Chi è Igor Girkin, il "falco" russo condannato per l'abbattimento del volo MH17
Soprannominato "Sparatore", è uno dei separatisti più cruenti e celebri delle autoproclamate repubbliche filorusse del Donbas. È stato ministro della Difesa e comandante delle forze armate di Donetsk. Accusa le élite di Mosca di troppa morbidezza sulla questione ucraina
L’aula di massima sicurezza del tribunale Schiphol di Amsterdam è affollata dalle famiglie delle 298 vittime del volo Malaysia Airlines 17. Il 17 luglio 2014, a poche centinaia di metri dal tribunale, l’aereo civile era decollato dall’aeroporto olandese in direzione Kuala Lumpur. Tre ore dopo, veniva abbattuto da un missile terra-aria “senza alcun ragionevole dubbio” lanciato dai separatisti filorussi del Donbas, secondo la sentenza pronunciata dal giudice Hendrik Steenhuis. Il lanciatore Buk apparteneva alla 53ª brigata di difesa aerea della Russia, che continua a proclamare la propria estraneità alla tragedia, dopo aver cercato di disseminare false teorie e ricostruzioni che dessero la colpa agli ucraini.
Ad essere condannati all’ergastolo e al risarcimento di 16 milioni di euro ai parenti delle vittime sono il separatista Leonid Kharchenko e due ex ufficiali russi Sergey Dubinsky e Igor Girkin, meglio noto col soprannome di Strelkov, che in russo significa sparatore.
Strelkov è uno dei più cruenti e celebri separatisti delle autoproclamate repubbliche sin dalle prime sommosse sponsorizzate dalla Russia. Dopo aver combattuto per i russi in Transnistria e Cecenia, nell’aprile del 2014 varca il confine con l’Ucraina con al seguito diverse decine di mercenari, divenendo ministro della Difesa e comandante delle forze armate di Donetsk. Può contare sui soldi dell’oligarca russo Konstantin Malofeev e sul sostegno ideologico di Vladimir Putin, che dopo l’annessione della Crimea accende le speranze di Girkin sull’annessione delle province meridionali e orientali dell’Ucraina. Il sogno di Strelkov porta il nome di Novorossija. Così era storicamente chiamata quell’area in cui tra il XVII e XVIII secolo i cui confini si confondevano tra un Impero russo in espansione, la presenza del Confederazione polacco-lituano in cui i cosacchi ucraini avevano una forte autonomia e il khanato di Crimea in procinto di essere sottratto ai rivali ottomani. La storia, e la sua revisione, è il punto focale delle motivazioni di Strelkov in Ucraina. Il generale non è nostalgico dell’epoca sovietica, bensì di quella zarista, in cui il russkij mir aveva toccato il proprio apice.
Le fantasie di Strelkov sulla Novorossija vengono presto disattese dagli eventi. La rapida controffensiva dell’Ucraina – che in pochi mesi ricostruisce, grazie ai volontari, l’esercito negligentemente smantellato da Yanukovich – e il fallimento delle rivolte filorusse a Odessa, Kharkiv e Dnipro riducono il progetto alle aree intorno Donetsk e Luhansk. Le autoproclamate repubbliche diverranno tra gli stati a più alto tasso di criminalità, povertà e violazione dei diritti umani, completamente isolate dal resto del mondo.
Pochi mesi dopo l’abbattimento dell’aereo malese il conflitto sarà congelato dagli accordi di Minsk. Strelkov non perdonerà a Putin l’accantonamento del comune progetto imperiale, accusandolo di trattare gli ucraini “come partner” e riconoscerne l’esistenza in quanto stato. Deluso e frustrato si dimetterà dagli incarichi nella Dpr e tornerà a Mosca, dove verrà notato per lo più indossare uniformi dell’Armata bianca alle rievocazioni storiche della guerra civile.
Dopo l’invasione del 24 febbraio torna alla ribalta sul suo canale Telegram. Paradossalmente, sarà una delle voci più “affidabili” del partito pro-war russo. Nei suoi post si rifiuta di definire la guerra come operazione speciale, ed è spesso fra i primi a confermare le umiliazioni dei russi, come l’affondamento dell’incrociatore Moskva. Accusa le élite di Mosca di troppa morbidezza sulla questione ucraina, e Putin di “avere il culo su due sedie che si stanno allontanando lentamente l’una dall’altra”. Il Roskomnadzor aprirà poi un’indagine a suo carico per discredito della forze armate di Mosca.
Come in Olanda, anche in Ucraina Igor “Strelkov” Girkin è considerato un terrorista e sulla sua testa pende una taglia da 100.000 dollari. Dopo la sentenza di Amsterdam, Zelensky ha dichiarato che è “fondamentale che si trovino anche i mandanti, poiché ogni il sentimento di impunità porta a nuovi crimini”, mentre per il premier olandese Mark Rutte si tratta di un ulteriore passo “nella ricerca della verità e della giustizia per le vittime e i loro cari”. Ma Strelkov, che lo scorso mercoledì ha lamentato la scomparsa di sua moglie in seguito all’evacuazione da Kherson, sarebbe tornato a combattere in Ucraina da più di un mese. E così, come la pace e giustizia dell’Ucraina stessa, anche quella delle famiglie di oltre dieci paesi passa dall’operato delle forze armate ucraine, che avranno la possibilità di catturare e consegnare il criminale internazionale alla giustizia olandese.
la sconfitta del dittatore