Il bilancio di Putin: la mobilitazione è anche economica

Luciano Capone

Lo Zar aveva annunciato un surplus di bilancio e una mini-recessione, ma i dati del budget triennale smentiscono le sue previsioni. Il governo russo farà una politica fiscale espansiva, fatta di deficit e tasse sull'export di energia, per frenare la recessione mobilitando più risorse possibili

Due settimane fa, intervenendo al Forum economico di Vladivostok, Vladimir Putin aveva detto che la Russia quest’anno avrebbe registrato un surplus di bilancio “di circa 485 miliardi di rubli (8 miliardi di dollari) nonostante tutte le pessime proiezioni”. Inoltre, che la contrazione del pil sarebbe stata molto inferiore al previsto: “Ci sarà un calo, ma sarà insignificante, intorno al 2%”. Il bilancio per il triennio 2023-2025 preparato governo russo smentisce le recenti dichiarazioni di Putin, ma in un certo senso va incontro ai suoi desideri.

 

Il disavanzo nel 2022 sarà di circa 3 mila miliardi di rubli (50 miliardi di dollari), pari al 2% del pil. Nessun surplus, quindi. E il deficit proseguirà, allo stesso livello, anche nel 2023 per poi scendere allo 0,8% nel 2024. Il governo russo ha deciso di fare una politica fiscale espansiva per sostenere l’economia in recessione, raddoppiando quasi il deficit per il 2023 previsto all’1,1% in una prima versione della legge di bilancio. Questo scostamento vale sul triennio 1,6 mila miliardi di rubli. Cambia anche la modalità del finanziamento del deficit, che inizialmente il ministero delle Finanze voleva coprire con le riserve del fondo sovrano (National welfare fund) in cui vengono riversati i proventi dall’export di gas e petrolio. Invece il primo ministro Mikhail Mishustin ha affermato che si ricorrerà a un aumento dell’indebitamento, preservando così il fondo sovrano.

 

L’altra previsione su cui Putin è stato smentito è quello della riduzione del pil che, come detto, indicava attorno al 2% del pil. Il ministro dello Sviluppo economico Maxim Reshetnikov ha invece detto al Parlamento russo che il pil si ridurrà del 2,9% quest’anno e dello 0,8% l’anno prossimo, per poi tornare a crescere nel 2024. Il dato del governo contraddice il -2% di Putin ma gli si avvicina molto, non solo perché i suoi ministri sono stati molto attenti con i decimali lasciando prima della virgola la cifra pronunciata dallo zar, ma anche perché è nettamente migliore rispetto alle precedenti previsioni del governo che erano di -4% del pil. Il dato si discosta molto dal -6% indicato dal Fmi, ma anche dalle stime di altre importanti istituzioni russe: le principali banche del paese come Sberbank e Vtb Bank prevedono rispettivamente -4,5%  e -4%, mentre la Banca centrale russa si pone in mezzo con -4,2% quest’anno e -1,8% nel 2023 (in peggioramento rispetto alla precedente stima del -1,3%).


Oltre al maggiore indebitamento, la riduzione delle entrate e l’aumento delle spese prodotti delle sanzioni occidentali, saranno coperti da un aumento della tassazione sui settori che finora sono andati meglio: gas e petrolio. Il governo, secondo quanto riporta il quotidiano finanziario Kommersant, dovrebbe ricavare nel triennio 2023-2025 circa 3 mila miliardi di rubli (50 miliardi di dollari), pari al 2% del pil, da un incremento fino al 50% delle tasse sull’export di gas, dall’introduzione di una tassa sull’export di Gnl (gas liquido), da un aumento dei prezzi interni del gas (che farebbe aumentare il gettito fiscale), da un incremento del 50% del dazio sull’export di petrolio.

 

La gallina dalle uova d’oro è Gazprom, che già per quest’anno pagherà una tassa aggiuntiva di 1.250 miliardi di rubli. La società statale nel 2022 ha gonfiato i propri forzieri, e quelli del Cremlino, per effetto dell’esorbitante incremento del prezzo del gas. Ma la tassazione degli extraprofitti, per certi versi simmetrica a quella in discussione in Europa, pone in prospettiva  problemi alle società energetiche russe, a cui mancheranno risorse importanti per gli investimenti necessari a riorientare rapidamente le esportazioni. Con la riduzione dei flussi  di soldi dall’Europa, sarà difficile finanziare la costruzione dei gasdotti verso l’Asia. Ma è evidente che la situazione critica impone a Putin di pensare all’immediato più che al futuro e, quindi, di mobilitare oltre ai riservisti anche tutte le riserve economiche disponibili.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali