(foto EPA)

l'anticipazione

Von der Leyen deve fare di più sull'energia, dice la bozza del Consiglio Ue. Ma i 27 restano divisi

David Carretta

Per i capi di stato e di governo dell'Unione europea l'ultimo pacchetto per affrontare la crisi energetica presentato dalla Commissione è insufficiente. La richiesta di maggiore coraggio sul tetto al prezzo del gas e le risposte comuni da adottare dopo il piano della Germania

Bruxelles. Per i capi di stato e di governo dell'Unione europea, l'ultimo pacchetto sull'energia presentato dalla Commissione europea non sembra sufficiente per affrontare la crisi dei prezzi. I leader dei 27 si incontreranno domani e venerdì per il loro Consiglio europeo. Secondo l'ultima bozza di conclusioni – che il Foglio può anticipare – i capi di stato e di governo chiederanno a Ursula von der Leyen di fare “con urgenza” di più rispetto a quanto proposto finora.

Il meccanismo di controllo dei prezzi che potrebbe portare a un tetto dinamico e temporaneo è un passo avanti da “esplorare”. Ma non basta. La bozza di conclusioni chiede alla Commissione di “proporre un quadro temporaneo dell'Ue per un tetto al prezzo del gas nella produzione di elettricità” e di “accelerare il lavoro sulla riforma strutturale del mercato dell'elettricità” per disaccoppiare il prezzo del gas. Un altro elemento che manca dal pacchetto della Commissione, secondo la bozza di conclusioni dei leader, è la solidarietà finanziaria per preservare il mercato interno dopo il piano da 200 miliardi di euro della Germania. “La priorità immediata è proteggere le famiglie e le imprese, in particolare i più vulnerabili nelle nostre società”, ma “mantenendo la parità di condizioni e l'integrità del mercato unico”, dice la bozza del Consiglio europeo: “Tutti gli strumenti rilevanti a livello nazionale e dell'Ue dovrebbero essere mobilitati per rafforzare la resilienza delle nostre economie”. Il Consiglio europeo è “pronto a sviluppare soluzioni comuni a livello europeo”.

La bozza di conclusioni del Consiglio europeo sarà nuovamente discussa oggi dagli ambasciatori dei ventisette. Con ogni probabilità il testo verrà nuovamente modificato. In realtà, dietro ogni riga si nascondono le profonde divisioni che permangono tra i 27. Nei dibattiti che ci sono stati a inizio settimana tra gli ambasciatori al Coreper e tra i ministri degli Affari europei al Consiglio Affari generali è riemersa la spaccatura tra, da un lato, un gruppo di 15 paesi guidato dall'Italia favorevole al “price cap” sul gas e, dall'altro, Germania e Paesi Bassi. “Ci sono progressi, ma non una svolta fondamentale”, spiega al Foglio un diplomatico del primo gruppo. “La Germania cerca di guadagnare tempo e i paesi del nord sono sulla stessa linea. Ma c'è urgenza: la riforma per disaccoppiare il prezzo del gas dall'elettricità non ci sarà prima del 2023 e servirà tempo per adottarla”, dice il diplomatico.

Sullo sfondo rimane il problema della capacità fiscale dei paesi ad alto debito o troppo piccoli. “La Germania ha fatto la scelta della sicurezza degli approvvigionamenti rispetto a un prezzo più basso, perché può permettersi prezzi elevanti. Ma molti paesi non possono fare la stessa cosa per ragioni di bilancio”, spiega il diplomatico. Ursula von der Leyen finora ha rifiutato di prendere in considerazione la proposta dei suoi due commissari, Paolo Gentiloni e Thierry Breton, di creare uno strumento di debito comune simile a Sure per fornire prestiti agli stati membri per intervenire subito a favore di famiglie e imprese. Germania e Paesi Bassi non sono a favore. Davanti al Parlamento europeo questa mattina von der Leyen si è limitata a evocare la possibilità di rinforzare il piano RePowerEu per aumentare gli investimenti nelle rinnovabili.

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