Rapporti altalenanti

La missione di Mattarella per riavvicinare Francia e Italia, tra immigrazione e Da Vinci

Jean-Pierre Darnis

Italiani e francesi hanno bisogno gli uni degli altri, anche se sembrano destinati a non capirsi. Certamente l’autorevolezza del capo di stato italiano contribuirà a riportare le relazioni in un quadro di auspicabile cordialità. Ma per andare oltre serve una forma di alleanza esplicita tra Meloni e Macron, oggi tutt’altro che scontata

La visita di Sergio Mattarella a Parigi ci riporta indietro di quattro anni. Nel maggio del 2019 il presidente della Repubblica italiana aveva risposto in modo positivo all’invito di Emmanuel Macron di presiedere alla cerimonia per l’anniversario della morte di Leonardo da Vinci. Un viaggio che era anche una mossa diplomatica per abbassare i toni fra Parigi e Roma, dopo la grave crisi iniziata nel 2018. Anche oggi, i rapporti tra i governi francese e italiano si sono parecchio allentati, e Sergio Mattarella riparte in Francia per ricucire.

 

Oggi come ieri, lo fa utilizzando il pretesto di un evento culturale, l’apertura della mostra dedicata alle opere di Capodimonte al museo del Louvre. Ma dietro le celebrazioni artistiche, sussiste una serie di dimensioni problematiche. Il dossier degli scambi artistici con il museo del Louvre è tutt’altro che neutrale. Abbiamo già assistito a un’annosa disputa sulla rivendicazione di un Leonardo da Vinci “italiano” contro un Léonard de Vinci “francese”, mentre la presenza del suo  dipinto più famoso nel museo parigino ha spesso suscitato reazioni epidermiche come: “Ridateci la ‘Gioconda’”. Recentemente il ministro italiano della Cultura ha presentato alla direttrice del Louvre una lista di duecento opere che sarebbero state prese nell’Italia preunitaria dalle truppe napoleoniche, una mossa che suscita le perplessità di numerosi esperti. E le critiche ai direttori francesi di istituzioni culturali italiane non sono mancate, il che rende paradossale la posizione di Sylvain Bellenger, il manager simbolo del rinnovo di Capodimonte. 

 

Certamente l’autorevolezza di Sergio Mattarella, il quale ha un eccellente rapporto con Emmanuel Macron, contribuirà a riportare le relazioni tra Italia e Francia in un quadro di auspicabile cordialità. Non bisogna però pensare che l’abilità e la statura del presidente italiano bastino a curare le relazioni bilaterali tra Roma e Parigi. Italia e Francia sono molto integrate, nel settore industriale ma non solo, con  una fortissima compenetrazione dei settori scientifici, tecnologici e culturali. Sono fenomeni rilevanti che determinano una sociologia italo-francese densa e complessa, a tal punto che le politiche delle due nazioni si dimostrano poco adatte a governarne le dinamiche e aspettative. L’industria offre numerosi esempi dell’importanza delle integrazioni.  

Il punto più dolente rimane però quello delle opposizioni, a causa del parallelismo delle politiche interne in materia di immigrazione. In una recente intervista l’ex primo ministro francese Édouard Philippe ha ben descritto il lato poco esplicito della percezione negativa di Parigi sui temi dell’immigrazione, che è in realtà avversa ad alcune fasce della popolazione di origine straniera. Allo stesso modo,  in Italia esistono meccanismi simili di designazione di un rifiuto più generale nei confronti degli stranieri, che si esprimono nell’opposizione all’immigrazione clandestina. 

Ci troviamo quindi con delle questioni parallele che sono al centro della tenuta del governo di destra in Italia ma anche di quello di Emmanuel Macron in Francia, impegnato ad arginare l’ascesa del Rassemblement national di Marine Le Pen. Una  battaglia interna delle destre, che si riversa anche sullo scacchiere europeo, dove stiamo già assistendo a una competizione sul perimetro della probabile maggioranza a trazione popolare, con strategie diverse da parte di Macron e Meloni. 

E non finisce qui: la Francia appare oggi  piuttosto isolata nel contesto europeo, mentre la cooperazione con la Germania funziona ai minimi storici e le auspicate sinergie con Spagna o Paesi Bassi stentano a decollare. D’altro canto, anche l’Italia in Europa si trova sprovvista di alleanze con paesi importanti. Le partite europee sono fondamentali e richiedono la capacità di allearsi per inserire la difesa dei propri interessi all’interno di convergenze. In termini pragmatici, l’Italia e la Francia avrebbero tutto l’interesse a far crescere il proprio dialogo, anche adoperando gli utili strumenti predisposti dal Trattato del Quirinale ormai in vigore, un dispositivo sempre sostenuto dal presidente Sergio Mattarella. 

Italiani e francesi hanno bisogno gli uni degli altri, anche se sembrano destinati a non capirsi. Mirare a un rapporto ridotto ai minimi, ma comunque  sostenuto dal trattato bilaterale, potrebbe rivelarsi comunque efficace. Ma questo non si potrà fare in mancanza di una forma di alleanza esplicita tra Meloni e Macron, tutt’altro che scontata.