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editoriali

Per il Consiglio europeo si prepara la battaglia su immigrazione e movimenti secondari 

Redazione

I Paesi Bassi chiedono "la piena applicazione del regolamento di Dublino". E assieme a Belgio, Danimarca e Austria, i cui sistemi di accoglienza hanno raggiunto il limite con ripercussioni politiche, picchiano duro sull’Italia e altri paesi di primo ingresso

"Assicurare la piena applicazione del regolamento di Dublino”. E’ questa una delle principali richieste avanzate dai Paesi Bassi in vista del Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio, quando i leader dell’Ue torneranno a discutere di politiche migratorie. L’Italia e gli altri paesi di primo ingresso saranno protagonisti, ma non per la solidarietà: saranno sul banco degli imputati, perché consentono ai migranti che arrivano sul loro territorio di fuggire in altri stati membri e non riprendono indietro “i dublinanti”, in violazione delle regole di Dublino. Tecnicamente si chiamano “movimenti secondari”. I dati forniti dalla commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, danno l’ordine di grandezza del problema: l’Ue nel 2022 ha registrato 300 mila ingressi irregolari (concentrati al sud) e 900 mila richieste di asilo (concentrati al nord). Paesi Bassi, Belgio, Danimarca e Austria, i cui sistemi di accoglienza hanno raggiunto il limite con ripercussioni politiche, hanno deciso di picchiare duro sull’Italia e altri paesi di primo ingresso, sempre pronti a chiedere solidarietà, ma senza accettare responsabilità.

 

In un documento informale, il governo olandese chiede di “attuare Dublino e contrastare le migrazioni irregolari secondarie”. In attesa di un accordo sul nuovo Patto su migrazione e asilo, la Commissione è chiamata ad “assicurare la piena attuazione del regolamento di Dublino” e lanciare “programmi pilota” che imporrebbero ai paesi di primo ingresso di rinchiudere i migranti irregolari in appositi centri per essere rimpatriati.

 

Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, vuole evitare una rottura il 9 e 10 febbraio e punterà sulla dimensione esterna delle politiche migratorie per mettere tutti d’accordo. Ossessionato dalle ong, non cooperativo sui “dublinanti”, il governo Meloni ora corre il rischio di vedersi chiudere la valvola di sfogo dei movimenti secondari.