(foto EPA)

Tre giorni di vertice

Il summit di Biden serve per coordinare le democrazie, non a dare patentini

Paola Peduzzi

Secondo Freedom House, la democrazia si sta erodendo nel mondo ma a un ritmo molto più contenuto rispetto al passato. Cosa serve per rafforzare l'asse contro le autocrazie

Oggi inizia il vertice per “rafforzare le democrazie” voluto da Joe Biden già durante la sua campagna elettorale per diventare presidente degli Stati Uniti, organizzato nel 2021, e saltato nel 2022 perché la Russia aveva attaccato militarmente una democrazia e questa era (ed è) la priorità. E’ un incontro virtuale, che si apre oggi con un intervento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che crea sempre molte polemiche sulla lista degli invitati (121 paesi), sui pesi e sulle misure differenti utilizzati dall’America per promuovere la democrazia nel mondo, e soprattutto sul fatto che le democrazie sono in ritirata e le autocrazie prendono spazio.

Si cita a questo proposito il report annuale della Freedom House – l’ultimo è stato pubblicato venti giorni fa – che registra un’erosione democratica costante da 17 anni. Ma quest’anno il saldo tra chi perde libertà democratiche e chi le conquista è sempre a favore dei primi ma con uno scarto piccolissimo se confrontato con gli anni precedenti, tanto che Yana Gorokhovskaia, una delle autrici del documento, dice: “Il ritmo del declino e la diffusione geografica del declino sono in notevole rallentamento, e questo ci fa pensare che stiamo arrivando a un punto di svolta”. La richiesta di libertà “è piuttosto persistente” e il progresso democratico è possibile perché c’è sempre questa domanda, dice la studiosa, e quindi “spetta alle democrazie e alla società civile fornire sostegno alle persone che lottano per la libertà”.

 

A questo serve l’incontro organizzato dalla Casa Bianca, non tanto e non solo a dare patentini di buona democrazia, cosa invero presuntuosa, quanto piuttosto, come dice l’organizzatrice del vertice, Katie LaRoque, a costruire “un coordinamento” tra democrazie  per avviare quei “cambiamenti che possono contenere l’aggressione autoritaria dilagante”. A ben vedere, questo è il progetto che gli Stati Uniti stanno portando avanti nell’ultimo anno, in seguito all’attacco militare dei russi all’Ucraina: spezzare le neutralità complici con Mosca e costruire un’alleanza di democrazie con una base comune di valori. Con tutta probabilità due anni fa, quando si è tenuta la prima edizione, l’obiettivo era diverso, Biden voleva restaurare l’immagine degli Stati Uniti che era stata scheggiata dalla presidenza Trump soprattutto nei rapporti con gli alleati, ma l’afflato democratico non pareva tra le priorità del presidente democratico, come in parte dimostra il ritiro non coordinato e molto caotico (eufemismo) dall’Afghanistan. La guerra voluta da Putin contro l’Ucraina ha rovesciato la dottrina ritirista e mostrato che serve un riallineamento democratico, ancor più urgente quando c’è un assalto di un regime violento e il dilagare delle autocrazie potrebbe aver raggiunto il suo picco.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi