Foto di Matt Rourke, via AP Photo, via LaPresse 

questioni editoriali

Le baruffe di Musk con la ex giornalista del New York Times, Bari Weiss

Ben Smith

Non puoi essere con “i buoni” e anche con me, ha detto il ceo di Twitter alla ex autrice del Nyt, che si dichiara “ferocemente indipendente” e che qui dà la sua versione sulla battaglia (caotica) per la libertà d’espressione

Questa è una versione adattata per il Foglio della newsletter di Ben Smith “Semafor Media”. Ben Smith è stato a Politico, ha fondato BuzzFeed, è passato al New York Times dove teneva una rubrica settimanale dedicata ai media e poi ha lasciato il quotidiano per progettare e poi lanciare Semafor assieme a Justin Smith, ex di Bloomberg Media. L’obiettivo di questa nuova pubblicazione online da ottobre è superare la tendenza a dire ai lettori quello che vogliono sentirsi dire e per questo, ha detto Smith: bisogna “ripensare l’articolo”, “l’unità atomica delle notizie scritte”. Per farlo, introduce il “semaform”, strutturato in cinque parti: la notizia, il punto di vista del giornalista, i pareri contrari, un’altra prospettiva sul tema e altre cose rilevanti e pertinenti. Al momento Semafor impiega 30 giornalisti e per il lancio ha raccolto 25 milioni di dollari.

Copyright Semafor.

  


 

Lunedì scorso, Bari Weiss mi ha chiesto con quale prospettiva avessi intenzione di scrivere di lei. Le ho detto che mi chiedevo se, sommersa dall’adulazione, dagli investimenti e dalle informazioni che le aveva dato Elon Musk (l’esito di questo accesso sono i Twitter Files, ndr), la sua nuova società mediatica, fondata in concomitanza con il suo coinvolgimento nei Twitter Files, The Free Press, potesse essere veramente indipendente.

 

Bari Weiss si stava crogiolando nel mare di attenzioni e abbonamenti che le erano arrivati assieme all’invito del proprietario di Twitter a curiosare tra i documenti interni dell’azienda. Ma nel corso della settimana scorsa, ha sollevato una delle domande più scomode per Musk: le operazioni di Tesla in Cina influiranno sulle politiche di Twitter? Poi venerdì, dopo che Musk aveva sospeso gli account di diversi giornalisti, la Weiss ha criticato il modo con cui Musk stava gestendo Twitter, basandosi cioè su “capricci e pregiudizi”. “L’altro giorno mi hai chiesto se avrei avuto paura di mordere la mano che mi nutre”, mi ha detto Weiss venerdì: “Questo non è mai stato un problema per me. Tutta la mia carriera lo dimostra”.

 

Musk ha risposto alle critiche di Weiss accusandola di virtue-signaling, di volersi mostrare virtuosa “per dimostrare che sei ‘buona’ agli occhi dell’élite dei media e tenere un piede in entrambi i mondi” – cosa che ha fatto ridere Weiss: “L’idea che io cerchi di compiacere quelle persone non soltanto è impossibile, ma sarebbe pure delirante da parte mia”.

 

Ma Musk, che ha poi unfollowato Weiss su Twitter, non ha tutti i torti. Weiss vuole avere entrambe le cose: vuole catturare l’energia dell’iperpolarizzazione dei social media, e allo stesso tempo offrire un prodotto che spera sia indipendente e pieno di sfumature. “Il rischio per me è del tutto evidente”, mi ha detto venerdì, quando le ho chiesto perché avesse deciso di costruire una pubblicazione piuttosto che investire e incassare semplicemente utilizzando il proprio brand personale. “Dovrei essere la paladina anti woke e somministrare al mio pubblico questa tipologia di eroina un giorno sì e l’altro pure? Non voglio essere questa cosa qui. Voglio costruire qualcosa che sia più grande di me, che mi sopravviva e che mi costringa a mettere in discussione i miei stessi pregiudizi”.

