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editoriali

L'ipocrisia di Lavrov sulla libertà di stampa

Redazione

Il ministro degli Esteri russo ha criticato gli Stati Uniti per la mancata concessione di visti ai giornalisti russi che dovevano seguirlo al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Nove giornalisti in carcere per smentire le parole del ministro sui diritti in Russia

Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, è arrivato negli Stati Uniti per la riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, di cui lui sarà il padrone di casa, visto che fino alla fine di aprile la presidenza spetta alla Russia. Lavrov ha incontrato il segretario generale dell’Onu António Guterres, al quale ha detto che la guerra è una questione di sicurezza: Guterres ha risposto che è una violazione della Carta  Onu.

 

La presenza di Lavrov a New York denuncia una delle storture dell’architettura internazionale e per Mosca è una grande occasione propagandistica. Al seguito del ministro non ci sono però i giornalisti russi, i quali non hanno ottenuto i visti necessari per coprire la visita. Lavrov  è andato di fronte alle telecamere per sottolineare quanto gli Stati Uniti, che si fregiano di essere i più forti, i più liberali, i più aperti del mondo, abbiano dimostrato invece di non  avere a cuore i princìpi e i valori di cui parlano, inclusa la libertà di parola. Mosca è sempre molto brava a gridare allo scandalo, a rivoltare la realtà e a presentare la Russia come un universo di diritti che può fare la morale all’occidente.

 

La morale di Lavrov sulla censura americana è parsa però ancora più ipocrita nel momento in cui il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich è  in prigione a Mosca con l’accusa di spionaggio, ha difficoltà a parlare con i funzionari della sua ambasciata e potrebbe essere condannato a vent’anni di carcere perché, dice la Russia, è stato colto in flagranza di reato. Le prove mancano, intanto Gershkovich è  un ostaggio della giustizia russa. Proprio questo fine settimana il Moscow Times ha raccontato di almeno nove casi di giornalisti russi imprigionati per il loro lavoro. Lavrov ora utilizza la piattaforma internazionale di uno scranno che è anomalo che presieda per indignarsi per i visti non concessi ai suoi giornalisti – una decisione che Washington dovrà chiarire – parla di libertà di parola e di diritti, mentre il regime putiniano che lui rappresenta è il posto peggiore in cui esercitare la professione del giornalista.