Foto di Olivier Matthys, AP Photo, via LaPresse 

"contro i diktat europei"

"Insieme a Giorgia Meloni costruiremo un'Europa di patrie". La posizione di Morawiecki

Antonia Ferri

Ma abbandonare il principio dell’unanimità "è la strada per il clientelismo politico", dice il presidente polacco. Da Varsavia a Roma, tutto si gioca sui confini. Da quelli chiusi ai migranti a quelli da mettere in sicurezza dall'invasione russa

"Ci vuole più Italia in Europa e non viceversa", diceva la settimana scorsa Giorgia Meloni. Obiettivo comune con il presidente polacco, che  vuole "un’Europa delle patrie più che un Superstato europeo". Mateusz Morawiecki, in un'intervista alla Stampa, dice che "i polacchi e gli italiani sono stufi dei diktat della burocrazia europea e vogliono una vera democrazia. Vogliamo rinnovare l’Ue tornando ai suoi principi fondanti". 

Secondo Morawiecki, "ci troviamo di fronte alla scelta tra una vera solidarietà di Stati uguali e un unico Superstato in cui le carte vincenti sono in definitiva nelle mani dei Paesi più grandi, escludendo gli altri. Se l’Ue diventa un mero mezzo per soddisfare le ambizioni degli attori più forti, nel migliore dei casi emarginerà gli Stati più deboli e nel peggiore porterà alla disintegrazione del progetto europeo. Vale la pena notare che se la Germania fosse oggi alla guida dell’Europa, non ci sarebbe una posizione ferma nei confronti della Russia. Stiamo già pagando un prezzo enorme per gli errori della politica tedesca in particolare, ma se Berlino dovesse decidere su tutto il prezzo sarebbe ancora più alto. L’Ue è stata creata affinché i singoli Stati potessero svilupparsi al meglio delle loro possibilità, alcuni più in fretta altri meno, ma sempre tenendo conto delle loro condizioni economiche. Le differenze non sono una giustificazione per ignorare gli interessi degli altri Stati membri, tanto meno l’indipendenza dell’intera comunità – come nel caso del gas russo a basso costo, che avrebbe dovuto essere una benedizione per la Germania ed è diventato una maledizione per tutta l’Europa". 

Ma attenzione, sul funzionamento dell'Unione "o c'è la regola dell'unanimità o c'è la tirannia del più forte", sostiene Morawiecki. "La regola dell’unanimità non si applica nei settori che abbiamo concordato di mettere in comune. Chi cerca di spingere per l’abolizione dell’unanimità vuole perseguire i propri interessi. Invece di essere persuasivi, è più facile bocciare gli altri con una semplice maggioranza. Solo che in questo caso gli Stati più piccoli potrebbero perdere la loro voce e dover cercare dei 'padrini' politici che si occupino dei loro interessi. L’unanimità si basa sul principio che il voto di ogni Stato è ugualmente importante. Abbandonarlo è la strada per il clientelismo politico". 

 

È perciò importante preservare, citazione di Morawiecki, "un'Europa delle patrie più che un superstato europeo". Dove la parola "patria", senza dubbio nel progetto della nostra destra di governo, ha un'accezione identitaria. D'altronde, i due leader europei sono uniti e lo dimostrano attraverso incontri bilaterali privati da cui emergono posizioni comuni: "Colloquio proficuo con Petr Fiala e Mateusz Morawiecki. Lavoriamo insieme per affrontare le difficili sfide globali e costruire un futuro di pace e sicurezza", ha scritto Giorgia Meloni da Bruxelles lo scorso 15 dicembre

 

La Comunità europea da costruire si vincola al postulato che i confini vanno sorvegliati e, solo con molte riserve, resi delle porte d'ingresso selettive. Da qui la linea di Giorgia Meloni sul famoso e non ben identificato "piano per l'Africa" sul modello di Enrico Mattei. La stessa origine ideologica che permea anche le parole di Morawiecki, il quale sostiene come in Europa si possa entrare, "ma rispettando il diritto internazionale", perché "non siamo una fortezza con filo spinato". Due affermazioni che il presidente polacco usa per avallare la sua teoria sul pattugliamento dei confini, riferendosi anche a quando, qualche mese fa, sotto la spinta di Russia e Bielorussia, alcuni migranti sono rimasti bloccati sulla linea di frontiera con la Polonia. "Queste persone non volevano rimanere in Polonia. Ma nessuno voleva che li traghettassimo in Germania", ha dichiarato Morawiecki, con una conclusione finale: "Era nostro dovere fermarli al confine". In tutta risposa al "dovere" - che era invece quello di registrare la domanda d'asilo e valutarla, come da diritto internazionale - di bloccare i migranti, il governo polacco ha costruito un muro, di filo spinato. 

Quello che per Giorgia Meloni e i suoi consiglieri di governo si traduce, visto che non si può chiudere il mare, nel famoso quanto irrealizzabile blocco navale, nonché nel fumoso piano per l'Africa. 

  

Posizioni, quelle dei due paesi sovranisti, che non sono accolte positivamente dai vertici dell'Unione europea - i quali più volte hanno rimproverato i due stati -, né da quelle due direttrici, Francia e Germania, dalla cui influenza Morawiecki si dice minacciato. Tanto che, il presidente polacco rema contro la Germania appoggiandosi soprattutto sulla timidezza dimostrata dal premier Scholz riguardo all'invio di armi a sostegno dell'Ucraina. Meloni e Morawiecki formano quindi anche un fronte anti-russo, unito dalla convinzione che la guerra intrapresa dalla Russia possa finire soltanto con la vittoria di Volodymyr Zelensky e senza un cessate il fuoco di breve durata. "Sarebbe l'errore più grave. L'imperialismo russo deve capitolare" è ciò che sostiene il presidente polacco. Questa politica, però, così tranchant necessita per sopravvivere di muoversi più rapoidamente sull'imposizione delle sanzioni e sull'invio di aiuti militari: obiettivo realizzabile solo a condizione di preservare il sistema dell'unanimità. "Purtroppo le reazioni di alcuni paesi dell'Ue, soprattutto quelli che hanno i mezzi e le risorse per aiutare efficacemente l'Ucraina, sembrano essere troppo riluttanti", è la chiosa di Morawiecki.