 

Weiss, 38 anni, mi ha parlato dalla sua casa-ufficio di Los Angeles, davanti a una libreria con libri di Primo Levi, Nora Ephron e del nazionalista israeliano Ze’ev Jabotinsky, oltre a uno scaffale dedicato alle opere di Philip Roth e della sua amica Caitlin Flanagan. Un altro scaffale era pieno di copie in francese di “Come combattere l’antisemitismo”, il libro che lei stessa ha pubblicato dopo l’attacco omicida alla sua sinagoga a Pittsburgh, nel 2018. In questi giorni, la Weiss si trova nel punto di incontro di molti sconvolgimenti che attraversano i media americani. Lei è un grande brand personale nella stagione degli influencer e ora sta cercando di costruire un’istituzione. È una reietta dei circoli mediatici di sinistra di New York ossessionati da Twitter ed è il toast of the town, l’idolo della città nella liberal Los Angeles. Fa una crociata contro l’antisemitismo, cosa che è finita in conflitto con la necessità di cacciare Kanye West da Twitter.

 

La Weiss presenta il suo nuovo media Free Press – nato dal suo Substack personale: ora impiega una decina di persone tra redattori e collaboratori – come una nuova casa per il giornalismo onesto e indipendente. Il suo successo o il suo fallimento contribuiranno a rispondere alla domanda su cosa stia davvero creando: un movimento verso una specie di nuovo centro? O semplicemente un moto reazionario, una ribellione rumorosa contro la sinistra che poi migrerà diligente dentro il Partito repubblicano?

 

Weiss ha scritto e guidato dei gruppi redazionali per la maggior parte della sua carriera, ma è conosciuta soprattutto per i lavori che ha lasciato (in particolare il New York Times: si dimise scrivendo una lettera aperta in cui diceva che la direzione del quotidiano era dipendente dagli umori di Twitter, ndt).

 

La Weiss lasciò il New York Times senza un piano alternativo. Ma anche se non era stata licenziata, la sua partenza l’ha trasformata in una martire sia per i lettori abituali sia per il più vasto mondo dei conservatori massimalisti della libertà di parola. Il suo più grande rimpianto, disse, era quello di non aver creato un aggeggio per registrare gli indirizzi e-mail delle persone che le dicevano di volerla seguire ovunque andasse. Era su un volo da Los Angeles a Miami il 12 gennaio 2021 quando sua moglie Nellie Bowles, allora giornalista del New York Times, la convinse ad aprire una newsletter su Substack. Nel giro di una settimana, aveva raccolto 80 mila dollari in abbonamenti annuali. Il suo Substack si trasformò rapidamente in un lavoro di gruppo, Weiss si mise a pubblicare diversi contributi, anche quelli di genitori di alcune scuole private di New York arrabbiati perché una nuova ideologia woke stava dilagando nelle istituzioni dell’élite. Le ambizioni di bariweiss.substack.com erano però ovviamente limitate.

 

“Se sei uno scrittore con un ego, perché dovresti voler scrivere per il Substack di Bari Weiss?”, si rese conto Weiss. Bowles ha ammesso di essersi sentita “molto imbarazzata nel twittare link con il nome di mia moglie nell’url”. Il sito è così diventato Common Sense, una newsletter e un podcast prodotti dall’ex produttore del New York Times Andy Mills, che affrontava temi che i media tradizionali raccontavano seguendo gli umori dei social. Common Sense ha raggiunto quasi 300 mila abbonati all’inizio del mese, ha portato con sé scrittori e autori, e la Weiss è stata scoperta dalle tv e anche da Hollywood.

 

A un certo punto della nostra conversazione, mentre le chiedevo della scelta di costruire un giornale invece che un semplice brand personale, la Bowles è entrata nell’ufficio di Weiss: “Bari, intaschiamoci quello che abbiamo e facciamo la bella vita a Montecito!”. La Weiss ha detto di non averci mai pensato: è una persona che unisce, che costruisce movimenti e che ha un istinto straordinario per le opportunità. “Tutte le persone che hanno la capacità di diventare delle figure dominanti hanno un senso innato che permette loro di sapere dove devono essere in ogni momento in relazione a qualsiasi cosa”, ha detto riferendosi alla Weiss il direttore di Commentary John Podhoretz.

 

All’inizio di marzo, la Weiss ha raccolto “qualche milione di dollari” (stimando una cifra compresa tra 1 e 5 milioni di dollari) per espandersi. Musk non è tra i suoi investitori, dice. Secondo due persone associate al progetto, il venture capitalist Marc Andreesen, un grande critico del giornalismo americano mainstream, ha aiutato la Weiss nel lancio. Lei non ha commentato, dice che Free Press rivelerà gli investitori se gli altri li nascondono. “Se si volesse investire in una società mediatica, Bari sarebbe una grande scommessa”, ha detto l’investitore e alleato di Musk Jason Calcanis in un direct message (né lui né la Weiss hanno voluto dire se Musk ha investito, e Weiss dice che “quando raccoglieremo una cifra da serie A riveleremo l’elenco completo dei principali investitori”).

 

Grazie alle entrate derivanti dagli abbonamenti, ha trasformato Common Sense in un’azienda digitale ancora basata su Substack, con progetti per eventi e altri vantaggi per gli abbonati. Ha cambiato il nome in The Free Press, contro il parere degli avvocati che le hanno fatto notare che è troppo usato per essere coperto da copyright (si è opposta alla tendenza attuale di utilizzare parole greche oscure, anche se ha preso in considerazione “Agora”). Dato che la Weiss ha scritto un intero libro intitolato “Come combattere l’antisemitismo”, alcuni amici hanno alzato un sopracciglio per il suo coinvolgimento in un nuovo movimento per la libertà di parola che comprende anche frange di odiatori degli ebrei.

 

E alcuni dei suoi vecchi nemici hanno accolto con favore la sua nuova politica. “Penso che sia legittimo chiedersi se l’immagine che Kanye West ha pubblicato e per la quale è stato cacciato sia un incitamento alla violenza”, ha detto la Weiss quando le ho chiesto se il suo impegno nella lotta all’antisemitismo sia stato eclissato dalla tendenza conservatrice a concentrarsi sulla libertà d’espressione su Twitter. “A un certo punto si realizza una tensione tra queste due cose, senza dubbio”. In una email ha aggiunto che “molte persone che chiedono più libertà di parola vogliono più libertà di ostentare il loro antisemitismo. Questo è chiaro. D’altra parte, molte delle persone che chiedono più censura vorrebbero rendere proibito il sionismo. In questo dibattito, come in molti altri, gli ebrei sono soli. Mi ci sono abituata”.

 

La Weiss è soprattutto “un’impresaria”, come mi ha detto la sua amica Kirchick, una che ama creare reti e avere compagnie diverse. Gli amici sostengono che questo potrebbe evitare che lei e Free Press siano consumati dalle ossessioni ristrette degli anti woke. “Non sono delle mattocchie reazionarie”, mi ha detto la scrittrice Caitlin Flanagan parlando della Weiss e della Bowles: “Sono due adorabili lesbiche di Los Angeles”. 

 

La cosa bella del giornalismo è che alla fine si viene giudicati per il proprio lavoro, non per le performance. Il litigio tra la Weiss e Musk è stato forse il primo grande test per capire se la sua feroce indipendenza si applicherà ad amici le cui convinzioni riguardo ai media tradizionali, alla cultura americana e al “virus woke” sono tanto rigide e guidate da Twitter quanto quelle degli ideologi di sinistra che la Weiss ama molto punzecchiare.

 

Taylor Lorenz, giornalista del Washington Post che Musk ha cacciato da Twitter nel fine settimana senza fornire una ragione chiara, ha detto di essere infastidita dal fatto che la Weiss si posizioni come outsider in un momento in cui i suoi alleati sono tra le persone più potenti del mondo: “Sebbene la Weiss si posizioni continuamente come giornalista ‘ferocemente indipendente’, lei, come molti creatori di contenuti di destra, sta semplicemente rivendendo al pubblico vecchie strutture di potere dentro una nuova, scintillante confezione”, mi ha detto in un messaggio.

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