Foto di Heikki Saukkomaa, Lehtikuva, via AP, via LaPresse 

Editoriali

La roulette bielorussa dei processi: ora tocca a Tikhanovskaya

Redazione

Per chi è in prigione spuntano crimini sempre nuovi. È il turno dell'oppositrice del dittatore Lukashenka, ora in esilio. Imputata di dieci crimini, la sceneggiata in tribunale sarà in sua assenza. L'ennesima opera di demonizzazione

Sono molte le caratteristiche che ormai uniscono Russia e Bielorussia. Tra queste c’è il sistema giudiziario e la mania di martoriare gli oppositori con processi senza fine. Non basta una condanna severa, improvvisamente spuntano altri crimini, si riaprono processi e gli anni di pena diventano infiniti, come il numero di crimini. Svjatlana Tikhanovskaya, la leader dell’opposizione bielorussa in esilio, è fuggita dal suo paese nel 2020, dopo che il dittatore Aljaksandr Lukashenka si era dichiarato vincitore delle elezioni per le quali non ha mai permesso di contare i voti: le schede elettorali sono state distrutte.

 

A Tikhanovskaya era stato detto: o la galera o l’esilio. Lei, con due figli piccoli e un marito già in prigione, ha scelto l’esilio, e dopo pochi mesi è stata dichiarata un pericolo per il paese assimilabile a una terrorista. Vive da allora in Lituania, senza poter avere contatti con suo marito, l’oppositore Sergei Tikhanovski, e cercando di rappresentare la Bielorussia che vuole un cambiamento nel nome della democrazia.

 

Ieri è iniziato un processo contro di lei, si svolgerà in sua assenza, senza che lei possa difendersi. I crimini che le vengono imputati sono più di dieci, e la sceneggiata in tribunale fa parte di un’opera di demonizzazione che il dittatore porta avanti per depotenziare l’opposizione in un paese spopolato e spaventato. Tikhanovskaya non può tornare in Bielorussia, il rischio è molto alto. Per gli altri oppositori che sono finiti in prigione, come suo marito, continuano i processi, che aggiungono al martirio giudiziario, psicologico e fisico anni  in più.

 

A fine 2022, la collaboratrice di Tikhanovskaya, Maria Kalesnikava, si è sentita male mentre era detenuta in una colonia penale; la sua salute si è rimessa, ma non si sa cosa avvenga in questi posti della paura in cui Lukashenka rinchiude i suoi oppositori. Voleva che i bielorussi dimenticassero questi coraggiosi rappresentanti di un futuro che non arriva. Non ci è riuscito, spera allora che, un processo dietro l’altro, i bielorussi li rinneghino. Non gli riuscirà neppure questo.