Una nave porta container di Cosco nel porto di Amburgo (Lapresse)

Il caso

I pericoli che Scholz non vede nell'accordo con la Cina ad Amburgo

Daniel Mosseri

Cosco, il gigante del trasporto marittimo controllato del governo di Pechino, vuole rilevare una quota della struttura del porto anseatico. Il cancelliere spinge per la vendita, ma rimangono molti dubbi

Berlino. Ieri il caso della Banca Warburg, oggi quello di Tollerort: Amburgo continua a inseguire il suo concittadino Olaf Scholz nella capitale tedesca, presentandogli nuove grane: Tollerort, uno dei terminal del grande porto anseatico. Cosco, il gigante cinese del trasporto marittimo controllato del governo di Pechino, vorrebbe concludere l’accordo siglato con la città per rilevare una quota della struttura. Era stata la Hamburger Hafen und Logistik AG (Hhla) a stabilire che i cinesi avrebbero rilevato il 35 per cento del terminal. L’attacco russo in Ucraina ha poi però rilanciato il tema della dipendenza (dal gas russo o dai traffici con la Cina). E lo scorso 31 ottobre il governo decise che Cosco avrebbe acquistato solo il 24,9 per cento di Tollerort. Poi tutto si è fermato. “La Cina è di gran lunga il più grande partner commerciale della Germania. Noi e il porto aspettiamo da 18 mesi l’ok finale a questa transazione”, ha recentemente detto in conferenza stampa Angela Titzrath, presidente di Hhla. Titzrath non ha però menzionato che a metà aprile l’agenzia governativa per la sicurezza informatica (Bsi) ha riclassificato quel terminal come “infrastruttura critica”,  perché un’interruzione dei flussi commerciali su quelle banchine metterebbe in pericolo l’approvvigionamento della popolazione.

 

La nuova etichetta riapre la questione della vendita a Cosco che oggi non potrebbe andare oltre la quota del 10 per cento. Lo ha ricordato all’esecutivo anche Norbert Röttgen, esponente di spicco della Cdu e membro della commissione Esteri al Bundestag: “Il governo del cancelliere Olaf Schoz”, ha dichiarato al canale Ndr, “ha sempre operato come se non si trattasse di un’opera critica: l’errore è adesso certificato”. Scholz ha sempre sostenuto Titzrath e la vendita alla Cina forzando la mano agli alleati di governo ma dopo l’intervento del Bsi, i Verdi non ci stanno più. La ministra degli Esteri, l’ecologista Annalena Baerbock, è tornata dalla sua missione a Pechino ancor più convinta che la Germania debba gradualmente allontanarsi dalla Cina. Il suo compagno di partito e titolare dell’Economia, Robert Habeck, ha fatto gioco di sponda: dal suo ministero è partita un’informativa al Parlamento in cui si osserva come la segnalazione della criticità di Tollerort sarebbe dovuta partire oltre un anno fa proprio dalla Hhla. La mancata denuncia configura fra l’altro un illecito amministrativo. Anche la Fdp, il più piccolo dei partiti di governo, ha cambiato idea spiegando per voce del deputato Michael Kruse che la riclassificazione del terminal rende “inevitabile” una revisione dell’intesa. Ma Titzrath è un osso duro: “Almeno 1,35 milioni di posti di lavoro dipendendo dai porti tedeschi. E la metà di questi direttamente da Amburgo”.

 

La questione del terminal si aggiunge alla lista di nodi di difficile soluzione per una maggioranza di governo incline a interpretare sempre gli stessi ruoli. La Spd del cancelliere è il partito che punta a tutelare gli interessi vivi del paese senza porsi troppe domande sul futuro. Scholz non sembra dunque aver fatto tesoro della lezione recente sulla dipendenza energetica dalla Russia. Verdi e Liberali, tra di loro divisi sulla transizione energetica, vorrebbero invece una Germania già in fase di distacco da Pechino. Nel dibattito si inseriscono i giornali. La testata progressista Die Zeit pone l’accento sulla natura dell’acquirente, una holding di proprietà del governo cinese: “Non si può dire che Cosco non sia stato finora un partner affidabile nel porto di Amburgo. Ma sarebbe sciocco credere che Cosco non abbia trasmesso i dati sensibili sul terminal al governo statale oppure che non agisca nell’interesse del partito (comunista cinese)”. Oltre al rischio dipendenza, alla repressione di Pechino contro gli uiguri e i toni aggressivi nei confronti di Taiwan, Die Zeit ricorda una nota più commerciale. “Le aziende tedesche hanno molto meno accesso alle aziende cinesi che viceversa, e questo è anche il caso dei porti. Inoltre, nessuno ha stabilito che Cosco si ritirerà (dal porto) se la partecipazione (al terminal) sarà vietata”. Osservazioni che, Olaf Scholz, al momento di decidere, non potrà ignorare.

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