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tensioni Francia-Italia

Darmanin prende Meloni come esempio del fallimento della destra francese sui migranti

Jean-Pierre Darnis

Le dichiarazioni del ministro degli Interni francese hanno suscitato un forte disagio a Parigi, dove il ministero degli Affari esteri e la presidenza della Repubblica stanno coltivando una linea di avvicinamento con l’Italia

Il clima tra Roma e Parigi rimane burrascoso. Mentre il presidente francese Emmanuel Macron a Reykjavik esprime la necessità di solidarietà con l’Italia di fronte al problema migratorio, il ministro francese degli Interni Darmanin ribadisce le critiche rivolte a Giorgia Meloni. A novembre scorso si era creato un putiferio sulla questione dell’accoglienza della nave Ocean Viking che aveva subito guastato i rapporti, nonostante Macron fosse stato il primo capo di stato a incontrare la premier italiana appena insediata. Darmanin durante un’intervista aveva già criticato la capacità di Giorgia Meloni di controllare i flussi migratori, suscitando malumori da parte del governo italiano. Impegnato a marcare il terreno sulla questione migratoria in opposizione al Rassemblement National di Marine Le Pen, Darmanin ha preso l’esecutivo italiano come esempio del fallimento delle idee dell’estrema destra francese in materia di controllo dell’immigrazione.

Anche se Darmanin si muove a destra all’interno della maggioranza macroniana per non lasciare spazio politico alla Le Pen, le sue dichiarazioni sul governo italiano hanno suscitato un forte disagio a Parigi, dove il ministero degli Affari esteri e la presidenza della Repubblica stanno coltivando una linea di avvicinamento con l’Italia, come si è visto durante il Consiglio europeo. Esiste dunque una tensione contraddittoria tra due tipi di logiche.

La prima fa del rapporto bilaterale una componente delle battaglie politiche interne. Per la Francia ci sono due scadenze importanti, le europee del 2024 e le presidenziali del 2027. Nel contesto delle europee la Meloni fa parte dei conservatori europei, oggi dialoganti con il Ppe, e che potrebbero quindi giocare un ruolo in un’eventuale ricomposizione della coalizione europea. Nel 2018 ci fu un momento di grande tensione fra Italia e Francia: Macron stava preparando la campagna delle europee del 2019 posizionandosi contro la forza sovranista rappresentata da Salvini e Orbán. Oggi è diverso: mentre Marine Le Pen e Matteo Salvini sono membri dello stesso gruppo europeo  Identità e democrazia, Meloni si distingue con la sua strategia di avvicinamento all’area governativa: questo crea una competizione all’interno di una probabile coalizione allargata. Si tratta di una nuance non da poco, che può anche essere problematica nella valutazione del governo italiano dove Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega esprimono linee europee contradittorie. In Francia, questo scenario è esacerbato dalle prossime presidenziali dove la Le Pen appare già come il nemico da battere per un campo moderato rimasto  senza candidato – Macron non può presentarsi per un terzo mandato.

La seconda è la necessità di mantenere  i rapporti di cooperazione tra Italia e Francia. Dal punto di vista industriale, economico ma anche nel contesto della guerra in Ucraina, la buona gestione del  bilaterale esige rapporti stretti e frequenti.  Inoltre l’Europa è scossa da alcune dinamiche: i rapporti tra Parigi e Berlino si sono incrinati, il che spinge la Francia   a cercare aperture con Spagna e Paesi Bassi, mentre il governo italiano ha difficoltà a stabilizzare relazioni privilegiate all’interno dell’Unione.  L’impianto definito dal Trattato del Quirinale, entrato in vigore l’anno scorso, rispondeva alla necessità di una maggiore governance delle varie partite bilaterali. E nei settori degli esteri, della difesa o dell’industria, si sono attivati alcuni meccanismi previsti, per scambi di informazione e definizione di tavoli comuni nel contesto europeo. I presupposti sembrano quindi diversi dal periodo 2018-2019, quando si era registrata una vera  crisi. Ci sono però dei segnali  negativi: l’annunciato spoil system nel settore culturale italiano potrebbe apparire come una forma di nazionalismo discriminatorio nei confronti dei pochi direttori francesi di musei e teatri italiani. La candidatura di Roma come sede dell’esposizione universale del 2030 vede la città di Parigi, gemellata con la capitale italiana, proclamare il suo sostegno mentre il governo francese sembra appoggiare l’Arabia Saudita. E mentre da parte di Roma proseguono con efficacia i lavori per la Torino-Lione, la controparte francese risulta in ritardo. Se dal lato italiano si osserva un certo ritorno a delle forme di paranoia anti francese, dal lato francese constatiamo delle linee politiche poco chiare nei confronti dell’Italia. La posta in gioco rende inevitabili gli scontri, in assenza  della piena attuazione del Trattato del Quirinale, che non sembra all’ordine del giorno.

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