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Il caso

Tra dimissioni e ricorsi, continua la "bollorizzazione" del settimanale Paris Match

Mauro Zanon

La denuncia della firma storica Émilie Blachère, che si è rivolta al giudice del lavoro dopo il rifiuto delle sue dimissioni: critica "l’ingerenza di Vincent Bolloré", che ha acquisito la rivista parigina cambiando la linea editoriale

Parigi. Émilie Blachère era una delle giornaliste di punta di Paris Match, una veterana del settimanale di attualità politica e culturale parigino. Non a caso la chiamavano “bebè Match” i suoi colleghi, o meglio i suoi ex colleghi, perché venerdì scorso ha fatto appello ai Prud’hommes, il Collegio dei probiviri, per far valere la sua clausola di coscienza: lo strumento a disposizione dei giornalisti che permette di dimettersi per giusta causa da un media che ha cambiato bruscamente linea editoriale senza perdere il diritto alle indennità. Si è rivolta al giudice del lavoro, Émilie, perché la direzione di Paris Match ha rifiutato le sue dimissioni, asserendo che non c’è stata nessuna rivoluzione, che tutto è come prima, anche se tutto come prima non è: dallo scorso anno, l’azionista di maggioranza di Lagardère, il gruppo che controlla il settimanale, è il magnate bretone Vincent Bolloré.

 

“Porto avanti questa battaglia per il mio giornale, lo amo profondamente, lo rispetto. Ero molto fiera di lavorare per Paris Match, perché è un giornale che si rivolge a tutti, da mia nonna al presidente Macron”, ha dichiarato Émilie Blachère al quotidiano online Les Jours, prima di aggiungere: “Ciò che denuncio è l’ingerenza di Vincent Bolloré”. Il patron di Vivendi, che ha già nel suo portafoglio il colosso televisivo Canal Plus e l’influente emittente radiofonica Europe 1, ha fagocitato il gruppo Lagardère con l’obiettivo di allargare alla carta stampata il suo progetto di “Fox News francese”. Anche se il controllo del polo editoriale da parte di Vivendi deve essere ancora convalidato formalmente dalle autorità europee garanti della concorrenza, Bolloré e i suoi pasdaran hanno già allungato le mani sui titoli di Lagardère, Paris Match e Journal du dimanche: facendo pressione sulle redazioni, cambiando i direttori e imponendo surrettiziamente una linea editoriale più vicina a quella di Cnews e C8, i due megafoni del sovranismo catodico.

 

La situazione è troppo grave. Stanno calpestando il lavoro e lo spirito di Paris Match”, deplora Émilie Blachère, che è soltanto l’ultima della lunga lista di giornalisti che hanno sbattuto la porta del periodico negli ultimi mesi. Da quando è arrivato il nuovo direttore Patrick Mahé, cresciuto nei movimenti giovanili nazionalisti e con un’esperienza in politica nelle fila dell’Ump (il partito della destra gollista che oggi si chiama Républicains), sono in venti su sessantatré ad aver lasciato la redazione: tutti per ragioni editoriali. Alcuni sottolineano la scelta strategica delle copertine per ingraziarsi un certo elettorato conservatore, come quella dedicata la scorsa estate al cardinal Robert Sarah che sarebbe stata “imposta” da Bolloré, secondo la società dei giornalisti (“Questa scelta non corrisponde alla linea editoriale del giornale e ci sembra, in questo inizio d’estate, una scelta pericolosa, che potrebbe disorientare i nostri lettori e allontanarli dal nostro magazine”, protestarono in un comunicato al vetriolo).

 

Altri fanno notare che la nomina di Laurence Ferrari, anchorwoman della destrorsa Cnews, a capo del servizio politico, è tutt’altro che casuale: si iscrive in una logica di sinergie editoriali e commerciali tra Lagardère e i media del gruppo Vivendi. “Da quasi due anni, assistiamo a una violenza manageriale assai inaudita e a una serie di sconfitte editoriali. Alcuni articoli politici vengono censurati. Mentre quelli amabili (verso il mondo Bolloré, ndr) vengono messi in risalto o ritoccati per compiacere il principale azionista”, ha denunciato in forma anonima a France Info un reporter dimissionario. Non è passato inosservato, lo scorso novembre, l’articolo ditirambico consacrato al libro “Dieu. La Science. Les Preuves”, pubblicato dalle edizioni Tredaniel La Maisnie. Gli autori? Olivier Bonnassies e il fratello maggiore di Vincent Bolloré, Michel-Yves Bolloré, il cui nome, curiosamente, non appare nella recensione celebrativa. Goffo tentativo di nascondere la bollorizzazione di Paris Match.