In Afghanistan
Chi era l'ex deputata afghana uccisa a Kabul
Rifiutò la fuga dopo il ritorno dei talebani
Mursal Nabizada è stata giustiziata domenica notte insieme a una delle sue guardie del corpo. Lavorava per la democrazia e i diritti delle donne
Sono entrati dentro la casa che usava anche come ufficio, domenica alle tre del mattino, e l’hanno giustiziata insieme a una delle sue guardie del corpo. E’ morta così, Mursal Nabizada, 32 anni, uccisa da killer che al momento restano ancora senza volto. “Ho sentito gli spari e quando siamo scesi, gli assalitori erano già andati via mentre mia figlia era stesa a terra in una pozza di sangue.” E’ quanto ha detto a Tolo News la madre della vittima.
Secondo il portavoce della polizia di Kabul, Khalid Zadran, nell’assalto sono rimasti feriti anche il fratello dell’ex deputata e un’altra guardia del corpo. Un terzo uomo della sicurezza personale di Mursal Nabizada sarebbe invece fuggito con soldi e gioielli appartenenti alla vittima. “Le forze di sicurezza hanno iniziato immediatamente un’indagine per assicurare gli aggressori alla giustizia", ha dichiarato il capo della polizia locale Molvi Hamidullah Khalid. A parte queste poche parole, nessuno ha risposto a domande né dato alcuna indicazione sui possibili moventi. “Non so se si tratta di una questione politica, di certo Mursal non aveva nemici personali", ha detto la sorella della vittima. Per ora nessuno ha rivendicato l’omicidio.
Mursal Nabizada era una figura pubblica molto nota nel paese e all’estero. Nata nella provincia orientale di Nangarhar, aveva studiato a Peshawar, nel vicino Pakistan, dove si era laureata in Economia aziendale, prima di tornare in Afghanistan per dedicarsi alla politica. Nel 2018 era stata eletta deputata proprio nella capitale. Oltre a essere un membro del parlamento, Nabizada era stata anche componente della commissione Difesa fino agli ultimi giorni di vita della Repubblica Islamica, nell’agosto 2021. Con il ritorno al potere dei talebani, era stata una delle poche donne afghane con incarichi pubblici che avevano deciso di rimanere in Afghanistan. Nei mesi scorsi era apparsa in tv con il volto coperto per parlare del suo impegno nell’organizzazione non governativa Institute for Human Resources Development and Research, dove lavorava da anni.
L’omicidio ha suscitato reazioni sia in Afghanistan che nella comunità internazionale dove Mursal Nabizada era nota per le sue battaglie in difesa della democrazia e dei diritti umani. La sua ex collega in parlamento, Mariam Solaimankhil, ha espresso il suo dolore e le ha reso omaggio su twitter definendola “un esempio per l’Afghanistan, una pioniera, una donna forte e schietta che ha difeso ciò in cui credeva, anche di fronte al pericolo. Nonostante avesse avuto la possibilità di lasciare l’Afghanistan aveva deciso di restare e lottare per il suo popolo”.
Da quando i talebani sono tornati al potere, è la prima volta che viene ucciso un esponente della precedente amministrazione. Ma la morte di Mursal Nabizada è solo l’ultimo fatto di sangue di una lunga scia di attentati e omicidi che sta attraversando il paese, segno di un progressivo deterioramento della sicurezza soprattutto nella capitale, dove gli attentati sono arrivati a minacciare il cuore dell’Emirato Islamico. La scorsa settimana almeno cinque persone avevano perso la vita in un’esplosione avvenuta davanti al ministero degli Esteri, nel mezzo della Green Zone, il centro blindato della capitale dove si trovano i principali edifici governativi.
Ma l’omicidio di Nabizada giunge anche al culmine di una campagna di decreti governativi che hanno progressivamente imposto una serie di restrizioni alle donne afghane. Dal divieto di passeggiare nei parchi pubblici a quello di frequentare gli hammam, dalla sospensione dell’istruzione universitaria all’interdizione di lavorare nelle ong nazionali e internazionali. Decisioni che non solo ledono i diritti delle donne, suscitando per questo reazioni indignate della comunità internazionale, ma che rischiano anche di paralizzare la società e l’economia afghana. In questo quadro, l’uccisione di Nabizada contribuisce ad alimentare ulteriormente la coltre di tristezza in cui versa oggi l’Afghanistan.
L'editoriale dell'elefantino