Foto di AP, via LaPresse 

Contro le immorali torture

Altro che infame pacifismo. Organizzate un rave party all'ambasciata iraniana

Giuliano Ferrara

La disattenzione pubblica domina su Teheran e intanto in una piazza di Roma si sfila contro la guerra. L'incuria verso milioni di ragazze e ragazzi che combattono il regime khomeinista diventerà il fantasma di una generazione

Il dolore per il destino degli ucraini sotto le bombe ci ha dato carattere e intelligenza etica, checché se ne dica dei quattro gatti infervorati in tv per l’autocrate di Mosca, ma il corrispettivo dei droni iraniani che colpiscono Kyiv e le altre città libere ucraine è la selvaggia repressione interna, guidata dalle Guardie della rivoluzione e dalla polizia morale, a Teheran e in molte altre città della Persia. Qui non so perché il muscolo morale si contrae e la disattenzione pubblica domina, tra una discussione sui rave, una sull’articolo determinativo femminile o maschile, una sparata sulle bollette, una sul reddito di cittadinanza, una stolta invocazione di pace. Eppure sta succedendo qualunque cosa.

 

È in atto una vasta, radicata e coraggiosa protesta contro la Repubblica islamica, giovani e donne muoiono per testimoniare la libertà, i martiri della fede laica cui è invisa la prescrizione pseudocoranica del chador o gli interdetti sulla ciocca di capelli che esonda dal foulard si immolano ogni giorno nelle strade, a quaranta giorni dal sacrificio di Mahsa Amini, nelle università, nelle scuole, nelle mense che diventano miste, e gli attori della rivolta vengono arrestati, sequestrati, torturati, intimiditi a bastonate o con i proiettili che accecano. A Berlino, che è una città europea viva, ottantamila persone hanno sfilato contro la repressione di quegli scelleratissimi preti islamici e dei loro bastonatori, qui si va verso una manifestazione infame di finto pacifismo e a nessuno viene in mente di convocare un rave party davanti all’ambasciata iraniana e dare fuoco alle polveri contro la moralità del bastone e della tortura.

 

Papa Francesco ha paura anche solo di nominare, in nome dei valori universali della ragione e della religione cattolica, la questione della libertà civile in Iran, soffocata nel sangue e nella vergogna, c’è timore reverenziale per i suoi risvolti religiosi già segnalati nel celebre discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. È sempre in nome della pace, celebrata contro Zelensky e il popolo ucraino resistente in una piazza di Roma, che si cancella la voglia di vivere liberi di giovani e donne in un paese dove la rivoluzione antimullah è affidata alla virtù dei costumi, al desiderio di emanciparsi dal perbenismo armato dei finti profeti coranici. La pace che si celebrerà con ipocrisia, alle spalle dell’Ucraina, il 5 novembre, è la stessa pace che induce al silenzio sulla santa e laica protesta delle masse iraniane contro l’oppressione dei clericofascisti al potere, una razza di antisemiti e di gagliardi suffragatori delle autocrazie sorelle attraverso, tra l’altro, la fornitura di droni assassini.

 

In tutto questo il governo non torce un capello alle relazioni diplomatiche con un regime delinquenziale, l’opposizione volta la testa dall’altra parte, intellettuali, esperti che dovrebbero seguire le cronache impressionanti da Istanbul di Mariano Giustino, e conformarsi ai fatti, li ignorano bellamente. La condizione di un popolo che soffre il bastone e il terrore, la tortura e migliaia di processi truccati mentre bambine di quattordici anni sono ferite a morte dalla polizia morale sotto il faro inutile dell’opinione pubblica mondiale e dei benedetti social, non interessa praticamente a nessuno.

 

Il fantasma dell’Iran ci perseguiterà per generazioni se non sapremo dare forma a una protesta internazionale visibile, concreta, utile, radicale e libertaria per squarciare il velo islamico dall’oppressiva società iraniana in nome di ragazze e giovani che si battono ormai chiaramente per questo obiettivo di liberazione, contro la rivoluzione khomeinista e le sue conseguenze ultraquarantennali che hanno imprigionato nel nichilismo religioso uno dei più grandi e coraggiosi paesi e popoli del mondo.   

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.