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problemi atomici

Non succede, ma se succede: cosa accade se c'è un “incidente” alla centrale di Zaporizhzhia

Jacopo Giliberto

Uno degli strumenti cui Mosca potrebbe ricorrere per rallentare l’avanzata ucraina è colpire le piscine sopra i reattori e, come con la diga, dare la colpa a Kyiv

Quello che segue è un articolo di pura ipotesi. Se fosse sintassi, sarebbe un periodo ipotetico dell’irrealtà. 

Sintesi. Qualora gli ucraini riuscissero a sfondare le linee, uno degli strumenti cui la Russia potrebbe ricorrere per rallentare un’avanzata è la “bomba sporca”, cioè danneggiare la centrale nucleare di Zaporizhzhia, lanciare un allarme internazionale per la radioattività e accusarne l’Ucraina.

La vicenda potrebbe assumere la dinamica accaduta, pur con modalità diverse, per la diga di Nova Kakhovka e per l’alluvione terrificante che ne è seguita. Nel caso della diga, tuttavia, la comunità internazionale ha saputo ben individuarne la responsabilità.

La centrale atomica di Zaporizhzhia (in sigla Zaes) è la più grande centrale atomica d’Europa. E’ composta da sei reattori ad acqua pressurizzata Vver-1000 da 950 megawatt l’uno di potenza. Si trova sulla sponda sud del lago che era formato dallo sbarramento distrutto di Nova Kakhovka. Da una settimana il lago è sempre più fangoso e basso.

Dei sei reattori, cinque sono in riserva fredda, cioè spenti. Uno è in riserva calda, cioè è fermo al minimo tecnico; non produce ma non è spento.

Come strumento strategico, gli occupanti della centrale potrebbero usare la radioattività. Una nube nucleare attribuita ai nemici ucraini avrebbe efficacia sia nell’allarme internazionale, visto quanto gli europei sono terrorizzati dall’argomento atomico, sia nel rendere inagibile ai nemici una vasta parte di territorio conteso.

Non avrebbe senso distruggere i reattori: sono strutture blindate, corazzate, ben protette; un incidente ai reattori non disperderebbe all’esterno alcuna radioattività. La fusione del nòcciolo di uranio rimarrebbe confinata nel nòcciolo.

Invece sopra gli edifici dei reattori ci sono le grandi piscine in cui vengono tenute a raffreddare le barre di combustibile atomico usato, cioè le barre piene di vecchie pastiglie di uranio. C’è una piscina sopra ogni edificio reattore in cui l’acqua assume quell’incredibile colore celeste fluo conferito dall’effetto Cerenkov.

Quelle piscine potrebbero essere lo strumento per accendere il terrore nucleare. Era accaduto a Fukushima nel 2011: rimaste a secco senz’acqua, le barre avevano cominciato a riscaldarsi, a friggere, ed era partita la scissione dell’idrogeno, il quale era esploso sfondando la copertura e diffondendo nell’aria piccole nubi contaminate.

Nel caso di Zaporizhzhia, fingendo l’arrivo di missili ucraini, studiando in modo opportuno i venti, i russi potrebbero far esplodere in una o più piscine di raffreddamento alcune cariche ad alta capacità (almeno un chilotone di potenza), in modo da distruggere lo stoccaggio del combustibile nucleare usato e il deposito temporaneo di rifiuti irraggiati. E’ sufficiente che dalle rotture nel calcestruzzo defluisca l’acqua che tiene freddo il combustibile usato.

Con uno studio accurato della direzione del vento, si può contaminare in modo diretto una zona fino a una decina di chilometri dalla centrale e si può costringere all’evacuazione un’ampia zona del raggio di oltre trenta chilometri nell’oblast di Zaporizhzhia, zona nella quale sarebbero compresi 19 centri abitati importanti come Energodar, Vasilkovski, Pologovski e Nikopol.

Una possibile dichiarazione indignata russa potrebbe dire che un missile ucraino, lanciato da terra o da un aereo, ha prodotto una detonazione convenzionale oppure anche nucleare (per esempio, della potenza di 35 chilotoni).

La Russia potrebbe così chiedere una condanna internazionale del paese invaso. E lascerebbe da pelare agli ucraini la gatta radioattiva.

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