la versione russa

Mosca riscrive la storia di Katyn, con le parole di tanti anni fa

Micol Flammini

Il massacro di più di ventimila polacchi era stato riconosciuto negli anni Novanta, anche Putin aveva condannato le bugie di chi cercò di nasconderlo. Ria Novosti torna indietro, ma i documenti sono a Varsavia

La decisione di fidarsi della Russia, dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, è passata anche per  il riconoscimento da parte di Mosca dei crimini commessi durante l’Urss, quelli perpetrati contro i suoi stessi cittadini e contro i cittadini degli altri, che di stare dentro o sotto l’Unione sovietica non volevano proprio saperne. Ora tutto viene messo in discussione, ogni riconoscimento viene denunciato come un   crimine: i criminali di ieri sono stati beatificati e dirsi “colpevoli” è una forma di antipatriottismo.

 

L’agenzia di stampa Ria Novosti ieri ha fatto uno di questi passi indietro storici negando le responsabilità sovietiche del massacro di Katyn e definendolo una provocazione nazista. Katyn è un villaggio nella regione russa di Smolensk e nel 1940, nella sua foresta, circa ventiduemila polacchi furono giustiziati. Fu un’azione precisa, la volontà era sterminare la classe dirigente di un popolo che non aveva alcuna intenzione di sottomettersi, l’intenzione era privare la Polonia delle sue menti, non considerando che anche il resto del paese opponeva resistenza tanto ai nazisti quanto ai sovietici. Nazisti e sovietici, per anni, si accusarono a vicenda del massacro. A Katyn morirono ufficiali, giornalisti, politici, imprenditori, venivano da vari campi di prigionia dell’Unione sovietica, l’ordine di fucilarli arrivò dalle cariche più alte, l’informativa era stata firmata da Stalin. Durante il processo di Norimberga vennero comunque negate le accuse, nella costruzione del mondo in due blocchi, quando Varsavia finì inclusa nel Patto che portava il suo nome e la legava a Mosca, la consapevolezza che era stato compiuto un massacro a Katyn non cambiò molto le cose. Eppure da quell’atto così premeditato si poteva capire molto, dell’attenzione sovietica nei confronti del popolo polacco e  dell’uso dell’aggettivo nazista che stiamo conoscendo da un anno a questa parte. Fino agli anni Novanta, infatti, il massacro di Katyn, era definito una provocazione della Germania contro i sovietici, furono i soldati di Hitler nel 1943 a trovarne le tracce e sperarono di usarlo per screditare Mosca che riceveva gli aiuti anche occidentali per resistere all’invasione. Hitler andava fermato, in quel momento Mosca andava aiutata, Katyn fu dimenticata per un bel po’ e ci si dimenticò anche che dietro a quel massacro c’era un piano: impedire alla Polonia di sceglere la sua strada. 

 

Nel 1990, Michail Gorbaciov, dopo aver letto i resoconti di storici sovietici, porse le scuse ufficiali alla Polonia riconoscendo le responsabilità di Mosca. Nel 1992 Boris Eltsin consegnò a Varsavia i documenti ufficiali riguardo al massacro, incluso il resoconto che Lavrentij Berija mandò a  Stalin. Nel 2010 la Duma russa ammise le responsabilità di Mosca e Vladimir Putin condannò le bugie di chi aveva cercato di nascondere la verità su Katyn. Oggi Ria Novosti nega i documenti consegnati.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.