due concerti rock allo Stade de France: l’età media degli oltre ottocento arrestati della notte tra giovedì e venerdì è diciassette anni, come Nahel, come la vittima del posto di blocco. Emozione aspra e identificazione vittimaria per un’esecuzione in diretta, scatenamento della collera sociale in quartieri o ghetti etnici degradati e sottratti da decenni all’autorità territoriale dello stato, il fallimento di generose e vaste politiche di risanamento e integrazione, l’estate e le scuole chiuse, tutto questo non esaurisce la spiegazione di quanto sta avvenendo. Il coprifuoco degli adolescenti e l’appello presidenziale alle famiglie indicano che nei territori perduti della Repubblica abita una generazione perduta, cresciuta nell’anarchia della rete e dei suoi strumenti di connessione, informazione, mobilitazione. Sono i figli dei quarantenni protagonisti dei moti di fine regno di Jacques Chirac, quasi vent’anni fa, quattro presidenti e otto primi ministri dopo. 


       

   

Il modello operativo e psicologico della rivolta, che non ha leader ma ora è forte del sostegno di una estrema sinistra demagogica che al tempo era minuscola e ininfluente (Mélenchon ha detto: “Non faccio appello alla calma, faccio appello alla giustizia”), ha qualcosa di cieco, esprime un sinistro autolesionismo in comunità che escono letteralmente a pezzi dal confronto con i propri figli, e probabilmente è destinato a ripiegarsi su sé stesso nel tempo. Sta di fatto che con i gilet gialli, tutt’altra faccenda, partita come una guerriglia prolungata spinta dalle classi medie dei centri rurali e non dalle periferie urbane, e con la lunga e violenta battaglia contro l’aumento dell’età pensionabile guidata dai sindacati nelle forme estreme che si ricordano, compreso l’attacco diretto agli eletti della Repubblica e pratiche incendiare di casseur e black bloc, la Francia sperimenta ormai un’intero ciclo politico di ribellione e contestazione, un suo ciclo dell’anarchia le cui conseguenze politiche si potrebbero manifestare con l’ascesa del lepenismo riformato alla guida dello stato
        

Sarà però studiata a lungo, una volta passato il culmine della crisi, che forse non è ancora nemmeno arrivato, questa rete adolescente di insubordinazione che colpisce perfino i pompieri, si abbatte nichilisticamente su strutture sociali di uso popolare e comune e costringe a bloccare in tutta la Francia i mezzi pubblici durante la notte, mentre si autorizza l’uso dei blindati nelle città, richiesto dal ministro dell’Interno dopo la riunione dell’unità di crisi. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.