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Il caso

L'Ema vuole stare ad Amsterdam, ma non vuole le luci rosse

Francesco Gottardi

Le celebri vetrine erano troppo vicine all'ente regolatore: ora il comune olandese ha deciso di dislocarle dal centro storico a un’altra area della città. E si tira in ballo persino Bruxelles

Cosa c’entra l’Ema con il quartiere a luci rosse di Amsterdam? Fino a qualche giorno fa, poco. E l’Agenzia europea del farmaco ha tutte le intenzioni di continuare ad averci a che fare il meno possibile. Il comune ha deciso di dislocare parte delle celebri vetrine dal centro storico a un’altra area della città. “Ad almeno mezzo chilometro dalla sede dell’Ema”, fa sapere un portavoce. Troppo vicino, rispondono dall’ente regolatore, dicendosi “molto preoccupati per un progetto che porterebbe schiamazzi, spaccio e insicurezza fuori dalla nostra porta”. Il punto è che la vivibilità del centro storico è giunta al limite. Bastano due passi per le strade seicentesche del De Wallen, dove ha sede il quartiere a luci rosse, per farsi un’idea: sporcizia, degrado, turismo fuori controllo. Dalle lavoratrici del sesso ai coffeeshop, tutte le mete dello sballo sono strettamente regolamentate. Ma non è più sufficiente. Da qui il piano del comune, per distribuire il flusso di avventori. Con cui in teoria sono tutti d’accordo. Ma in pratica: dove spostare un pacchetto tanto rovente?

 

Naturalmente, nessuno vuole farsene carico. Tanto meno l’Ema, sbarcata quaggiù dopo la Brexit e un serrato testa a testa con Milano per l’assegnazione del nuovo quartier generale. Da gennaio 2020 i suoi uffici si trovano ad Amsterdam Zuid, un distretto finanziario a circa 3 chilometri dal centro. E due delle tre aree cittadine passate al vaglio per ospitare “il nuovo centro erotico di alta qualità e intrattenimento discreto, senza la solita platea di strada”, si troverebbero nei dintorni. Circa dieci minuti a piedi. “Il mercato del sesso fa parte di Amsterdam e sarà così per sempre”, ha dichiarato Femke Halsema, sindaco dal 2018 e già leader del partito politico Sinistra verde: “La situazione è insostenibile, non per colpa di chi ci lavora, ma dei comportamenti deviati  dei turisti”.

 

La contromisura sulle vetrine farebbe parte di una strategia più ampia per il ripristino del decoro nel cuore di Amsterdam. Sono già in vigore leggi anti Airbnb e restrizioni alla vendita di alcolici. Inoltre, a partire da maggio verranno anticipati gli orari di chiusura degli esercizi di ristorazione e  sarà vietato fumare cannabis per le strade: “una svolta epocale”, scrivono i giornali. Così le autorità locali hanno iniziato a fare i conti con una realtà sfuggita di mano: il solo quartiere a luci rosse  porta ogni anno 18 milioni di visitatori e un volume d’affari da oltre 2,5 miliardi di euro. La tassa da pagare però è il progressivo spopolamento, “a causa della microcriminalità attratta dal turismo”, sottolinea il comune, “e dagli abusi di alcol e droghe”. Eppure i prezzi delle case continuano a salire a dismisura, favorendo l’insediamento di espatriati europei benestanti: oggi il 40 per cento di chi vive in centro storico non è olandese. Il timore diffuso è che alleggerire il peso del De Wallen significhi esportare i suoi problemi altrove. L’Ema ha chiamato in causa perfino Bruxelles, che la finanzia, appellandosi al proprio ruolo “sul piano politico e diplomatico, in piena cooperazione con la Commissione europea, per garantire un ambiente di lavoro sicuro”. Il sindaco di Amsterdam si è limitato a ribadire che il nuovo sito erotico non sarà un parco divertimenti. E che porterà lavoro, non degrado. È l’ultima scommessa liberale dei Paesi Bassi. Puntate prudenti, finora.

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